La propensione al risparmio delle famiglie inizia a calare
Stesso trend in Italia e in Europa, dove il tasso di risparmio scende ma resta comunque a livelli record. Nel secondo trimestre aumentano il reddito disponibile e i consumi degli italiani
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La fine dell’incubo Covid si inizia a intravedere, ma il risparmio resta una pietra miliare per gli italiani che contano sul ‘gruzzoletto’ per essere più tranquilli in caso di imprevisti. Resta infatti al 45%, molto alta seppure in live calo rispetto al 2020, la percentuale di italiani che sono riusciti ad accumulare con facilità risparmi negli ultimi 12 mesi, guardando soprattutto al futuro. Lo rivela l’ultima indagine “Gli Italiani e il Risparmio”, realizzata dall’Acri con Ipsos e pubblicata alla vigilia della 97esima Giornata Mondiale del Risparmio, dalla quale emerge anche una rinnovata propensione a investire quanto accantonato.
La cautela continua comunque a caratterizzare il periodo e si evidenzia nella crescita della propensione al risparmio per i prossimi dodici mesi: il 22% del campione Ipsos dichiara di aver intenzione di risparmiare di più e il 52% nella stessa misura dello scorso anno.
Sempre in tema di risparmio, più della metà degli italiani dichiara di riuscire ad accantonare del denaro senza troppe rinunce (53%), sebbene questa percentuale sia in flessione rispetto allo scorso anno (58%), complice anche l’andamento dei consumi, soprattutto dei beni di prima necessità, che distolgono le risorse familiari dal risparmio, oltre a dinamiche inflazionistiche. Oggi, sottolinea la survey Acri-Ipsos, per le famiglie italiane, risparmiare significa da una parte “tranquillità” (45%, seppur in lieve flessione rispetto allo scorso anno, 46%), sentendosi autonomi qualora dovesse emergere la necessità di far fronte a imprevisti, e dall’altra “poter aprire una finestra sul futuro” (33% vs 30% nel 2020).
Dal rapporto emerge poi un ritorno della propensione all’investimento (dal 35% al 37%) e anche se il 61% del campione dichiara di preferire la liquidità, la percentuale è in calo rispetto al 63% dello scorso anno. Scorporando il dato di chi investe, però, viene fuori che il 28% dedica all’investimento solo una piccola quota dei suoi risparmi, contro il 9% (dall’8% del 2020) che invece vi destina la maggior parte.
Il campione analizzato predilige inoltre strumenti meno rischiosi: per il 90% (dato invariato sul 2020) il conto corrente è la soluzione preferita, mentre diminuiscono tutte le altre voci: le azioni passano dal 10% al 9%, i fondi comuni d’investimento dal 15% all’11% e i fondi pensione e assicurazioni Vita dal 27% al 23%.
In controtendenza però la propensione al rischio, che invece aumenta, visto che si risveglia la preferenza per gli strumenti finanziari più rischiosi: 21% dal 13% di 12 mesi fa. Tra coloro che hanno potuto investire si conferma stabile la quota di chi sceglie il mattone (32%) mentre scende la quota di chi opta per strumenti finanziari più sicuri in particolare titoli di Stato (al 28% dal precedente 33%). Si conferma e si rafforza rispetto allo scorso anno, infine, la percentuale di coloro che intravedono un legame importante tra risparmio e crescita economica del Paese.
Non tutti però hanno potuto mettere soldi da parte. Il 19% degli italiani nell’ultimo anno (contro il 16% del 2020) non è riuscito a risparmiare, ma ha addirittura fatto ricorso a quanto accumulato (15%) o a prestiti (4%). Si conferma, quindi, una certa polarizzazione: se le famiglie in difficoltà sono stabili (18%), si riducono quelle che sono riuscite a risparmiare e prevedono di risparmiare nei prossimi 12 mesi (35% vs 41% nel 2020), lasciando spazio a famiglie che si trovano in una situazione “un po’ in bilico (famiglie che galleggiano)”. Secondo il report, un 38% delle famiglie negli ultimi 2 o 3 anni ha mantenuto facilmente il tenore di vita, e un 13% addirittura lo ha migliorato. Per contro, il il 39% ha fronteggiato difficoltà e rinunce, e il 10% ha dovuto prendere atto di un peggioramento. Un quinto delle famiglie dichiara di essere stato colpito direttamente dalla crisi negli ultimi 12 mesi, trovandosi a dover gestire la perdita del posto di lavoro (12%) o condizioni retributive peggiori (10%).
Cresce anche l’associazione tra risparmio e senso di sacrificio (23% vs 21% nel 2020), seppur meno rilevante, soprattutto tra le famiglie che sono in difficoltà. Rimane sempre molto alto, per quanto in decrescita rispetto allo scorso anno, il numero di famiglie che potrebbe sostenere spese impreviste per 1.000 euro (79% vs 82% nel 2020), mentre il 42% (dato stabile rispetto allo scorso anno e in crescita rispetto al passato) non avrebbe problemi anche qualora le spese impreviste corrispondessero a 10.000 euro.
“È in atto una vera e propria polarizzazione della società italiana, che ha radici antiche ma che è stata acuita dalla crisi economica e sociale innescata dalla pandemia – ha sottolineato il presidente dell’Acri, Francesco Profumo -. Chi riusciva ad accumulare risparmi prima della crisi ha continuato a farlo in maniera crescente anche in anni di incertezza e chiusure di attività. Chi è andato in crisi non riesce a risalire. Uno scenario di cui dobbiamo tenere conto nel tracciare il futuro”.
Dopo aver toccato il minimo nel 2016, l’anno dopo la risoluzione delle quattro banche dell’Italia centrale che colpì molti obbligazionisti, schizza ai massimi da vent’anni la fiducia degli italiani nella tutela del risparmio da parte delle leggi e dei controlli da parte delle autorità di vigilanza. Il 50% del campione ritiene infatti che regole, leggi e controlli siano efficaci (44% l’anno scorso e 26% nel 2016) mentre l’altro 50% ritiene la protezione del risparmio in Italia ancora non efficace. Il giudizio positivo non era mai stato così alto nel campione Acri/Ipsos.
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