Sharma (Fidelity): “Megatrend, è miope guardare al breve termine”
Un numero sempre maggiore di investitori si è orientato verso opportunità di investimento trainate da fattori strutturali di lungo periodo
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A dieci anni dall’inizio del ciclo di espansione, l’economia americana continua ad andare a gonfie vele. Il Pil Usa è cresciuto del 3,2% nel primo trimestre del 2019, molto più delle previsioni che si attestavano tra il 2,3% e il 2,5%. L’ultimo trimestre del 2018 si era chiuso con un +2,2%. Risultati che danno nuova linfa ai listini americani e globali, tutti in territorio positivo da inizio anno.
Le categorie dei fondi azionari, prese singolarmente, vantano infatti una performance positiva a due cifre e, in media, hanno fatto un balzo del 15,67% (fonte: indici Fideuram). A guidare la ripresa è la categoria degli Azionari America, con +17,92% da inizio anno e +12,94% a 12 mesi.
A contribuire al quadro positivo concorrono anche i primi risultati della earning season americana, che sembrano contraddire i timori di una recessione degli utili avallata da molti analisti. Oltre un terzo delle società che compongono l’S&P500 stanno riportando utili in “crescita piatta” nel primo trimestre del 2019, battendo comunque le attese degli analisti che ancora a inizio aprile li prevedevano in calo del 2%. E c’è grande attesa per gli annunci dei colossi Alphabet e Apple, previsti in settimana.
Eppure, proprio in questo momento di rinnovata euforia per le sorti dei mercati globali, non mancano investitori che invitano alla prudenza. “Se guardiamo alla revisione degli utili societari, il trend è ancora al ribasso” sottolinea Sammy Suzuki, co-chief investment officer Strategic Core Equities di AllianceBernstein. “Spesso gli analisti tendono a essere troppo ottimisti, per poi a rivedere le stime nella seconda metà dell’anno. Dato il contesto economico globale in rallentamento, non ritengo che il 2019 farà particolare eccezione in termini di una forte accelerazione degli utili”, prosegue Suzuki.
Secondo il gestore, a rianimare Wall Street – depressa per il timore di altri rialzi dei tassi dopo quelli del 2018 – è stata soprattutto la Federal Reserve, tornata sui suoi passi dopo aver previsto una politica restrittiva anche per il 2019 “Il rimbalzo dei mercati che abbiamo visto nel primo trimestre è in realtà una risposta al movimento verso il basso, forse esagerato, che ha caratterizzato il quarto trimestre del 2018. I fondamentali societari non sono necessariamente migliori, ed è stata la Fed a rafforzare la ripresa del mercato facendo da perno con la sua politica accomodante”.
Il prossimo annuncio dell’istituto guidato da Jerome Powell è atteso per mercoledì 1° maggio, al termine della riunione di due giorni di politica monetaria. Il consenso è per una conferma del costo del denaro Usa, ma il rafforzamento dell’economia statunitense potrebbe spingere alcuni dei governatori membri del Fomc a intonare il verso del falco, creando volatilità.
I mercati possono ancora farcela con le proprie gambe, oppure la dipendenza dagli effetti delle politiche monetarie delle banche centrali è un fenomeno ormai irreversibile?
Se ci concentriamo sui fondamentali le cose non sono poi molto cambiate, anzi il quadro si è forse un po’ indebolito ed è per questo che la Fed ha cambiato volto. In ogni caso, penso che cercare di indovinare la prossima mossa delle banche centrali sia un gioco molto pericoloso. Anche l’implicazione delle politiche Fed sui prezzi delle azioni non segue una logica binaria. Gli investitori dovrebbero dunque concentrarsi sui fondamentali delle società – qualità, stabilità e valutazioni di mercato – piuttosto che cercare di indovinare la direzione delle politiche delle banche centrali. A un certo punto arriverà una recessione; quando ciò accadrà, proteggere il capitale sarà molto importante.
