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La mossa di Powell mette a nudo le preoccupazioni sul ciclo economico e non è una buona notizia per le banche. Ecco cosa dicono i gestori
Con una mossa che ha colto completamente di sorpresa tutti, ieri la Federal Reserve ha tagliato i tassi d’interesse di mezzo punto percentuale (50 punti base) portando il costo del denaro all’interno della forchetta tra l’1 e l’1,25%.
Dopo un’iniziale fase di euforia, la mossa del comitato di politica monetaria della Fed (Fomc) non ha affatto convinto Wall Street che ha chiuso la seduta in forte ribasso: l’indice S&P 500 è sceso del 2,8%, il Dow Jones Industrial del 2,9% e il Nasdaq Composite del 3%.
“L’aggiustamento dei tassi è stato così brusco e improvviso da lasciar intendere che la Fed sia davvero molto preoccupata per il ciclo Usa e globale, a prescindere dalle dichiarazioni di prammatica fatte da Powell nella conferenza stampa”, spiega Giuseppe Sersale, partner e portfolio manager di Anthilia Capital Partners.
Per comprendere la gravità della situazione basta fare un raffronto storico: è la prima volta dalla crisi finanziaria del 2008 che il comitato di politica monetaria della Fed decide di ridurre i tassi al di fuori del consueto programma di incontri (la riunione ufficiale si sarebbe dovuta tenere il 18 marzo prossimo). La decisione di ieri, inoltre, è stata presa all’unanimità da tutti i governatori delle Fed regionali.
Sersale sottolinea che con la mossa di ieri, la banca centrale statunitense ha usato praticamente un terzo dello spazio residuo che ha, prima di arrivare al floor di 0%: “Il fatto che Powell abbia ripetuto ad nauseam che ci voleva un serio cambio di scenario per indurli a interrompere la pausa, costituisce un aggravante. E l’epidemia negli Usa è ancora agli inizi”.
“Whatever it takes” in salsa americana
Oltre che Wall Street, la manovra della Fed ha deluso anche il presidente Donald Trump che vorrebbe una banca centrale più generosa in stile Bce. Eppure, sostiene Keith Wade, chief economist e strategist di Schroders, Powell “muovendosi ora ha segnalato che offrirà supporto all’economia qualunque cosa accada”.
Anche perché l’intervento sui tassi di oggi è mirato a contenere, in via preventiva, i rischi di restringimento delle condizioni finanziarie. Laura Pozzini del team macro research di Eurizon segnala che si tratta di un sostegno importante “per famiglie e imprese, che nei prossimi mesi potrebbero risentire degli effetti della diffusione del virus (con shock sia da domanda sia da offerta)”.
“Le indagini sulle aziende segnalano certamente un rallentamento dell’attività dovuto alla domanda più debole da parte della Cina e alle problematiche legate alla catena di approvvigionamento, anche se non si è verificato un collasso nell’attività statunitense”, ragiona Wade.
Le mosse per i prossimi meeting
Per Pozzini la mossa della Fed di ieri ha sorpreso i mercati “sia per l’entità del taglio – i mercati scontavano un taglio di 25 bp al Fomc del 18 marzo per un totale di 3 tagli entro luglio – sia per il timing inatteso, visto che solo la scorsa settimana anche i membri più dovish non accennavano a tagli dei tassi in tempi breve”.
Il fatto che la Fed continuerà a “monitorare da vicino gli sviluppi e le loro implicazioni per lo scenario economico” indica che all’intervento di oggi ne seguiranno probabilmente altri, in termini di tagli dei tassi o di nuovi strumenti (possibili iniezioni di liquidità, apertura di linee di credito in caso di aziende in difficoltà per blocco produttivo e congelamento della domanda).
Powell ha inoltre sottolineato l’opportunità di un supporto di natura fiscale. La Fed può aiutare, ma poiché il rischio di partenza non è di tipo finanziario, sarebbe utile che l’azione della Fed fosse coordinata con ampie misure di stimolo fiscale.