Secondo Ubp i nuovi stimoli fiscali rischiano di penalizzare gli investitori obbligazionari. Loomis Sayles vede rosa per il segmento investment grade
Per i bond a stelle e strisce sembra tirare una brutta aria. Colpa del nuovo maxi pacchetto di stimoli fiscali annunciato dall’amministrazione Biden che, se da un lato ha fatto da supporto per le azioni globali, dall’altro rischia di penalizzare gli investitori nell’obbligazionario globale.
“I rendimenti privi di rischi Usa hanno superato il livello dell’1,5% per la prima volta dall’inizio della pandemia globale – osserva Norman Villamin, chief investment officer wealth management di Union Bancaire Privée -. In assenza di un nuovo shock della domanda negli Stati Uniti o nell’economia globale, i rendimenti statunitensi sembrano aver iniziato almeno una risalita ciclica e si rafforza la fiducia che l’obiettivo della Fed di un’inflazione del 2-2,5% sia raggiungibile. Per gli investitori obbligazionari, questo significa probabilmente che un ulteriore aumento dei rendimenti è probabile verso l’area del 2% (supponendo che la Fed continui a puntare a rendimenti negativi aggiustati per l’inflazione) con il rischio verso il 3% se dovesse essere in gioco una funzione di reazione più normale”.
Gli investitori nel segmento del credito hanno trovato un po’ di riparo con la compressione degli spread. Anche lo spostamento della curva dei rendimenti del dollaro è stato prezioso e un contesto più stabile dei tassi in Cina ha offerto un riparo dalla volatilità dei tassi d’interesse del dollaro attraverso le obbligazioni sovrane cinesi. “Lo stimolo fiscale – prosegue Villamin – ha rafforzato quella che è già stata una solida stagione degli utili per le società statunitensi ed europee, dove i ricavi hanno battuto le aspettative di oltre il 2% così come i guadagni che hanno superato le attese del 16-21%. Le revisioni degli utili in tutte le parti del mondo continuano a salire e ci aspettiamo che l’accelerazione proseguirà anche nel secondo trimestre 2021. Anche se l’aumento dei tassi sarà un vento contrario per gli elevati multipli p/e delle azioni, riteniamo che il contesto di accelerazione degli utili a livello aggregato ma anche di singole aziende e settori dovrebbe offrire agli investitori che guardano alla metà dell’anno opportunità di selezione tra i titoli azionari”.
Insomma, se la Fed dovesse cedere completamente il testimone alle autorità fiscali e permettere ai rendimenti a lunga scadenza di normalizzarsi adeguatamente, a detta dell’esperto potrebbe essere difficile per le società sia americane che globali generare utili sufficienti a compensare la potenziale compressione del p/e. “Di conseguenza – avverte -, le strategie di protezione proattiva dovrebbero essere in futuro la base dei portafogli degli investitori”.
Infine, sebbene il contesto di crescita dei rendimenti abbia offerto una pausa temporanea al più ampio mercato ribassista del dollaro, secondo Villamin con la spesa fiscale statunitense destinata ad accelerare ancora, c’è da aspettarsi una nuova pressione sul biglietto verde. “Questo- conclude – favorirà la nostra esposizione all’euro, alla sterlina e al renminbi, nonché al dollaro australiano tra le valute cicliche”.
Gli esperti del team corporate investment grade di Loomis Sayles (Natixis IM) sono più ottimisti e vedono rosa per il segmento investment grade nei prossimi mesi, a patto di saper selezionare i nomi giusti. “Pur riconoscendo come le valutazioni possano sembrare ‘piene’ su base storica – scrivono -, pensiamo che gli spread investment grade abbiano la possibilità di continuare a restringersi leggermente all’interno di uno scenario di ripresa. Prevediamo che il mercato investment grade beneficerà della diffusione dei vaccini, del miglioramento dell’economia e di un ulteriore sostegno fiscale. Crediamo anche che assisteremo ad un miglioramento graduale, ma costante, dei fondamentali del credito, dato che le società si stanno concentrando sulla riparazione dei propri bilanci”.
Anche la solidità della dinamica domanda/offerta dovrebbe rappresentare un ulteriore sostegno. L’emissione di corporate bond potrebbe diminuire significativamente nel corso del 2021 dopo il record dell’anno scorso e per gli esperti gli investitori continueranno ad essere presenti sul credito statunitense, che attualmente offre rendimenti relativamente più alti rispetto ai mercati sviluppati in Europa e Asia.
Quanto ai settori da privilegiare, quelli colpiti dalla pandemia continuano ad offrire uno spread aggiuntivo rispetto al mercato, ma anche gli spread delle obbligazioni degli emittenti maggiormente colpiti si sono notevolmente ristretti. “Crediamo che la selezione del credito rimanga fondamentale – avvertono – e preferiamo quei crediti che mostrano una liquidità superiore della media e profili di scadenza gestibili. La nostra attenzione, tuttavia, si sta spostando su ciò che le aziende faranno con la liquidità e il debito accumulati. Al momento privilegiamo aziende e settori che stanno mostrando l’intenzione e la capacità di risanare i propri bilanci. Le agenzie di rating hanno mostrato una certa indulgenza per tutto il 2020, optando per un approccio attendista in molti casi, ma ci aspettiamo che adottino una linea più rigorosa nel corso di quest’anno”.
Tre i principali rischi da monitorare: quelli legati a diffusi e significativi lockdown in giro per il mondo sulla base dell’aumento dei contagi, quelli relativi ad uno stimolo ulteriore sotto la presidenza Biden che si possa rivelare minore rispetto alle attese e possibili delusioni per quanto riguarda l’esecuzione dei piani vaccinali oppure un’efficacia dei vaccini stessi inferiore alle attese. “Anche se il cammino di ripresa si dispiegherà secondo le aspettative, le aziende potrebbero non riuscire a portare avanti la riduzione della leva finanziaria in un contesto economico in miglioramento e con un’ampia liquidità – concludono da Loomis Sayles -. In particolare, una potenziale rinascita di fusioni e acquisizioni potrebbe rallentare il risanamento dei bilanci e portare ad un flusso di nuove emissioni più alto del previsto”.
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