Titoli e settori che hanno ottenuto buoni risultati dalla bassa inflazione negli ultimi cinque anni sono probabilmente destinati a perdere terreno a vantaggio di settori più ciclici (banche) e difensivi (telco), spiega il gestore azionario Europa di Schroders
James Sym, gestore del fondo Schroders European Alpha Income
“L’ambiente economico che si è affermato in Europa nel decennio successivo alla crisi sta cambiando. Stiamo iniziando ad assistere al ritorno dell’inflazione nel sistema e, visto che nel 2018 il mercato è diventato più volatile, le società stanno iniziando a segnalare una maggiore difficoltà nel far crescere i guadagni. Il problema non è legato alla domanda, bensì agli effetti negativi dell’inflazione e all’aumento dei costi produttivi, soprattutto quelli legati alla manodopera”.
È questa l’analisi alla base dell’outlook dei mercati azionari europei per il 2019 di James Sym, gestore del fondo Schroders European Alpha Income con un patrimonio di £1,2 miliardi (1,33 miliardi di euro al cambio attuale, ndr). “L’anno scorso ho incontrato circa 300 aziende europee che mi hanno spiegato che, in media, il salario cresceva dell’1-2%”, prosegue il gestore. “Quando incontro queste aziende oggi, mi dicono che il salario sta crescendo tra 3 e il 4%. È un grande cambiamento con importanti implicazioni per gli investimenti”, sottolinea Sym.
Alla guida del fondo dal 2012, a fine 2018 il gestore ha cominciato a rafforzare l’allocazione del portafoglio verso “settori economici e poco amati dagli investitori negli ultimi due anni”, concentrandosi su finanziari, telecomunicazioni ed energetici, con l’obiettivo di “guadagnare da aziende che sono esposte ad alcuni dei vantaggi di un ambiente di investimento caratterizzato da inflazione più alta, tassi di interesse più alti e consumatori con più soldi in tasca, fenomeni che per molto tempo non abbiamo visto in Europa”.
Dove la portano a investire queste considerazioni? Nei titoli value, perché una maggiore inflazione rappresenta un contesto migliore per le aziende che hanno faticato negli ultimi anni. Stiamo assistendo a un aumento dei tassi di interesse e alla fine del QE, che sarà un problema per le azioni che sono proxy obbligazionarie, o per i titoli growth molto costosi come nel caso dei FAANG negli Stati Uniti. Il contesto economico che si sta delineando sarà molto più favorevole ad altre aree.
Il fondo è investito principalmente nel settore finanziario. Perché rappresenta la migliore opportunità di rendimento oggi? Siamo effettivamente in sovrappeso sui finanziari, una parte rischiosa e volatile del mercato. Tuttavia, per essere più precisi, nel settore bancario siamo in linea con il benchmark mentre siamo sovrappesati sugli assicuratori. Crediamo ci sia valore in questa parte del mercato in quanto le banche e le compagnie assicurative beneficiano direttamente di tassi d’interesse più elevati, ma tendiamo a scegliere quelle più forti come KBC, una banca molto redditizia (la terza più grande banca belga per attività, si concentra su clienti individuali e piccole imprese, ndr). Abbiamo alcuni titoli scandinavi e quando investiamo nella cosiddetta periferia prediligiamo i campioni nazionali, dunque in Italia abbiamo venduto tutte le popolari e possediamo solo Intesa, mentre in Spagna siamo investiti in Bankinter.
Perché ritiene che le compagnie di assicurazione offrano un miglior rapporto rischio-rendimento? Ci piacciono in particolare le società di servizi assicurativi non-vita, i cui titoli sono di tipo difensivo: hanno molto capitale e modelli di business che non dipendono solo dall’andamento dell’economia, ma dal sottostante. Alcune delle loro linee di business, poi, sono obbligatorie: non si può fare a meno dell’assicurazione auto, ad esempio. Il vero “gioiello” in questo caso è Zurich: molto resiliente, ben gestita, con un dividend yield del 6% e capitale in eccesso che possono impiegare o restituire agli azionisti. A differenza di altre società europee, non lo sprecheranno.
Il 2018 è stato un anno molto difficile per le azioni europee. Perché? Dopo una crescita degli utili molto buona nei due anni precedenti, nel 2017 il mercato prezzava che questa dinamica sarebbe continuata, mentre nel 2018 le earning season non sono state altrettanto generose. In particolare, la crescita dei profitti delle aziende europee è stata lenta nei settori manifatturiero e dei servizi, non tanto a causa della mancanza di domanda bensì a causa dell’aumento dei costi legati alla manodopera e agli investimenti in conto capitale – che dopo dieci anni di capacità inutilizzata (“spare capacity”) ormai si sono resi necessari.
Prevede che questo scenario possa cambiare nel 2019? Alcuni analisti prevedono ancora una crescita degli utili, ma a mio avviso è molto improbabile: se i profitti dovessero superare lo 0% sarebbe già un buon risultato. Penso dunque che il 2019 sarà difficile per i titoli azionari, perché in primo luogo partono da valutazioni elevate, in secondo luogo la redditività non sembra avere ampi margini di crescita. Entrambi questi aspetti sono sotto pressione, sia per l’aumento dell’inflazione che, come diretta conseguenza di questo, della fine del QE.
L’Europa entrerà in recessione quest’anno? Non penso, perché c’è abbastanza domanda. Guardiamo ai tre principali attori di un’economia: il governo, i consumatori e le aziende. I governi stanno spendendo di più per rispondere all’affermazione del populismo. Ad esempio, il Regno Unito ha recentemente alzato la soglia di reddito non imponibile da £11.000 a £12.500. Poi abbiamo il consumatore, che come abbiamo visto sta iniziando a ottenere aumenti salariali del 3-4%. In più i prezzi del petrolio sono stabili o in calo, dunque i cittadini non vengono schiacciati dall’aumento dei costi legati all’energia. Infine abbiamo le imprese: dopo un decennio come quello successivo alla crisi, in cui i produttori hanno disposto di considerevole capacità inutilizzata, oggi le aziende hanno bisogno di investire per sostenere la domanda, che prevediamo stabile o in aumento.
Quali sono gli altri settori su cui punta nel 2019, e quali vanno evitati? Non tutti i settori sentiranno la stretta delle condizioni monetarie allo stesso modo, quindi quello che suggerisco è di evitare le azioni più costose, che possono soffrire maggiormente di un ritorno dell’inflazione. Di converso, per alcuni settori un aumento dei prezzi non costituisce un grosso problema. Le migliori aziende di telecomunicazione, ad esempio, hanno già le loro antenne per la distribuzione del segnale e i cavi di fibra ottica nel terreno, e i loro costi non aumenteranno particolarmente nemmeno in un ambiente inflazionistico, mentre possono alzare il prezzo al cliente con effetti positivi sui bilanci. Ecco perché punto sul settore delle telco: in particolare apprezzo la spagnola Telefónica, da cui mi aspetto un rerating ora che hanno terminato gli investimenti in fibra e stanno già ripagando il debito.
Le aziende tecnologiche sono invece le più colpite dall’aumento dell’inflazione salariale. Abbiamo visto il profit warning di Amazon a fine 2018, mentre Apple ha rivisto al ribasso le previsioni del primo trimestre fiscale, che termina il 29 dicembre. Un altro settore che appare vulnerabile è quello delle aziende industriali che utilizzano molti semilavorati per la produzione e hanno una catena di approvvigionamento molto complessa, come ad esempio l’industria automobilistica.
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