Spread Italia-Grecia: il sorpasso visto dai gestori
Il Btp è più rischioso del corrispettivo greco. Non solo demeriti dell’Italia, ma con gli appuntamenti elettorali all’orizzonte il rischio di ulteriore incertezza è dietro l’angolo
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Una volta passata l’emergenza sanitaria globale da covid-19 nulla sarà più come prima nel mondo. Ne è convinto Alberto Gallo, portfolio manager del Macro Credit Fund di Algebris Investments, che racconta a FocusRisparmio la sua visione di quello che verrà dopo il coronavirus.
“Vedo un mondo diviso in due. Da un lato Paesi ‘forti’, cioè in grado di sostenere il proprio sistema produttivo con interventi mirati, dall’altro Paesi ‘deboli’ che per finanziare gli sforzi economici richiesti dall’emergenza dovranno ricorrere a un aumento spropositato del debito pubblico”.
Nello scenario dipinto dal portfolio manager l’Italia si trova in questo secondo gruppo di Paesi: “A mio avviso il rapporto debito pubblico/Pil salirà intorno al 140-150%”.
Indipendentemente dalla loro forza finanziaria, Gallo vede dei fattori in comune fra tutti i Paesi: una maggior presenza dello Stato nell’economia e Banche centrali sempre meno indipendenti. “A mio modo di vedere si sta delineando un contesto economico che definirei di ‘protezionismo finanziario’”, spiega Gallo. Un uovo mondo insomma, dove non vengono più tollerati interventi di bail out a svantaggio della popolazione ma dove ogni tipo di intervento, sia esso monetario o fiscale, è orientato al sostegno dell’economia reale. In questo contesto, la forza del sostegno del settore pubblico sarà cruciale almeno quanto la qualità di un bilancio aziendale: “Un’impresa debole in un paese forte può sopravvivere, mentre un’impresa forte in un paese debole potrebbe non sopravvivere” dice Gallo.
Ma vediamo come tutto questo si traduce, secondo Gallo, in scelte d’investimento.
A mio avviso, stiamo andando incontro a un declino del capitalismo; il libero mercato ha dimostrato tutti i suoi limiti soprattutto nel distribuire la ricchezza in modo non efficiente. I sistemi fiscali odierni favoriscono le grandi aziende a discapito di quelle più piccole; prendiamo l’esempio di Amazon che in un decennio ha fagocitato i piccoli retailer nel mondo. Tutto questo è un processo storico che era già in atto, il virus non ha fatto altro che accelerarlo. Nel futuro vedremo Banche centrali sempre meno indipendenti e Stati sempre più presenti nell’economia, con sforzi finalizzati a sostenere la piena occupazione. Lo stiamo vedendo già ora con tutte le misure fiscali straordinarie messe in atto in Europa e Usa.
Gli economisti parlano di quello che sta succedendo come di una depressione, io lo definirei più un ‘blackout economico’. Questo significa che non necessariamente si verificheranno default di massa fra le aziende, proprio grazie all’intervento congiunto di Banche e Stati. Questo però creerà una forte svalutazione delle monete. Sui mercati lo vediamo nel prezzo dell’oro che continua a salire perché le persone vogliono protezione contro il deprezzamento delle valute. Ma a un certo punto il mercato si domanderà: chi paga per tutto questo debito pubblico? Quali aziende verranno aiutate e quali no? Alla fine, queste domande interesseranno tutti gli investitori perché con rendimenti sui titoli di Stato così bassi e inflazione in risalita saranno costretti ad assumersi maggior rischio.
Il sell-off di marzo ha reso evidenti tutti i limiti delle strategie passive e sistematiche. Oggi ci troviamo in un Alpha-market dove solo le strategie veramente attive possono far emergere valore nei portafogli. La liquidita messa a disposizione dalle Banche centrali non solleverà tutte le barche, mai come in questo momento è fondamentale fare un’attenta selezione degli investimenti.
Fra gennaio e febbraio avevamo venduto gran parte del portafoglio, essendo diventati più cauti su mercati e stime economiche. Quindi all’inizio del sell-off avevamo il 55% del portafoglio Macro Credit in cash. Poi abbiamo gradualmente modificato questa percentuale fino ad arrivare ad un’esposizione netta lunga del 70%. Ci siamo arrivati aggiungendo titoli di emittenti attivi in business robusti e resilienti verso una futura pressione sugli utili come ad esempio il settore telecomunicazioni, servizi pubblici e debito bancario senior o lower tier 2.
Abbiamo comprato emissioni di Enel e Telecom Italia per quanto riguarda l’Italia, e manteniamo le posizioni sul credito di Unicredit, Intesa Sanpaolo e Mps. Sempre nel settore telco abbiamo incrementato l’esposizione su bond Vodafone. Oggi gli strumenti corporate HY e financials occupano la gran parte del nostro portafoglio, ma manteniamo ancora un buffer di liquidità intorno al 30% per tenerci pronti ad approfittare delle molte opportunità che, a nostro avviso, si possono palesare sul mercato.
Noi siamo interessati a quelle aziende dove non c’è problema di solvency ma solo di liquidità temporanea. Quando cesserà il blackout economico e l’attività potrà ripartire queste, soprattutto le più penalizzate dal mercato, potranno far riemergere il loro valore. I mercati emergenti, invece, troveranno qualche difficoltà in più sul loro cammino, penso ad esempio a Paesi come la Turchia, il Sudafrica e alcuni dell’America Latina che stanno incontrando grandi difficoltà nello stabilizzare le rispettive economie e salvaguardare i sistemi produttivi.