Un’ulteriore mossa negativa sui rating dello Stivale non può essere esclusa. Il piano fiscale del governo prevede solo una stabilizzazione del rapporto debito/Pil, non lasciando spazio fiscale per rispondere ad eventuali shock
“Negli ultimi anni il populismo è proliferato nei mercati sviluppati, portando alla vittoria di Trump negli Stati Uniti, alla decisione del Regno Unito di lasciare l’Ue e più recentemente alla formazione di un governo anti-establishment in Italia. Di conseguenza, in alcuni Paesi si sta lavorando a pacchetti fiscali che mirano ad accontentare l’elettorato, a scapito del conservatorismo fiscale”. Quentin Fitzsimmons, gestore obbligazionario globale, T. Rowe Price, spiega come per il 2019 si allontani la rettitudine fiscale che ha caratterizzato il 2018, soprattutto in riferimento all’Italia.
“Allontanarsi dalla prudenza fiscale – argomenta l’analista – può destare preoccupazioni, come dimostrato dalle agenzie di rating che recentemente hanno tagliato l’outlook e attuato un downgrade sul rating sovrano italiano in risposta ai piani del governo di aumentare i sussidi pubblici e di perpetuare tagli fiscali”.
Per questo “un’ulteriore mossa negativa sui rating italiani non può essere esclusa. Il piano fiscale della coalizione prevede solo una stabilizzazione del rapporto debito/Pil, non lasciando spazio fiscale per rispondere ad eventuali shock. L’Italia è il secondo Paese più indebitato dell’Eurozona dopo la Grecia, con un rapporto debito/Pil superiore al 130%”.
“Non sorprende quindi – continua l’esperto – che i mercati stiano chiedendo un premio più elevato per investire sul debito italiano. Guardando avanti, riteniamo che gli spread resteranno probabilmente elevati e la volatilità non diminuirà facilmente”.
“Sembra che i mercati finanziari si trovino ad un punto di svolta, in cui le politiche monetarie di allentamento vengono sostituite da stimoli fiscali, spese più elevate e tagli alle tasse. Ciò è in parte legato alla crescente percezione che la politica monetaria abbia ormai fatto tutto ciò in cui si poteva sperare in termini di aumento dei tassi di crescita economica in tutto il mondo, e che le banche centrali stiano reagendo alzando i tassi di interesse”, conclude Fitzsimmons.
Buone prospettive per i corporate bond europei ma l’Italia resta un incognita, con il braccio di ferro tra Roma e Bruxelles che getta ombre sul futuro dell’UE e sulla tenuta dei mercati.