Menard (Amundi): “Disruption in quattro mosse: come investire nei campioni dell’innovazione superando la logica settoriale”
7 maggio 2018
di Eugenio Montesano
6 min
Cogliere le opportunità trasversali ai settori segnati dall’innovazione imposta dal processo di disruption. Estelle Menard, deputy head dell’azionario tematico globale di Amundi, spiega perché investire in società capaci di sovvertire i business model dei settori economicamente maturi è una strategia vincente.
L’innovazione viene comunemente associata a fenomeni quali la tecnologia, la digitalizzazione, l’automazione. Non a torto. Ma ne esiste un’accezione più sottile, quella che da alcuni viene chiamata disruption.
Si tratta di un’azione dirompente, atta a ripensare tutte le “regole del gioco” esistenti e a creare una nuova normalità, più vantaggiosa della precedente. La vita quotidiana, o almeno parti rilevanti di essa, semplicemente, migliorano. Sicurezza, efficienza, rapidità, semplicità possono essere solo alcuni dei vantaggi derivati dalla distruzione creatrice di questi nuovi modelli di business.
In occasione dell’ultima edizione del Salone del Risparmio Paolo Proli, head of retail distribution di Amundi, ha sottolineato l’attenzione della casa francese alle soluzioni di investimento nell’innovazione tecnologica tramite la selezione di “disruptive player” del calibro di Tesla. E nel novero dei campioni dell’innovazione non mancano esempi “made in Italy” come Foorban, il primo ristorante interamente digitale italiano, e Satispay, leader nel settore del digital sharing in materia di pagamenti.
Aziende considerate dirompenti per la loro capacità di trasformare il mercato in cui operano, i disruptive player la fanno da padrone anche nelle strategie di investimento di Amundi, e in particolare nel fondo tematico CPR Invest Global Disruptive Opportunities cogestito da Estelle Menard, deputy head dell’azionario tematico globale.
Lanciato nel 2016, attualmente il fondo conta asset in gestione per oltre 550 milioni di euro. Menard e il team di Amundi-CPR AM guidato dal capo dell’azionario tematico Vafa Ahmadi declinano il macrotema della disruption in quattro filoni di investimento: economia digitale, industria 4.0, scienza e salute personale e pianeta terra.
Secondo la sua opinione ed esperienza, cosa rende un’azienda (e il suo modello di business) davvero disruptive?
Estelle Menard, deputy head dell’azionario tematico globale di Amundi
La disruption ha principalmente a che fare con innovazioni dirompenti. Può essere un prodotto, un servizio, un’idea o un processo più semplice, più rapido, più efficiente e spesso meno costoso che dovrebbe trasformare profondamente un settore esistente o crearne uno nuovo e in ogni caso cambiare l’ordine stabilito e raggiungere un vasto pubblico. Le società disruptive sono in grado di innovare, reinventarsi e sfidare i modelli di business esistenti, indipendentemente dal settore in cui operano.
La globalizzazione del commercio, le innovazioni tecnologiche, le tendenze demografiche e un ecosistema in evoluzione sono alcuni dei fattori trainanti delle prestazioni del fondo. Come viene investito su queste linee, quali tipi di aziende ne indirizzeranno i rendimenti e perché?
Ci sono diverse fonti di disruption. Mentre l’innovazione tecnologica può essere la principale forza trainante di questa accelerazione esponenziale, la disruption è anche il risultato di una combinazione di altri fattori. Infatti, è guidata anche dalla globalizzazione commerciale, dai cambiamenti demografici e dalle sfide ambientali. Poiché è probabile che si verifichi un trend disruptive in tutti i settori dell’economia, il nostro universo di investimento adotta un ampio approccio multisettoriale che copre l’intero spettro della disruption, al fine di cogliere il potenziale di crescita del tema nel suo complesso. Il nostro approccio ci permette di suddividere il fenomeno in quattro dimensioni, abbracciando il ciclo della disruption da quando sorge in un segmento di mercato fino al suo utilizzo da parte della maggior parte dei consumatori: economia digitale, industria 4.0, biologia e cura della salute, pianeta terra. Per essere esaustivi e ottenere una maggiore diversificazione, il nostro universo di investimento include sia gli attori “puramente disruptive” sia le aziende che reagiscono per adattarsi ai cambiamenti nei propri mercati. Il portafoglio finale consiste in circa 80 titoli, con un livello di volatilità paragonabile a quella dell’indice MSCI World.
Qual è la strategia del fondo e in che modo il suo approccio tematico aggiunge valore? Come evitate di limitarne la gestione attiva a un singolo settore e, allo stesso tempo, mantenere il fondo relativamente concentrato?
