La propensione al risparmio delle famiglie inizia a calare
Stesso trend in Italia e in Europa, dove il tasso di risparmio scende ma resta comunque a livelli record. Nel secondo trimestre aumentano il reddito disponibile e i consumi degli italiani
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Continuano ad aumentare i soldi fermi sui conti correnti degli italiani, mentre cala la capacità di risparmiare. La quota di risparmiatori è scesa infatti dal 55,1 al 48,6% proprio mentre è cresciuta di ben 6,7 punti percentuali quella del risparmio involontario. Un effetto che ha portato a un incremento complessivo della liquidità giacente sui conti delle famiglie di 110 miliardi. A rivelarlo è la ricerca sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani realizzata da Intesa Sanpaolo e dal Centro Einaudi.
Il rapporto, firmato dal chief economist di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, e da Beppe Facchetti e Giuseppe Russo, rispettivamente presidente e direttore del Centro Einaudi, evidenzia anche come i risparmiatori preferiscano gli investimenti finanziari prudenti e siano nel complesso soddisfatti della loro situazione, sebbene stia crescendo la preoccupazione per i rischi. Ai massimi, inoltre, la fiducia degli italiani nelle banche.
Nel dettaglio, dunque, emerge un’accentuazione nelle disomogeneità circa le capacità di risparmio delle famiglie italiane. Nonostante l’ampio serbatoio di risparmio privato, infatti, non tutti erano preparati all’emergenza provocata dalla pandemia: ben il 53% dei nuclei non aveva accantonato un fondo di riserva, ossia non aveva depositi liquidi sufficienti o strumenti finanziari monetari liquidabili immediatamente per far fronte ad una emergenza economica.
Dopo il difficile 2020, stando alla ricerca realizzata, riparte la fiducia sui prossimi 12-18 mesi: il saldo ottimisti-pessimisti sulle aspettative di reddito delle famiglie passa, in pochi mesi, da -16 a -2,6%. Sulla ripresa di consumi e investimenti, il campione si divide in due parti. La prima, relativamente maggioritaria (64%), vorrebbe per il momento aspettare e tenere da parte il gruzzoletto accantonato. Non è tuttavia la parte più abbiente, bensì quella più avanti negli anni e che si potrebbe definire appartenente al ceto medio-basso e con limitata istruzione. Il restante 36%, che include i laureati, i giovani e gli appartenenti al ceto medio-alto e alto per reddito, è di opinione diversa e vorrebbe rilanciare i suoi consumi, anche se con priorità differenti. Il ceto medio è pronto a spendere di nuovo, nell’ordine, in viaggi, in una nuova auto o nuovi beni durevoli, al terzo posto in una casa nuova.
Gli obiettivi principali dei risparmiatori nel 2021 restano nel lungo periodo la sicurezza e nel breve la liquidità. E così gli investimenti finanziari nell’anno del Covid-19, secondo l’analisi, sono stati ridotti e messi in larga parte in standby proprio dall’incertezza pandemica, ma anche dalla difficoltà oggettiva di incontrare sul mercato investimenti corrispondenti agli obiettivi dei risparmiatori, che nel 2021 privilegiano nel lungo periodo la sicurezza (ossia il desiderio di non perdere il capitale investito) e nel breve periodo la liquidità. Per questa ragione, anche se non sono più afflitte dalla crisi di fiducia che avevano avuto nel 2011-2012, le obbligazioni ricevono un consenso limitato. Sono possedute dal 22% del campione, contro un massimo storico del 29%; un obbligazionista su tre ha operato su questi titoli, nel 2021, facendo investimenti netti. E sono 3,8 gli obbligazionisti soddisfatti per ogni insoddisfatto. Le azioni sono invece considerate per quello che sono realmente, ossia titoli per esperti, dunque appannaggio di una minoranza pari al 6,1% del campione.
Quanto agli investimenti nuovi e alternativi, secondo la ricerca di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, cominciano a entrare nella consapevolezza dei risparmiatori, ma lo fanno molto lentamente. I Pir, destinati a collegare il risparmio con gli investimenti reali, particolarmente delle piccole e medie imprese, sono stati considerati appena dal 2,5% del campione, ma per ogni sottoscrittore effettivo ve ne sono 6 indecisi che potrebbero investirvi in futuro (14 tra gli impiegati, categoria che ha più liquidità della media). I bitcoin affascinano appena il 5% degli intervistati (senza che abbiano necessariamente acquistato questi strumenti). Trovano i potenziali estimatori all’incrocio dei risparmiatori giovani, benestanti e istruiti. Il 6,7% (ma si sale al 14% tra i laureati) risulta interessato agli investimenti etici e a impatto positivo sull’ambiente e sulla società.
Il giudizio sulle banche è al massimo storico da quindici anni a questa parte. Allora, c’era un tasso di soddisfatti del servizio delle banche di 3,9 ogni insoddisfatto, nel 2021 il tasso tra soddisfatti e insoddisfatti è stato di 18 a 1. La banca, secondo la ricerca, consolida la sua posizione al vertice della lista dei soggetti ai quali si possono chiedere consigli sugli investimenti e che fornisce i servizi tradizionali online. I problemi economici e finanziari del 2020 e del 2021 sarebbero stati estremamente più seri se sui risparmiatori non si fossero riverberati i benefici decisi dall’Unione Europea. Le risposte al questionario ben riflettono questa nuova condizione: il saldo tra la quota di intervistati che hanno fiducia nell’Europa rispetto a coloro che non ce l’hanno è risultato del 46%, ossia c’è una forchetta di 46 punti percentuali tra coloro che approvano e coloro che non approvano l’Europa. Tale risultato segna un progresso notevole rispetto al 2020, quando lo stesso saldo era stato sì positivo, ma pari ad appena il 26%.
“La pandemia ha messo in discussione il senso di sicurezza con effetti pratici, ad esempio l’accesso ai mutui è diminuito per poi riprendere non appena si è visto un accenno di luce. I dati rilevati nel rapporto dovrebbero far riflettere la politica. Ed emerge anche un aspetto positivo circa la ripresa di fiducia nei confronti delle banche”, ha commentato Facchetti, nel corso della presentazione del rapporto.
Quanto infine ad Omicron, la nuova variante del Covid “non farà deragliare la ripresa”, secondo De Felice. “In Europa si nota una minor crescita ma saranno limitati i danni – ha detto il capo economista di Intesa Sanpaolo -. La ripresa è molto intesa nel 2021 di oltre il 6% e del 4% nel 2022. In questo contesto di inatteso c’è l’accelerazione dell’inflazione. Ci sarà un effetto redistributivo che avvantaggia chi ha debito e quindi i Governi e le imprese e ci rimettono i lavoratori dipendenti e i risparmiatori. Credo che la risposta delle banche centrali sarà diversa”.
“L’Italia vive un momento molto favorevole sulla crescita. Per il 2021 vediamo previsioni di crescita superiori alla Germania, alla media europea e rispetto agli Stati Uniti. C’è una forte disomogeneità e con la pandemia non ha risparmiato un aumento della povertà di famiglie e singole persone”, ha concluso.
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