Il contesto politico è favorevole grazie agli impegni dei governi nella riduzione delle emissioni. Non solo: si può puntare sulle rinnovabili posizionandosi su vari strumenti e tipi di società, costruendo così un portafoglio con flussi stabili ed esposto sulle aree a maggiore crescita
Il settore delle rinnovabili garantisce la possibilità di costruire un portafoglio diversificato, puntando su diversi tipi di strumenti e di società, con flussi stabili ed esposizione alla crescita del mercato, che dovrebbe proseguire con un ritmo intenso anche quest’anno. A spiegarlo a FocusRisparmio è Maria Municchi, manager del fondo M&G (Lux) Sustainable Allocation, di M&G Investments. “A livello di tendenza, la crescita delle energie rinnovabili come fonte produttiva di energia sta prendendo campo in maniera molto ampia, perfino in un anno come il 2020: secondo i dati della IEA le rinnovabili sono cresciute del 7% in presenza di una diminuzione della domanda complessiva di energia. Delle nuove fonti energetiche installate nel 2020, quasi il 90% era rappresentato da rinnovabili, di cui molte installate in Usa e Cina”.
E nel 2021 ci si aspetta una crescita ancora superiore, con aree chiave come l’India e l’Europa, in cui ci sono dei progetti in fase di completamento destinati ad aumentare le fonti di energia rinnovabile nel 2021. Questo trend – prosegue l’esperta – peraltro è rafforzato dalle politiche fiscali di vari Paesi, che stanno spingendo ulteriormente in questa direzione. “Progetti come lo European Green Deal, e il cambio di amministrazione Usa con la vittoria di Joe Biden, sono degli input importanti per il rafforzamento di questa tendenza”, aggiunge Municchi.
Il fattore politico rappresenta uno dei principali motori di questo cambiamento di passo a livello globale. “In un’ottica di lungo termine sicuramente il principale fattore di sostegno delle rinnovabili è rappresentato dai Principi di sviluppo sostenibile dell’Onu, sui quali vari Paesi si stanno impegnando con iniziative volte a scongiurare l’aumento delle temperature favorendo la transizione energetica”, osserva la fund manager, aggiungendo che questo aspetto ha spinto molti governi ad adottare politiche di apertura alle rinnovabili. “Senza contare l’aspetto di impatto sociale legato a un’economia più verde, come ha sottolineato Biden quando ha parlato di ‘environmental justice’, indicando che all’interno di questa trasformazione si cercherà di favorire in particolare le aree della società più svantaggiate”, sottolinea.
Per l’esperta, dal punto di vista politico i cambiamenti nell’atteggiamento di Cina e Usa sono senza dubbio i più importanti, visto che questi due Paesi sono quelli con il più alto livello di CO2, ma un contributo importante arriva anche dall’Europa e anche da player come l’India che finora erano rimasti indietro sull’impegno contro il cambiamento climatico.
Ma alla base di questo trend non c’è solo la volontà di abbassare le emissioni. Non solo ragioni “etiche” o di responsabilità verso la salute del pianeta e delle future generazioni, ma anche considerazioni più legate all’attrattività economica che iniziano ad avere le rinnovabili. Questo perché “i costi legati alle tecnologie continuano ad abbassarsi in misura significativa, arrivando a essere equiparabili a quelli del petrolio se non addirittura migliori. Una volta effettuata l’installazione, infatti, questo tipo di fonte energetica non ha bisogno di ulteriori input”, spiega Municchi.
Certo, qualche problema c’è ancora. In particolare l’intermittenza della produzione energetica, perché sole, vento e acqua non sono costanti ma variabili, e questo comporta ovviamente una variabilità anche a livello di produzione. “Sullo storage, tuttavia – argomenta l’esperta di M&G – sono stati fatti molti progressi negli ultimi anni, anche con batterie molto più avanzate rispetto a pochi anni fa. Immagazzinare l’energia rinnovabile è un metodo ancora piuttosto costoso, ma sul quale si sta facendo tanta ricerca e apportando molta innovazione”.
Non solo. Su questo fronte grandi opportunità stanno arrivando dall’utilizzo in prospettiva dell’idrogeno verde, “una fonte energetica carbon neutral che utilizza elettricità prodotta da fonti rinnovabili, che può sia risolvere i problemi legati alla variabilità delle fonti di produzione, sia ovviare ai problemi di storage”.
L’idrogeno non verde – cioè quello prodotto con processi di scissione degli idrocarburi, che a seconda dei casi può essere “grigio” (con emissione di CO2) o “blu” (se la CO2 viene catturata e stoccata) – è già utilizzato in diverse aree, quindi c’è già una strada aperta per l’idrogeno verde, “una tecnologia con costi ancora elevati ma che sono già scesi moltissimo e continueranno a scendere. E può diventare un’alternativa interessante in molti ambiti, per esempio per i mezzi di trasporto pesanti”, spiega Municchi.
