Hoozemans (Triodos IM): “Non solo Esg: la stewardship attiva fa la differenza”
18 novembre 2019
di Redazione
7 min
“La sostenibilità è più di un’analisi statica: anche la direzione intrapresa e le intenzioni sono importanti”. L’impact investing secondo Triodos IM
Osservare le società attraverso la lente di 7 temi fondamentali, relativi alla transizione, per andare oltre un approccio basato sui principi Esg e i criteri di esclusione. Ecco che cosa significa impact investing per Triodos Investment Management, società leader del settore operativa a livello mondiale con oltre 4,6 miliardi di euro di asset under management. A spiegarlo, Dirk Hoozemans, gestore del fondo Triodos Pioneer Impact Fund, che mette in guardia dall’utilizzo di un metodo tradizionale basato esclusivamente sui rating, spiegando i vantaggi di una stewardship attiva.
“Un elemento chiave dei nostri fondi azionari e obbligazionari di impact investing è l’adozione di una politica di engagement attiva e di dialogo verso le aziende nelle quali investiamo, con lo scopo di aumentare la loro consapevolezza in materia di sostenibilità, stimolare l’azione e creare un cambiamento positivo e duraturo”, afferma Hoozemans.
Triodos IM gestisce 14 fondi di impact investing, di cui 6 focalizzati su titoli azionari e obbligazionari, noti come Triodos Impact Equities & Bond Funds, e “la stewardship attiva è in quanto tale integrata in ogni singola fase del processo di investimento; comincia dal momento in cui inizia l’analisi della società e si sviluppa in relazioni, che comprendono il dialogo e la partecipazione al voto in assemblea per tutto il periodo in cui la società è inserita nei portafogli e nei fondi di Triodos IM”, aggiunge il gestore olandese.
In quali asset class e settori prevedete di incrementare gli investimenti nei prossimi tre anni?
“Come società di impact investing ci concentriamo sulle soluzioni. Per i nostri fondi di impact investing azionari e obbligazionari selezioniamo aziende che tramite i loro prodotti, servizi o attività contribuiscono attivamente alla transizione verso una società più sostenibile. Nel farlo osserviamo il mondo attraverso la lente di sette temi relativi alla transizione: prodotti alimentari e agricoltura sostenibili, mobilità e infrastrutture sostenibili, fonti rinnovabili, economia circolare, inclusione ed empowerment sociale, innovazione per la sostenibilità, salute e prosperità per le persone. Il nostro modo di vedere il mondo pertanto non corrisponde all’approccio tradizionale del nostro settore, bensì costruiamo un portafoglio bottom-up molto diversificato che tocca tutti e sette i temi della transizione e le varie aree geografiche. Il nostro posizionamento nei vari settori sarà in gran parte il risultato della selezione dei titoli finanziari. Non è quindi possibile dire in quali settori aumenteremo l’esposizione. Una cosa è certa: non sarà nei settori in cui non investiamo, come quello dell’oil & gas”.
Come si spiega il grande successo degli investimenti sostenibili e dei criteri Esg negli ultimi due anni, e che indicazioni dà sul futuro della gestione del risparmio?
“Molti fattori concomitanti hanno contribuito negli ultimi anni ad accrescere il senso di responsabilità e la consapevolezza degli investitori, che si rendono conto che il nostro modo di investire oggi sarà determinante per il futuro. Per esempio, l’investimento sostenibile è sempre più considerato come componente dei doveri fiduciari di un asset manager. Gli investitori istituzionali non sono soltanto responsabili degli aspetti finanziari delle pensioni, ma anche del fatto di poter fruire della pensione in un mondo con una qualità di vita dignitosa. In pratica, assistiamo a un aumento della pressione sociale a mano a mano che le questioni ambientali diventano sempre più preoccupanti. Si potrebbe dire che la necessità di fare passi avanti è oggi più che mai evidente. Ed è riconosciuta da tutti. Non solo dal pubblico, ma anche dai governi e dagli investitori. Per esempio, gli obiettivi di sviluppo sostenibile e l’Accordo di Parigi sono stati ampiamente adottati dai governi e spesso sono presentati come temi di investimento. Siamo convinti che questa situazione perdurerà e non cambierà in futuro. Anzi, ci aspettiamo che con il passare del tempo gli investimenti Esg diventino la nuova norma”.
Quali sono le questioni che interessano maggiormente ai più grandi investitori mondiali per masse in gestione, in questo momento? Che tipo di attenzione e cambiamento sono richiesti dai fondi pensione governativi alle società a cui affidano mandati di gestione?
