L’Italia non è la Grecia
A differenza di Atene, il debito tricolore è sostenibile. Ne è convinto Onado (Bocconi), che esclude anche un possibile declassamento da junk delle agenzie di rating. La Troika? “Non è tra gli scenari più probabili”
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Articolo pubblicato su FR MAGAZINE | Dic – Gen 2019 |
Fine dell’era Merkel. L’annuncio è arrivato dopo i risultati delle elezioni regionali in Baviera e Assia, che hanno decretato una forte perdita di consensi della Cdu: Angela Merkel lascerà la guida del suo partito a dicembre e non si ricandiderà alla guida del governo nel 2021.
Una “sorpresa” che arriva proprio a ridosso delle prossime elezioni del parlamento europeo, su cui aleggia il timore del nazionalismo. Tutti elementi che fanno presagire la fine dell’Europa per come la conosciamo. Ma sarà davvero così? “Questo storico cambiamento, dopo circa 20 anni di leadership della cancelliera, avviene al termine di una stagione politica in cui le recenti vittorie elettorali dei partiti cosiddetti populisti hanno alimentato le minacce di tenuta dell’attuale status quo dell’Unione Europea, richiedendo agli attuali leader dei singoli Stati una seria riflessione sulle prospettive concrete di un cambiamento di passo decisivo sul piano politico”, dice a Focus Risparmio Roberto Russo, Ad di Assiteca Sim. Soprattutto per le Borse, visto che gli investitori hanno sempre mostrato una forte sensibilità al tema della stabilità politica, “le prossime elezioni europee rappresenteranno un importante stress test – continua Russo – È ragionevole pensare che le politiche messe in atto nell’ultimo quindicennio dalla maggioranza europea a trazione tedesca verranno messe in discussione da un fronte elettorale propenso a porre l’attenzione su temi di forte attualità, quali per esempio l’immigrazione e il patto di stabilità”.
In questo contesto, l’attuale situazione di incertezza politica in Germania, la forte perdita di consensi del governo Macron in Francia e, su scala mondiale, le ripetute minacce al libero scambio dei beni alimentate dalle politiche sui dazi di Donald Trump, “potrebbero offrire ai leader europei un’opportunità per rivedere in modo più equo la struttura politica ed economica del Vecchio Continente. Basti pensare che tra il 2008 e il 2013 – a cavallo delle due ultime grandi crisi economiche – Italia, Spagna, Grecia e Portogallo hanno perso circa 6 milioni di occupati mentre nello stesso periodo in Germania si è registrato un aumento di 1,9 milioni di unità”, dice ancora l’ad di Assiteca Sim. E dunque, l’attenzione si sposta alla maggioranza che uscirà dalle urne in Europa il prossimo mese di maggio: “da un lato, una necessaria revisione dei processi decisionali europei finalizzata a ristabilire un clima positivo all’interno dell’area Euro anche con il supporto delle politiche monetarie della Bce – conclude Russo – dall’altro, lo spegnersi di pericolosi sentimenti secessionisti, nati come reazione di fronte a comportamenti egemoni di alcuni Stati che hanno imposto con forza i propri privilegi su altri utilizzando la falsa retorica dell’europeismo di facciata”.