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Nella riunione del Coreper (il comitato dei rappresentanti permanenti) l’astensione di Italia, Germania e altri Paesi ha impedito di raggiungere una maggioranza qualificata. Ora si riduce la finestra temporale per completare l’iter legislativo
Fumata nera sulla Direttiva sulla due diligence di sostenibilità delle imprese (Corporate sustainability due diligence directive, o Csddd). Sul testo di compromesso sulla direttiva, infatti, non è stata raggiunta una maggioranza qualificata nel cosiddetto Coreper, il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio dell’Unione europea, che si occupa dei lavori preparatori sui dossier legislativi.
A bloccare l’accordo nella votazione, già reduce da due rinvii, alcuni Paesi che non hanno dato voto favorevole: un primo annuncio di astensione della Germania era stato seguito da altri, tra cui l’Italia e altri Paesi più piccoli. L’annunciata astensione di Germania e Italia aveva già fatto saltare il voto in precedenza. In base alle regole europee, un’astensione vale di fatto a un voto contrario, perché per l’approvazione è necessario il voto favorevole di almeno 14 stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Ue.
La presidenza di turno belga del Consiglio europeo, che si era spesa favorevolmente per l’approvazione della direttiva, ha espresso il suo disappunto in una dichiarazione ufficiale: “Il testo di compromesso finale della direttiva sulla due diligence in materia di sostenibilità aziendale (CSDDD) è stato presentato per l’approvazione agli Ambasciatori presso il Coreper. Nonostante gli sforzi della Presidenza, non è stato trovato il sostegno necessario (voto a maggioranza qualificata). Ora dobbiamo valutare lo stato delle cose e vedremo se è possibile affrontare le preoccupazioni sollevate dagli Stati membri, in consultazione con il Parlamento europeo”.
Più netta la posizione della rapporteur del Parlamento, l’olandese Lara Wolters, esponente del Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici. In questo modo, ha tuonato Wolters, “le società europee hanno il diritto di sfruttare bambini, di distruggere foreste, ma soprattutto il diritto di non dover affrontare domande e di rimediare agli errori”. L’eurodeputata ha lamentato “il cinismo degli attuali sviluppi e ha definito il mancato appoggio alla direttiva “oltraggioso”.
Il mancato accordo è in effetti particolarmente preoccupante, perché il tempo a disposizione non gioca a favore della direttiva. Ottenere un voto questa settimana sarebbe stato essenziale per la presidenza di turno belga al Consiglio Ue, in modo da poter ottenere l’approvazione definitiva del testo prima delle elezioni europee di giugno. Man mano che il voto si avvicina il margine di manovra si assottiglia.
Una direttiva chiave nel quadro di finanza sostenibile Ue
Assieme alla Csrd e alla Sfdr, la direttiva costituisce un tassello essenziale nel quadro di finanza sostenibile dell’Unione europea. In concreto, la Csddd definisce gli obblighi delle grandi società relativamente agli impatti negativi effettivi e potenziali sui diritti umani e sull’ambiente delle loro attività, delle loro filiali e di quelle svolte dai loro partner commerciali. La direttiva definisce anche norme in materia di sanzioni e responsabilità civile in caso di violazione di tali obblighi e impone alle imprese di adottare un piano che garantisca che il loro modello di business e la loro strategia siano compatibili con l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Il suo ambito di applicazione dovrebbe comprendere le società di grandi dimensioni con oltre 500 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 150 milioni di euro.
Lo stato dell’arte
Svezia, Finlandia ed Estonia hanno espresso timori sull’impatto della direttiva e non si sono dimostrate propense a sostenere il testo. Per raggiungere una maggioranza qualificata occorrerebbe un cambiamento di posizione di tali Paesi, o che un Paese tra Italia e Germania voti a favore. Al momento, l’unico dei tre grandi Paesi che sostiene il testo è la Francia. La finestra per finalizzare il processo legislativo però si sta riducendo sempre di più: la sessione plenaria a Strasburgo di aprile è l’ultima occasione per ratificare un testo di compromesso e ottenere poi l’approvazoine finale dai ministri dei Paesi Ue.
Nel caso in cui il processo non si sblocchi in tempi brevi, occorrerà aspettare la prossima legislatura (con i lavori che non inizieranno prima del prossimo autunno, dopo l’assegnazione delle commissioni) per ottenere l’approvazione della direttiva.
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