Rima (Credit Suisse AM): “Robotica e sicurezza, temi secolari a prova di ciclo”
4 dicembre 2017
di Eugenio Montesano
5 min
Da inizio anno i fondi che investono in automazione e sicurezza, i due megatrend dell’era digitale, riportano rendimenti a doppia cifra. “E siamo solo all’inizio”, spiega Filippo Rima, responsabile azionario globale di Credit Suisse.
Incremento della produttività, miglioramento della qualità della vita, svolgimento di attività pericolose, digitalizzazione, big data, invecchiamento delle infrastrutture e hacking crescente sono la nuova frontiera della produttività aziendale. I nomi delle società leader in questi settori non dicono molto ai normali investitori, seppur facciano parte sempre più integrante delle loro vite.
“Preferiamo investire in società esposte a una tema secolare piuttosto che a specifiche azioni e settori. Puntiamo su robotica e sicurezza informatica, due trend strutturali che possono offrire grandi opportunità d’investimento in quanto indipendenti dai cicli economici, essendo funzionali al crescente bisogno di efficacia ed efficienza produttiva che è trasversale a tutte le industrie e necessario in un’ottica di riduzione dei costi”, spiega Filippo Rima, responsabile internazionale dei fondi azionari di Credit Suisse Asset Management.
Automazione e sicurezza come megatrend di investimento: come si aggiunge valore puntando su settori percepiti ancora come una nicchia da una parte del mercato? Il driver principale di robotica e sicurezza, temi strutturali che vanno di pari passo, è l’aumento dell’efficienza e dell’efficacia in ambito produttivo che sta portando sempre più investimenti in automazione – settore in grande crescita dal momento che, nel 90% dei casi, le aziende mostrano di essere solo all’inizio del percorso di attualizzazione dei processi in chiave digitale. Esistono poche società già altamente automatizzate, e prevalentemente in due sole industrie: quella automobilistica e quella dei semiconduttori. Ecco perché l’industria dell’automazione ha un grosso potenziale davanti a sé.
Esistono anche altri driver ancora più indipendenti dal ciclo economico. In particolare quello della regolamentazione in ambito finanziario con il boom delle società di regulatory technology, o “RegTech” – un nuovo settore dei servizi finanziari che utilizza la tecnologia dell’informazione per migliorare i processi normativi. Ogni giorno avvengono milioni di transazioni, che devono essere tutte verificate e contabilizzate: pensiamo ai sempre più complessi requisiti di compliance richiesti alla nostra industria. Anche in questo campo, per forza di cose, ci si sta quindi muovendo verso soluzioni sempre più automatizzate, di cui il regtech è una delle nuove frontiere.
Ci fa un esempio dei “pure player” – aziende che derivano almeno il 50% dei ricavi da robotica o sicurezza – in cui investite? Una delle aziende principali è Harmonic Drive Systems, una società giapponese specializzata nella realizzazione delle giunture dei robot – l’equivalente di gomiti e polsi, per intenderci – attraverso la tecnologia dell’anello armonico. Oppure la californiana Intuitive Surgical, leader nel settore della chirurgia robotizzata, con macchine ad altissima precisione che durante gli interventi vengono manovrate dai chirurghi tramite una console. O ancora Wirecard, l’azienda che produce i chip della gran parte delle carte di credito in circolazione.
Un altro dei temi sui quali state puntando con il lancio di una strategia dedicata è quello del Digital Health: cos’è e quali opportunità offre? Con una popolazione globale sempre più longeva, i costi per l’assistenza sanitaria stanno esplodendo in tutto il mondo, e con essi aumenta la pressione per una maggiore efficacia ed efficienza dei sistemi di healthcare. Il digital health è appunto la digitalizzazione che trasforma l’healthcare, settore storicamente molto tradizionale. Abbiamo identificato tre sottosettori: il primo attiene alle funzioni di ricerca e sviluppo. Le aziende farmaceutiche spendono sempre di più per ottenere un farmaco “blockbuster”, e la digitalizzazione può aumentare la produttività con nuovi sistemi di computazione dei dati come big data e cloud computing.
Il secondo ambito è quello delle terapie e della loro personalizzazione, come nel caso di soggetti diabetici per cui si sta lavorando a chip da inserire sottopelle che compiono un monitoraggio costante del livello di glucosio presente nel sangue, inviando un segnale a un altro piccolo apparecchio interno che rilascia insulina. In questo caso il beneficio in termini di riduzione dei costi per visite mediche e controlli coincide con il benessere dei pazienti. Infine c’è il miglioramento dell’efficienza dell’intero sistema sanitario: si tratta connettere medici, ospedali, farmacisti e società di assicurazione sanitaria tramite un monitoraggio dei pazienti che sia costante e possa essere realizzato anche da remoto. Già oggi le visite mediche si possono fare in video, con sistemi di telemedicina che al momento sono sviluppati da aziende come Teladoc, in cui investiamo. Altri esempi di società leader nel settore digital healthcare sono Mettler Toledo (bilance e strumenti analitici), Medidata (sistemi di cloud computing e big data in ambito ospedaliero) Aetna Health (piani di assicurazione sanitaria e servizi ai pazienti a livello globale).
