Esg, opportunità e necessità per economia reale e risparmio gestito
La sostenibilità diventa la stella polare negli investimenti. Il tema al centro della puntata che conclude il ciclo di conferenze che ha raccontato la rivoluzione del risparmio
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Quanto sono sostenibili le scelte d’investimento compiute dagli asset manager in Europa?
L’Associazione europea dei gestori di fondi (Efama) da una risposta a questo quesito con il primo report dedicato al tema dal titolo “Sustainable investment in the european asset management industry: defining and sizing Esg strategies”.
Secondo lo studio a fine 2019 le strategie d’investimento delle società di gestione basate su criteri Esg rappresentano un totale di 10,7 trilioni di euro, vale a dire il 45% del patrimonio totale gestito preso in considerazione.
La ricerca, spiega Efama, si basa su un panel di prodotti e gestori appartenenti a 16 Paesi europei (Italia inclusa) per una copertura totale di circa 12,5 trilioni di euro per quanto riguarda le gestioni collettive (i fondi comuni) e 11,4 trilioni afferenti a mandati di gestione. A livello pratico l’Associazione europea si è avvalsa della collaborazione delle associate nazionali e della società di consulenza strategica Indefi.
Secondo lo studio gli asset manager europei perseguono due tipologie di selezione Esg: la prima basata sui principi di esclusione per alcuni tipi di investimento, l’altra sull’integrazione sistematica ed esplicita dei rischi e delle opportunità Esg nel processo decisionale di allocazione.
“Quello basato sull’esclusione di certi emittenti – spiega Efama – è uno degli approcci più basilari delle strategie Esg”: quasi un terzo degli asset trattati nel rapporto applica questa strategia. Quella basata sull’integrazione Esg è invece la strategia di selezione più diffusa, con poco più del 37% degli Aum totali analizzati che seguono questo approccio.
“La ricerca conferma che viene seguita un’ampia varietà di approcci di investimento sostenibile, dimostrando la necessità di esercitare cautela nel quantificare la dimensione reale del mercato Esg europeo”, spiega Tanguy van de Werve, direttore generale dell’Efama.
Una terza via alle due di cui sopra è rappresentata dall’engagement, vale a dire un approccio attivo nei confronti dell’emittente su cui si è investiti. Le attività gestite secondo tale criterio sono 10,2 trilioni di euro, che rappresentano oltre il 43% del patrimonio complessivo.
“Facendo seguito ai nostri risultati sul mercato istituzionale, questa analisi conferma che l’Europa ha voltato pagina in termini di investimenti sostenibili. L’ampiezza delle pratiche e il livello di innovazione osservati nel nostro settore dimostrano che gli asset manager stanno abbracciando un nuovo panorama competitivo in cui la sostenibilità non sarà più un’opzione di cui si può fare a meno”, sostiene Richard Bruyère, managing partner di Indefi.
Prendendo in considerazione i prodotti anziché i gestori la musica cambia di poco: le strategie di selezione Esg includono in questo caso quattro diversi approcci: esclusione, integrazione Esg, prodotti a tema sostenibilità e Impact investing. L’integrazione Esg è la strategia di selezione più comune a livello di prodotto in Europa. In totale, 3,9 trilioni di euro di attivi vengono gestiti in questo modo, rappresentando circa il 16% del patrimonio totale di fondi comuni e mandati di gestione.
Nel futuro gli sforzi sul tema sostenibilità segneranno sempre più l’evoluzione dell’industria in sede europea. Secondo Efama per il completo sviluppo di un mercato europeo dei prodotti Esg sarà necessario ridurre il data-gap garantendo un reporting dei dati Esg affidabile e comparabile da parte delle aziende emittenti e al contempo aumentare la trasparenza attraverso appropriate informative da parte dei gestori.
Come ultimo punto, ma non certo per importanza, Efama menziona l’importanza di un’Esg label europeo che eviti la proliferazione di etichette ecologiche nazionali: “L’Associazione si impegna a sostenere gli sforzi intrapresi per chiarire quali investimenti possono essere considerati sostenibili, garantendo al contempo una flessibilità sufficiente a sostenere il contributo dell’industria al finanziamento della transizione verde attraverso collaborazione e innovazione”, conclude van de Werve.
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