Il nostro approccio è unico e globale. La nostra filosofia prende in considerazione l’intero ecosistema della disruption che riteniamo sia fonte di forte crescita. Negli ultimi tre anni abbiamo assistito all’emergere di nuovi temi come la robotica, la cybersecurity, l’intelligenza artificiale. E invece di selezionare un tema alla volta abbiamo pensato che prendere in considerazione l’intera gamma della disruption ci consentisse di cogliere maggiori opportunità di investimento. La disruption si sta affermando a livello globale, trainata dai megatrend del nostro secolo. La disruption spesso trae origine dall’innovazione tecnologica ma si stanno creando opportunità in tutti i settori con potenzialità di crescita senza precedenti e di lungo periodo. È proprio questo potenziale che vogliamo cogliere con il nostro fondo.
Quali sono i principali sovrappesi e sottopesi del fondo a livello sia settoriale sia geografico?
Tra le quattro dimensioni, l’economia digitale costituisce un’allocazione core che rappresenta il 60% circa del portafoglio. All’interno di questa dimensione favoriamo le sotto-tematiche legate al fintech e al digital marketing. La seconda dimensione più grande è quella della biologia e salute con il 16%, poi l’industria 4.0 e il pianeta terra (che va dai cambiamenti climatici alla nuova esplorazione delle risorse naturali attraverso l’energia rinnovabile, ndr)con circa il 13% ciascuno.
In termini di settori dell’MSCI, siamo sovrappesati su information technology e healthcare (rispettivamente con il 28% e il 4%). Al contrario, i settori finanziario e dei beni di prima necessità (rispettivamente con il 12% e l’8%) sono quelli maggiormente sottopesati. In termini assoluti, il fondo è principalmente esposto agli Stati Uniti (2/3) e all’Europa (quasi il 25%).
Collaborate con i consulenti aziendali di Deloitte per identificare le aziende dirompenti nelle quali investire. Come funziona il processo di selezione?
La missione di Deloitte consiste nell’aiutarci a trovare i futuri trend disruptive, senza interferire con il nostro processo di selezione titoli. Deloitte rappresenta quindi uno dei tre pilastri sui quali il team di investimento può fare affidamento per identificare i nuovi trend. Questa partnership ci permette di accedere a informazioni approfondite e preziose sui trend che guidano le economie attuali e future. Per questo motivo, ci aspettiamo che Deloitte agisca in qualità di “Trend Detector” e che ci aiuti a rimanere al passo con trend innovativi, emergenti, in fase embrionale, sviluppi, innovazioni, approcci, modelli di business che trasformeranno in modo esponenziale le economie. Abbiamo accesso a un vasto insieme di esperti, studi, documenti di ricerca rilasciati da Deloitte. Questo scambio di informazioni copre tutti gli argomenti relativi a innovazione/disruption, i principali risultati delle ricerche di Deloitte, idee e opinioni su eventi chiave che riguardano il settore e le aziende.
Alcune delle aziende più dirompenti oggi si ritrovano tra i grandi player del settore big data o tra le società che stanno trovando nuovi modi per mettere al centro gli utenti accedendo al tempo stesso ai loro dati sensibili. Lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica potrebbe avere un impatto negativo o segnare una battuta d’arresto per queste società tecnologiche, soprattutto qualora venisse introdotta una regolamentazione più severa?
I big data sono fondamentali per le società per riuscire a capire e successivamente gestire le esigenze dei propri clienti. Le problematiche legate alla gestione dei dati e alla privacy emerse dall’uso improprio da parte di Cambridge Analytica dei dati di Facebook sono state uno dei principali argomenti del mese scorso, insieme al dibattito sulla nuova regolamentazione e sulle potenziali implicazioni del regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) nell’ambito della maggior parte delle piattaforme esposte come Google o Facebook. Nei prossimi mesi monitoreremo da vicino i cambiamenti che dovrebbero essere implementati dalle società per essere conformi alle nuove normative, ma anche le potenziali sfide e gli impatti sui modelli di business.
“Alla ricerca di ‘Alpha’” è la rubrica di FocusRisparmio.com dedicata a investimenti, mercati e all’attualità economico-finanziaria. Ogni lunedì, con l’aiuto degli esperti del settore, vengono messi sotto la lente i fatti recenti più significativi e gli appuntamenti che avranno effetti sul medio e lungo termine.
Per respingere le pressioni dei newcomer del fintech ed essere pronti a un’eventuale ingresso nell’industria finanziaria di tech giant come Apple e Google, gli asset manager tradizionali devono muoversi per soddisfare le esigenze digitali dei clienti.
Giro di tavolo con quattro direttori investimenti di altrettante controllate del gruppo BNY Mellon sulle prospettive dell’economia globale, seguendo il fil rouge della «disruption» data delle sfide della politica e della tecnologia.
Dall’avere una visione e un business case digitali allo sviluppo di una “cultura dell’innovazione”, passando per l’adozione tempestiva di tecnologie avanzate e facendo attenzione al problema della cybersecurity, quali sono le diverse tappe del percorso per diventare digital innovator nel settore della gestione del risparmio e dell’investment management?
Iscriviti per ricevere gratis il magazine FocusRisparmio