Perché è importante avere una componente di azionario tematico in portafoglio? In un portafoglio azionario bilanciato, la componente strutturale tematica permette di andare al di là del breve termine di 6-12 mesi dando un’esposizione a trend secolari con grande spazio di crescita per le aziende che li presidiano. Queste società vedranno una sempre maggoire diffusione dei loro prodotti, che fra dieci anni saranno molto più utilizzati di quanto non lo siano oggi.
Allargando il discorso all’azionario globale, stiamo assistendo a record su record sui mercati dell’equity e in particolare a Wall street. C’è ancora spazio per l’azionario americano o non è da escludersi una correzione? Nonostante ci siano alcune parti del mercato – America in primis – che sono effettivamente care, non vediamo un pericolo imminente di correzione. Il quadro generale resta molto favorevole al mercato azionario e in generale agli investimenti più rischiosi. Noi vediamo un’economia che si sta irrobustendo globalmente, soprattutto in America dove la ripresa rimane solida e la conferma dell’approvazione della riforma fiscale negli Stati Uniti darà un bell’impulso al Pil, con stime che vanno dallo 0,2 all’1%.
Per queste ragioni, e alla luce della permanenza degli scarsi rendimenti obbligazionari, per i prossimi 6-12 mesi continuiamo ad aspettarci mercati azionari in crescita. Detto questo, è innegabile che la situazione che viviamo da diversi anni, in cui non abbiamo visto praticamente nessuna correzione superiore al 3% sull’S&P 500, sia un’anomalia. Nel 2018 sarà quindi prudente aspettarsi un aumento della volatilità.
Quindi non è ancora il momento di disinvestire dall’azionario? No perché effettivamente le condizioni-quadro per ulteriori performance positive ci sono tutte: l’economia sta recuperando, i tassi di interesse restano bassi, l’inflazione è sotto controllo, le aziende ricominciano a investire. Non dimentichiamoci che abbiamo sì avuto grossi aumenti degli utili aziendali, ma allo stesso tempo gli investimenti in conto capitale (capex o capital expenditure, ndr) non sono ancora ripresi del tutto, soprattutto al di fuori degli Stati Uniti. Il ciclo del capex sta pian piano ripartendo, quindi si può veramente essere ottimisti su ulteriori sviluppi dell’economia mondiale. Detto questo, è innegabile che gli Usa siano molto più avanti nel ciclo a livello tanto di profitti quanto di investimenti, quindi guardando avanti una sottoponderazione strutturale negli Usa rispetto al resto del mondo ha sicuramente senso.
Un sottopeso a favore di quali mercati? Puntiamo soprattutto sull’Europa, dove siamo in una fase differente sia della politica monetaria sia del ciclo produttivo. Basta guardare il tasso di disoccupazione, con gli Usa prossimi alla piena occupazione mentre i paesi europei sono ancora indietro, fatta eccezione per la Germania. Un altro fattore è dato dalla lieve divergenza delle politiche monetarie: mentre negli Usa si procede a un graduale e lento rialzo dei tassi, in Europa non c’è nessuna fretta. Anche gli effetti della riduzione degli acquisti dei bond da parte della Bce non vanno sovrastimati, soprattutto se consideriamo che anche l’offerta di obbligazioni è in calo, dal momento che la tendenza per i governi è di ridurre deficit e indebitamento.
In questo contesto positivo quali possono essere i venti contrari al positivo andamento dei mercati? Al momento, a parte la situazione nordcoreana che sembra comunque sotto controllo, non vediamo eventi-shock all’orizzonte. Storicamente la fine dei cicli di espansione economica deriva o dal rialzo dei tassi di interesse o da un’estrema euforia sui mercati che porta allo scoppio di bolle – due istanze di cui attualmente non si vedono i prodromi. Detto questo, la ripresa sta entrando nel suo ottavo anno, quindi a un certo punto anche questo ciclo finirà. Ecco perché nella costruzione di un portafoglio ottimale gli investitori oggi possono approfittare della bassissima volatilità per comprare protezioni tramite opzioni che non sono mai state così a buon mercato. Il prezzo che si paga per assicurazioni contro correzioni anche del 10-15% è il più basso che abbiamo mai visto storicamente – qualcosa da prendere in considerazione al di là delle singole propensioni al rischio.
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