Rallentamento globale, la via di uscita è una sola
In attesa della Fed, meglio mantenere posizioni lunghe sulla duration di alta qualità e coperture sul rischio. L’analisi di T. Rowe Price
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La Federal Reserve ha ridotto i tassi di interesse negli Stati Uniti di 25 punti base così come ampiamente previsto dal mercato.
L’azione di politica monetaria decisa ieri dal board guidato dal governatore Jerome Powell fa seguito al taglio già deciso a luglio: ora i tassi di interesse sui Fed funds si muoveranno all’interno del corridoio 1,75-2%. La decisione però, come avvenuto nella precedente riunione, non è stata presa all’unanimità.
Scorrendo fra le righe del comunicato Fed, emerge una divisone fra ‘falchi’, i sostenitori di una politica monetaria più restrittiva, e le ‘colombe’, ossia il fronte di coloro che credono nella necessità di maggiori stimoli all’economia.
All’interno del Fomc (Federal Open Market Committe), il comitato operativo della banca centrale che prende le decisioni sui tassi, due membri su dieci, Esther George ed Eric Rosengren, rispettivamente a capo delle Fed regionali di Kansas e Boston, erano orientati per una conferma del 2-2,25%. Un terzo, il governatore della Fed si St. Louis James Bullard, chiedeva addirittura una misura più drastica con una riduzione dei tassi di 50 punti.
Ciò detto, dal comunicato finale della riunione della banca centrale Usa emerge che un ulteriore taglio dei tassi di interesse della Fed è atteso entro la fine dell’anno per contrastare un aumento dei rischi per l’economia.
Intanto però una iniezione di liquidità la Fed l’ha già compiuta. Si tratta di una nuova asta pronti contro termine con la quale sono stati immessi 75 miliardi di dollari di liquidità in cambio di obbligazioni. Lo si legge sul sito della banca centrale, secondo cui gli operatori avevano chiesto 8,1 miliardi di fondi in asta. Si tratta della prima operazione della Fed è sul ‘repo market’ dalla crisi finanziaria del 2008.
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Il contenuto seguente è stato redatto prima della pubblicazione del comunicato emesso al termine della riunione della Federal Reserve e dunque ancor prima della conferenza stampa del chairman Jerome Powell.
Il taglio dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve (Fed) nella riunione in corso oggi è dato per certo dal mercato, resta da capirne l’entità.
Secondo le stime degli analisti raccolte da Bloomberg la Banca centrale degli Stati Uniti dovrebbe ridurre il costo del denaro di 25 punti base (lo 0,25%) portando il corridoio dei tassi d’interesse nella fascia 1,75-2%. Le probabilità assegnate dal mercato dei Fed Funds a questo scenario sono pari all’83%.
Oggi i tassi d’interesse della Fed viaggiano nel range 2-2,25%, stesso livello di un anno fa prima che venissero alzati a fine 2018 e poi di nuovo riportati giù a luglio scorso con il primo taglio dopo oltre dieci anni, ossia dalla grande crisi dei mutui subprime e successivo fallimento della Lehmann Brothers.
La decisione di tagliare i tassi comunque difficilmente verrà presa all’unanimità. All’interno del board del comitato Fomc (Federal open market committe, ndr), infatti, è presente una nutrita schiera di “falchi” (ossia i detrattori di una politica monetaria di tassi accomodanti) fra cui si annoverano George, Harker e Rosengren, ossia i governatori delle Banche centrali regionali di Kansas, Philadelphia e Boston che votarono contro il taglio dei tassi di luglio.
Le motivazioni che potrebbero convincere il governatore Jerome Powell e il suo board sulla necessità di un ulteriore taglio dei tassi sono molteplici, alcune interne altre esterne al Paese.
Dal punto di vista dell’economia interna i segnali sono inequivocabili: calo della spesa per consumi, rallentamento dell’attività industriale e, ciliegina sulla torta, l’inversione della curva dei rendimenti sui titoli di Stato (quelli a breve termine hanno superato quelli legati alle scadenze più lunghe, ndr).
Così come la Bce, anche la Fed vuol correre ai ripari giocando d’anticipo su un’eventuale recessione economica. Niente panico però: “In molte occasioni si è verificato uno sfasamento temporale tra l’inversione e l’inizio di una recessione, pari in media a 16 mesi. Gli indicatori economici e di mercato consentono di sentire il polso dell’economia statunitense. Una o due rilevazioni negative potrebbero essere del tutto irrilevanti. Ma quando diversi indicatori cominciano a far lampeggiare le spie d’allarme per un periodo di tempo prolungato, il quadro diventa più chiaro e ben più significativo. Quel momento non è ancora arrivato”, ha precisato Pramod Atluri, gestore di portafoglio obbligazionario di Capital Group.
Il meeting Fed di oggi è particolarmente sentito anche perché nel corso della conferenza stampa di Powell verranno rese note e motivate le nuove previsioni economiche sul Paese. Fra gli asset manager e gli strategist per ora non c’è pessimismo riguardo alle proiezioni della Banca centrale. Per François Rimeu, senior strategist di La Française Asset Management la Fed agirà in maniera appropriata:
“Il linguaggio per il momento non dovrebbe cambiare in modo significativo: ci attendiamo una reiterazione dell’aggiustamento di metà ciclo”. Secondo lo strategist della casa di gestione la crescita dell’economia Usa nel 2019 dovrebbe probabilmente mantenersi intorno al 2,1% mentre l’inflazione core (il PCE o Personal consumption expenditure, ndr) si manterrà probabilmente entro l’1,8% entro la fine dell’anno.
Guardando alle stime raccolte dai principali provider il mercato già sconta un taglio di 25 pb dei tassi d’interesse. Nulla di eclatante dunque se le previsioni dovessero essere confermare. Diverso il discorso qualora Powell dovesse sorprendere il mercato con un taglio dei tassi d’interesse più consistente oppure con un piano di stimoli più accentuato.
Occhio dunque al mercato delle obbligazioni: “la Fed potrebbe anche decidere di acquistare obbligazioni, come accaduto nell’ambito del piano di quantitative easing. Non dimentichiamo che i Treasury, malgrado le tensioni commerciali, l’aumento del debito pubblico americano e i timori recessivi, continuano a essere considerati dagli investitori un bene rifugio”, ha concluso Atluri di Capital Group.