“Il concetto di cittadinanza d’impresa è sempre più importante, innanzitutto rispetto al senso di responsabilità delle aziende nei confronti della società in generale e delle sfide globali che ci troviamo a dover affrontare. È sempre più normale che le aziende si assumano le proprie responsabilità nell’affrontare queste sfide. E sta diventando sempre più una sorta di licenza ad operare per le imprese, dato che è più difficile mantenere rilevanza e valore senza una visione chiara e un processo attivo per trattare gli aspetti ambientali, sociali e di governance. Non si tratta solo di generare un cambiamento positivo per contribuire a far fronte alle sfide globali. Anche l’assenza di fattori Esg integrati nel proprio day-to-day business causa maggiori rischi di controversie. Soprattutto in quest’era dei media digitali, le controversie possono avere un forte impatto negativo sulla capacità aziendale di creare valore. Va da sé che gli investitori hanno molteplici ragioni per voler investire sempre di più in società sostenibili. Ma nonostante quasi tutti i grandi investitori abbiano ormai la sostenibilità all’ordine del giorno, notiamo che c’è una grande differenza a livello di stewardship attiva. Siamo fermamente convinti che un approccio più attivo possa contribuire ad aumentare il valore per tutti gli stakeholder e a promuovere ulteriormente la transizione sostenibile”.
Molti fondi affermano di considerare i criteri Esg come fondamentali per la salute finanziaria delle società che hanno in portafoglio. In merito a quelle in cui investono o vorrebbero investire, ma che non stanno facendo progressi su questi temi, quali azioni possono introdurre gestori e fondi pensione per spingere le aziende verso un vero cambiamento dei modelli produttivi e di business?
“Tutto comincia avendo in mente una chiara teoria del cambiamento e quali sfide globali si vorrebbero affrontare tramite gli investimenti. Impact investing vuol dire investire in un cambiamento positivo e duraturo. E quando parliamo di investire nel cambiamento, dobbiamo essere in grado di capire e strutturare come possiamo contribuire al cambiamento desiderato tramite l’allocazione di capitale e le interazioni con il mercato e le singole società nelle quali investiamo. È inoltre necessario implementare una pratica logica e coerente di gestione e misura dell’impatto di alta qualità in tutte le società, per cercare di comprendere e migliorare i loro effetti sulle persone e il pianeta. Saper gestire e misurare efficacemente i dati di impatto è fondamentale per consentire agli investitori di comprendere se stanno effettivamente ottenendo l’impatto desiderato.
È altresì fondamentale evitare il cosiddetto greenwashing, effettuando un’analisi rigorosa dei criteri Esg e non un’analisi esclusivamente fondata sui rating. Questi ultimi si basano spesso più sulla qualità del reporting di sostenibilità che sulla qualità dell’effettiva performance di sostenibilità. Per esempio, molte grandi aziende hanno un reparto intero che si occupa di produrre belle pubblicazioni patinate sui loro sforzi di sostenibilità. Inoltre, i rating riflettono le performance passate, in un’ottica retrospettiva. La conoscenza approfondita di una società e della sua strategia fornisce un’immagine più forward-looking, ovvero di come il business si sta evolvendo, su dove, per esempio, la società sta indirizzando le sue risorse e attività di R&S. La sostenibilità è più di un’analisi statica; anche la direzione intrapresa e le intenzioni sono importanti”.
In che modo aziende petrolifere e del gas, compagnie aeree o società come Uber (criticata in passato per la scarsa attenzione al welfare della propria forza lavoro) possono rimanere oggetto di investimento in un mondo in cui gli investitori si preoccupano sempre più di fare progressi in ambito Esg o sugli investimenti a impatto?
“Il costo del capitale e la facilità di accesso al capitale sono già oggi inferiori per le società che si comportano correttamente, dato che gli investitori le percepiscono come meno rischiose. I mercati riflettono questa tendenza con spread inferiori sui titoli obbligazionari delle aziende sostenibili e con multipli azionari più elevati. Sempre più spesso gli investitori si basano sulle attività aziendali per assumere le decisioni sugli investimenti e la domanda si sposta da “sussistono rischi Esg?” a “questo investimento offre opportunità Esg?”. Adottando una corretta politica di engagement, gli investitori stabiliranno sempre più un dialogo con le aziende non solo per mitigare il rischio Esg, ma anche per sottolineare l’importanza di una buona amministrazione del capitale da parte delle imprese, spostando le loro attività nella giusta direzione (più sostenibile)”.
"Oggi i prodotti catalogati come sostenibili sono il 30% delle masse a livello mondiale. Per questo abbiamo elaborato un metodo per valutare strumenti Esg e Impact"
Questi i temi della International Media Conference 2019 di Londra. Gli asset manager avvertono: “Nei prossimi 10 anni tutte le asset class avranno ritorni più bassi”
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