Azionario Usa tra presidenziali e Fed: ecco su cosa puntare
Powell ha dato una mano all’asset class. Auto, energia e utility risentiranno in particolare del risultato delle urne, mentre il tech vincerà comunque. La view dei gestori
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Un bagno di sangue, per certi versi atteso, che però preoccupa più di un investitore: il Nasdaq ha perso oltre il 10% della sua capitalizzazione in appena tre sedute, il 4,1% solo martedì 8 settembre. E non è andata meglio a sua maestà l’S&P 500 che ieri è arretrato del 2,8%, arrivando a lasciare sul terreno quasi il 7% in 72 ore. Il sell-off ha riguardato tutto il settore del tech, big comprese, con Apple e Microsoft che in tre giorni hanno bruciato più dell’intera capitalizzazione del Ftse Mib.
Cifre da far tremare i polsi che rendono inevitabile per qualche investitore chiedersi se sia arrivata la fine della luna di miele tra i titoli tecnologici a stelle e strisce e i mercati. In realtà sono davvero pochi gli analisti che pensano di essere veramente di fronte alla fine di un rally che ha sconfitto il Covid e che ha portato il Nasdaq a guadagnare il 26% da inizio anno e a mettere a segno un rimbalzo di oltre il 60% dai minimi raggiunti a marzo in pieno panico da pandemia.
Una corsa dovuta al fatto che “le persone pensano che il comparto possa crescere indipendentemente dal contesto economico”, spiega James Athey, senior investment manager di Aberdeen Standard Investments, che però puntualizza come “ci siano vari gradi di verità in questo”. In ogni caso però “la correzione nel mercato statunitense ha davvero pesato sul sentiment”, aggiunge Ken Wong, portfolio manager di Eastspring Investments a Hong Kong, stando al quale, appunto, il recente arretramento non rappresenta una sorpresa, dato che alcune azioni erano raddoppiate o triplicate in pochi mesi.
Per Kristina Hooper, chief global market strategist di Ivesco, non siamo all’inizio di un’altro drammatico sell-off, simile alla primavera del 2000 quando scoppiò la ‘bolla tecnologica’. “Ne dubito fortemente – scrive -. Sì, questo sell-off è stato significativo e non sarei sorpresa di vederlo continuare nei prossimi giorni. Tuttavia, penso a questo arretramento non tanto come a una correzione, ma come a una digestione, dato che il Nasdaq Composite è salito di oltre il 60% dal suo minimo di marzo nel giro di meno di sei mesi. Tutto sommato, penso sia un salutare periodo di consolidamento dopo una sfrenata rincorsa”.
Secondo gli esperti, il comparto paga in questi giorni, oltre alle fisiologiche prese di profitto, la notizia che Tesla non è stata inclusa nell’S&P 500, i timori sui rapporti Cina-Stati Uniti in scia alle parole del presidente Donald Trump, secondo cui è arrivato il momento di frenare le relazioni con Pechino. “L’azionario Usa torna a scendere, con il tech che guida i cali e in generale per una serie di motivi: tensioni Usa-Cina, titoli che avevano corso molto come Apple e Tesla che sono ancora sovraesposti, timori che la situazione sul Covid-19 possa peggiorare”, sottolinea Edward Moya, senior market analyst di Oanda, secondo cui pesa anche il forte calo del greggio.
Che sia dunque arrivato il momento di vendere il preziosissimo tech? Non ancora, secondo Lars Kreckel, global equity strategist di Legal & General Investment Management, secondo cui oltre ai notevoli punti di forza del settore, le valutazioni non sono ancora eccessive né siamo di fronte a un’eccessiva tendenza al rialzo. “È sorprendente notare come, nonostante la sua sovraperformance, la valutazione relativa del settore rispetto all’indice S&P 500 oggi sia la stessa di gennaio – osserva lo strategist -. Questo elemento rappresenta una grande differenza rispetto all’impennata del tech nei primi anni Novanta, guidata prevalentemente dalle valutazioni. Tutto ciò può sembrare controintuitivo, ma si può capire guardando alle aspettative sui guadagni relativi, che crescono di pari passo con i prezzi relativi”.
Pertanto, secondo Kreckel mantenere una posizione lunga sulla tecnologia significa essere convinti di un cambio di passo importante nell’andamento dei guadagni relativi, aspetto che non sembra poi così inverosimile. “A livello di sentiment, è impossibile dire che il tech sia un settore impopolare, ma non per questo vediamo segnali di un eccesso di rialzo. La tecnologia ha goduto per un decennio di consenso tra gli investitori istituzionali, e anche le rilevazioni più recenti rientrano perfettamente in questo scenario. Sul fronte degli investitori retail, i dati mostrano che questi hanno al più rivisto le loro posizioni sottopesate”, aggiunge.
Kreckel non teme neppure i rischi all’orizzonte, come trade war e presidenziali Usa, e fa notare che i due aspetti da tenere maggiormente in considerazione sono le pressioni normative e la potenzialità di una recessione ciclica. “Iniziando da quest’ultima, riteniamo che il rischio sia limitato, perché ci vorrebbe tempo prima che si venissero a creare quegli eccessi che tendono a portare la fine di un ciclo economico senza la presenza di un fattore esterno”, afferma. Quanto alla regolamentazione, lo scenario di riferimento di Lgim è di un suo progressivo inasprimento. “In questo ambito, un fattore che potrebbe avere un peso sono le elezioni presidenziali statunitensi, anche se è nostra opinione che un risultato negativo per il tech sia un’eventualità molto remota”, precisa, chiarendo come il fatto che la supremazia tecnologica sia un aspetto centrale nella lotta geopolitica tra Cina e Stati Uniti allontani ulteriormente l’evenienza di regole più aspre.
Chi non vede battute d’arresto del settore sul lungo periodo è Mark Hawtin, gestore del fondo Gam Star Disruptive Growth di Gam Investments, secondo cui che le nuove tecnologie in rapida crescita, come l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things, i big data e la blockchain sono destinate a diventare il motore trainante del potere dirompente della tecnologia, ampliando il divario tra vincitori e vinti. “A nostro giudizio, queste tecnologie abbinate all’effetto rete (per cui il valore di una rete aumenta in modo esponenziale con il numero di utenti) rappresentano una rivoluzione digitale di quarta generazione che dovrebbe subire un’accelerazione post-Covid”, spiega.
“Anziché limitarsi ad avere in portafoglio i titoli principali (Amazon, Facebook e Google) – avverte Hawtin -, crediamo sia fondamentale per gli investitori scovare le società che potrebbero beneficiare della prossima fase. Le aree di investimento che consentiranno di sfruttare il potere dirompente della tecnologia nei prossimi 5-10 anni saranno prevedibilmente il settore sanitario, dei trasporti e industriale, e le opportunità potrebbero anche non arrivare dalle big tech che hanno trascinato al rialzo i principali indici negli ultimi dieci anni”.