Quali sono i rischi macroeconomici che la preoccupano maggiormente?
Ci sono tre categorie di rischio che vanno evitate. Anzitutto l’eccessiva enfasi che gli investitori attribuiscono alle politiche monetarie delle banche centrali e in particolare della Fed, verso cui i mercati azionari sembrano rispondere sempre con grande veemenza. Poi il rischio geopolitico, con Brexit, elezioni europee, guerra dei dazi Usa-Cina, tutte variabili difficili da prevedere. E infine, il rischio più importante ma che sembra attirare meno attenzione da parte dei media, è a mio avviso il rallentamento della crescita globale. Siamo al decimo anno di espansione, gli indici Pmi indicano chiaramente che il mondo sta rallentando, ma i mercati sembrano a loro agio e continuano a ignorare questi segnali.
Quali mercati azionari offrono le migliori opportunità oggi?
Sottopesiamo gli Usa dal momento che le valutazioni appaiono davvero tirate. Apprezziamo l’Europa intesa come Emea, e abbiamo maggiore esposizione in particolare verso i paesi più piccoli: l’area scandinava, la svizzera, Israele. Ciò detto, riteniamo che negli Stati Uniti ci siano buone opportunità nel settore dei software, business che generano alti cash flow, i cui clienti difficilmente possono passare a altri servizi o competitor, quindi società come Microsoft, Oracle, che continuano ad avere forte attrazione. Altri settori su cui puntiamo sono business dove abbiamo aumentato il peso come il farmasanitario, l’immobiliare, le telecom – settori tradizionalmente difensivi, che sono meno esposti al ciclo economico. Più
Ha nominato alcuni settori difensivi. al momenti preferisce adottare un approccio prudente, piuttosto che apertamente avverso al rischio?
Non vogliamo essere esclusivamente avversi al rischio, dal momento che cerchiamo di restituire agli investitori un rendimento alto assumento un rischio contenuto. La prudenza è estremamente importante per noi, ma non vogliamo essere talmente prudenti da rinunciare all’abilità di partecipare all’upside quando se ne presenta l’occasione.
Ci sono altre aree del mercato che la preoccupano?
Sottopesiamo il settore dei materiali, perché raggruppa business che tendono a essere non molto profittevoli e molto volatili. Siamo leggermente sottopeso verso gli energetici.
Lei gestisce anche un fondo azionario emergente. Quali sono le prospettive per questi mercati?
Continuano a essere interessanti, in particolare se pensiamo alla Cina e ad alcune società che sono molto profittevoli e continueranno a esserlo con ogni probabilità. Siamo selettivi in Messico, India, Indonesia. Allo stesso tempo, gli emergenti saranno un investimento potenzialmente instabile, con picchi alti e cali pronunciati, che richiede agli investitori la capacità di gestire questi saliscendi.
Come investite nei mercati emergenti su base tattica?
In modo neutrale. È un settore verso cui avere esposizione di lungo termine, ma su base tattica non bisogna lasciarsi prendere la mano. Gli EM hanno fatto benissimo da inizio anno, si sono ripresi alla grande. Ma se guardiamo agli ultimi 20 anni, quando gli emergenti hanno sovraperformato a gennaio negli 11 mesi successivi in media, la performance è stata molto peggiore. Il significato statistico è ovviamente relativo, ma è interessante notare che una rondine non fa necessariamente primavera. Dunque riteniamo che sia necessaria un po’ di attenzione verso gli emergenti nel breve periodo, proprio alla luce del grande entusiasmo degli investitori verso l’asset class.
Alla ricerca di Alpha è la rubrica di FocusRisparmio.com dedicata a investimenti, mercati e all’attualità economico-finanziaria. Ogni lunedì, con l’aiuto degli esperti del settore, vengono messi sotto la lente i fatti recenti più significativi e gli appuntamenti che avranno effetti sul medio e lungo termine.