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La spinta principale è la coerenza con le proprie finalità istituzionali. Ma l’esposizione Esg resta limitata: per oltre la metà è compresa tra lo 0 e il 25% del patrimonio
La sostenibilità piace sempre di più anche alle fondazioni bancarie. Tra quelle di dimensioni medio-grandi, infatti, due su tre scelgono questo tipo di investimenti e il 60% di loro ha intenzione di aumentare la propria esposizione verso tali prodotti a seguito della pandemia. Lo rivela la seconda edizione della ricerca sulle politiche Sri delle fondazioni di origine bancaria, realizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con Acri e MondoInstitutional.
Le Fondazioni derivano gli utili necessari all’attività filantropica dalla gestione patrimoniale. Se i temi di sostenibilità sono per definizione presenti nelle attività istituzionali, solo di recente si sta diffondendo la consapevolezza dell’importanza di integrare questi aspetti anche nella gestione patrimoniale, in modo da assicurare un maggior allineamento tra le diverse funzioni. Lo studio mostra come la motivazione principale sia appunto la coerenza degli investimenti sostenibili con le finalità istituzionali di questi enti, ossia con gli scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, in particolar modo nel contesto territoriale di riferimento.
Tuttavia, l’adozione delle strategie Sri resta ancora limitata a una quota minoritaria del patrimonio in gestione. La ricerca, realizzata con il sostegno di BlackRock, Dpam, Etica Sgr, Natixis Im, ha coinvolto 33 fondazioni pari all’83% dell’attivo totale (circa 37 miliardi di euro) ed è stata presentata nell’ambito della decima edizione della Settimana Sri, il principale appuntamento sulla finanza sostenibile in Italia, organizzato dal Forum.
Crescono del 52% le fondazioni che investono Esg
Ciò che spicca è dunque un aumento nel 2021 dell’interesse delle fondazioni di origine bancaria nei confronti dell’Sri: 20 su 33 (il 61%) dichiarano di effettuare investimenti sostenibili, con una crescita del 52% rispetto al 2020 e una concentrazione nelle aree Nord Ovest (7 enti) e Nord Est (7 enti). Tra le 20 Fondazioni attive in termini di Sri, la metà sono di grande dimensione (gestiscono complessivamente 27 miliardi di euro, cioè il 62% del totale attivo delle fondazioni inserite nel campione) e 5 sono medio-grandi. Le motivazioni principali alla base della scelta di integrare i criteri Esg sono la coerenza degli investimenti sostenibili con le loro finalità istituzionali (15 su 20) e la possibilità di coniugare l’impatto socio-ambientale con un congruo ritorno economico e di gestire più efficacemente i rischi finanziari (10 su 20).
La mancanza di dati frena chi non investe sostenibile
Sono 13 su 33 le fondazioni che non applicano alcuna strategia di investimento sostenibile. Di queste, 8 hanno già avviato valutazioni in merito (4 sono grandi, con un patrimonio in gestione equivalente al 7% del totale attivo) e in 3 casi su 8 il processo di valutazione potrebbe concludersi tra sei mesi e un anno. Per quelle che stanno valutando l’integrazione dei criteri Esg nella gestione patrimoniale, le principali criticità individuate riguardano la difficoltà di misurare gli impatti ambientali e sociali generati e la mancanza di dati di sostenibilità affidabili e standardizzati. Le opportunità, invece, sono ravvisate in elementi come: la coerenza degli investimenti sostenibili con le finalità istituzionali delle fondazioni; la possibilità di coniugare l’impatto socio-ambientale con un congruo ritorno economico e l’impulso proveniente dal contesto normativo di riferimento.
Tra le 5 che non adottano né stanno valutando l’adozione di strategie Sri, 3 su 5 hanno dichiarato di non aver ancora affrontato il tema. Nessun ente ha motivato la mancata adozione di investimenti sostenibili con la loro presunta rischiosità, scarsa redditività o eccessiva onerosità (elementi che numerose ricerche accademiche e di mercato hanno dimostrato essere pregiudizi privi di fondamento).
Ma è Esg solo la minima parte del portafoglio
Come nella prima edizione dello studio, anche quest’anno gli investimenti sostenibili risultano circoscritti a una quota minoritaria del patrimonio in gestione: sulle 20 fondazioni attive in termini di Sri, 14 applicano tale approccio a una percentuale compresa tra lo 0 e il 25%. Rispetto alla precedente edizione, il numero di enti che estende il numero di investimenti sostenibili a una quota del patrimonio compresa tra il 50 e il 75% passa da 2 a 3.
Quanto alle strategie Sri adottate, quelle che riscuotono più successo tra le fondazioni di origine bancaria sono esclusioni (14 su 20, in particolare con riferimento a produzione e commercio delle mine anti-persona e pornografia) e impact investing (12 su 20, soprattutto nel settore dell’housing sociale in cui sono attive 10 Fondazioni su 12). Continua a risultare poco diffusa, invece, la strategia dell’engagement, con la quale gli investitori attuano una partecipazione attiva nei confronti nelle imprese investite.
La spinta del Covid
Il 60% (12 su 20) degli enti attivi in termini di Sri ha in programma di aumentare la quota di patrimonio destinata agli investimenti Esg a seguito dell’emergenza sanitaria, in quanto quest’ultima ha reso manifesta la rilevanza finanziaria dei rischi di sostenibilità. Tra le conseguenze socio-economiche della pandemia vi è l’aumento delle disuguaglianze a livello sia globale, sia nazionale: una loro riduzione è cruciale in termini di stabilità finanziaria e ripresa economica. Dalla ricerca è emerso che il tema delle disuguaglianze, pur essendo centrale nell’attività istituzionale delle fondazioni, è integrato nelle gestioni patrimoniali in misura limitata. Oltre la metà delle rispondenti ha però avviato valutazioni in merito.
“L’impegno per uno sviluppo sostenibile e inclusivo dei territori fa parte del Dna delle Fondazioni di origine bancaria – commenta il Segretario Generale del Forum Francesco Bicciato -. In quest’ottica, la finanza sostenibile rappresenta uno strumento fondamentale per allineare ai principi dello sviluppo sostenibile le strategie di investimento e le finalità istituzionali con l’obiettivo di generare un impatto positivo sui territori. Le Fondazioni hanno già dato un contributo rilevante nel corso della pandemia e rappresentano un attore fondamentale per il rilancio del Paese anche attraverso partenariati con le Istituzioni centrali e le autorità locali”.
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