Tutto questo – aggiunge – mostra che l’energia rinnovabile non è riconducibile a una sola tecnologia, ma a un set diversificato di tecnologie e strategie che insieme cercano di sfruttare nel modo più efficiente possibile gli input che la natura ci dà. “Allo stesso tempo, investire in rinnovabili comporta un posizionamento diversificato, con differenze in termini di rischio/rendimento e di cash flow. Quello delle rinnovabili è un tema importante cui si può accedere anche attraverso tipologie di investimenti diversi”.
Nel fondo che gestisce Municchi, per esempio, si cerca “un’esposizione diversificata attraverso diversi tipi di titoli, dalle società che costituiscono gli elementi per le rinnovabili – dal pannello solare alla turbina eolica – o dal produttore di input o, ancora, chi installa o finanzia questo tipo di attività – come per esempio una società Usa che si chiama Hannon Armstrong – fino a strumenti un po’ più conservativi, come le strutture di investment trust all’interno delle quali sono detenuti asset che producono energia rinnovabile – quindi solar fund o wind fund con strutture onshore – che hanno prevalentemente un cash flow stabile”.
In questo modo il fondo ha sia un Nav relativamente stabile, con un continuo flusso di cassa che permette di avere dividendi interessanti, ma dall’altra parte dello spettro è anche esposto su società maggiormente coinvolte nell’innovazione o nella produzione degli input in cui si è più esposti alla crescita dell’azione, e anche con una dose maggiore di rischio. “A questo proposito, un titolo interessante nel nostro portafoglio è Solar Edge Technologies, un nome che abbiamo osservato per lungo tempo in attesa di trovare un entry point, e che siamo riusciti ad acquistare nel 2020. Sulla parte di investment trust citerei Octopus Renewables, che ha delle solar farm anche in Italia”.
Il forte trend di crescita delle rinnovabili porta interessanti opportunità anche sulle infrastrutture, “perché ovviamente ogni fonte di energia deve potersi collegare alla grid, al network del distributore di energia, tutto ciò che concerne questo collegamento è quindi cruciale. Un tema interessante soprattutto per gli Usa, ma anche per l’Europa che per molti aspetti si trova delle infrastrutture ‘invecchiate’, e quindi si aprono opportunità legate al bisogno di rinnovare, portare nuove tecnologie e creare questi connettori. Così come vedo molte opportunità sull’innovazione in termini di storage, nella creazione di stazioni per l’idrogeno e delle strutture per la ricarica delle vetture elettriche. Non c’è un’area in cui vogliamo avere particolare concentrazione, abbiamo un portafoglio multi asset e ci interessa avere esposizione a strumenti con caratteristiche diverse”.
In generale, spiega l’esperta, il fondo M&G (Lux) Sustainable Allocation tende ad avere esposizioni basse e posizioni poco concentrate, e “non sitiamo a prendere profitto quando si presenta l’occasione”.
Oltre che sulle rinnovabili, il fondo si posiziona in maniera più ampia sul tema della limitazione delle emissioni di CO2, anche in maniera alternativa, attraverso nomi che operano in vari settori estranei al campo dell’energia e delle utility ma che hanno un chiaro obiettivo di riduzione delle emissioni sulla base di science-based targets. “Tra le società che si sono date tali obiettivi possiamo citare L’Oréal, Kering, Danone, Apple, che cercano di ridurre le emissioni anche con interventi sulla supply chain, sui prodotti, eccetera. Un altro aspetto è che, quando valutiamo un investimento ‘green’ ne consideriamo anche l’impatto a livello sociale, perché per noi i due aspetti sono inscindibili”, continua Municchi.
L’approccio del fondo è molto flessibile. “Abbiamo un obiettivo di neutralità sulle azioni del 40%, ma possiamo andare dal 20 al 60% e oggi siamo intorno al 45%, sulla base delle valutazioni attuali dell’azionario rispetto al fixed income, alle condizioni macroeconomiche. Dopo il rallentamento del 2020 vediamo una normalizzazione nel 2021, anche alla luce delle politiche fiscali e monetarie espansive. Siamo sovraesposti sul mercato azionario, mentre sulla parte difensiva abbiamo un 22% di Treasury americani a 30 anni”.
Sui temi legati alla sostenibilità ambientale il fondo investe anche attraverso obbligazioni, “solitamente obbligazioni green di società in cui vediamo un piano di sostenibilità robusto e un uso dei proventi completamente allineato con quello che crediamo sia necessario in termini di limitazione delle emissioni. Abbiamo in portafoglio una percentuale di green bond di società e banche di sviluppo tra il 5 e il 6%”, conclude Municchi.
Questa fonte di energia pulita è “una palla di neve pronta a rotolare giù dalla montagna”. Grazie anche alla discesa dei costi delle rinnovabili, che ne rendono la produzione più competitiva. BofA: Investire oggi nell'idrogeno? Come investire in smartphone nel 2007
Piani e strategie sono rivisti in ottica green per non rischiare la svalutazione degli asset. NNIP: "Se le aziende dell'energy non investono nelle rinnovabili la loro redditività scenderà nel lungo periodo. Schiavo: "Opportunità di crescita organica molto elevate"
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