Fed, i mercati soppesano il “Whatever it takes” in salsa americana
La mossa di Powell mette a nudo le preoccupazioni sul ciclo economico e non è una buona notizia per le banche. Ecco cosa dicono i gestori
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Lo storno repentino di lunedì 24 febbraio è stato il primo episodio di cinque giorni di forte correzione in cui i mercati hanno vissuto la peggiore delle settimane dal 2008: l’S&P 500 ha infatti perso l’11,4% e l’Euro Stoxx 50 il 12,3%. E proprio come non accadeva dal 2008, nei giorni successivi al fallimento di Lehman Brothers e mentre il mondo finanziario era sul baratro, la Fed ha tagliato a sorpresa, cioè al di fuori di una riunione programmata, i tassi di interesse statunitensi di mezzo punto. Il costo del denaro scende così all’1-1,25%, nella speranza di Jerome Powell e colleghi che la prima dose di vaccino targata Federal Reserve serva a sostenere l’economia.
Powell ha anche ribadito che i fondamentali dell’economia Usa “restano solidi” e che il taglio è stato deciso per sostenerla e assicurare che resti forte dal momento che l’epidemia ha “cambiato materialmente l’outlook”. Ma soprattutto ha garantito che la “Fed farà la sua parte per mantenere l’economia solida” di fronte al coronavirus, assicurando di essere pronto a usare gli strumenti a sua disposizione e ad agire in modo appropriato.
Secondo il team di gestione di La Financière de l’Echiquier al momento sono tre gli scenari possibili e quello più probabile sta nel mezzo, con le banche centrali e i governi pronti intervenire massicciamente. Quanto ai portafogli, finora a reagire meglio è stato l’equity emergente e anche il mercato del credito ha dimostrato un’estrema resilienza.
“L’accelerazione della diffusione del Covid-19 fuori dalla Cina, in Italia in particolare, ha riacceso il rischio di una pandemia fino a quel momento scartato dagli investitori. Al di là delle reazioni emotive legate al virus stesso si è temuto, soprattutto, il moltiplicarsi di chiusure e quarantene nelle economie sviluppate contro le quali ogni intervento delle banche centrali e dei governi poteva sortire un’efficacia soltanto limitata. Inoltre, l’assenza inizialmente di una risposta coordinata da parte delle autorità (come dimostrano le dichiarazioni poco incisive dei funzionari della Banca Centrale Europea a metà settimana) ha lasciato i mercati in preda al dubbio”.
“Sui mercati azionari dei Paesi sviluppati il ribasso è stato generalizzato, a prescindere dai settori o dalle aree geografiche. Così, i titoli growth sui quali cominciava a pesare il rischio di una bolla non hanno perso di più rispetto al resto del mercato. Ciononostante, è giusto sottolineare che le azioni dei mercati emergenti, in particolare in Asia, hanno resistito meglio visto che i nuovi casi di Covid-19 sono in aumento nel resto del mondo ma in costante diminuzione in Cina. Inoltre, la People’s Bank of China è intervenuta molto rapidamente. Sul fronte obbligazionario, i rendimenti dei Paesi ritenuti ‘sicuri’ hanno registrato una flessione contrariamente a quelli dei Paesi periferici, come l’Italia e la Grecia, orientati al rialzo anche se finora si erano allineati sulla traiettoria dei Paesi core. Il mercato del credito ha dimostrato estrema resilienza benché i segmenti con rating più bassi non siano sfuggiti al movimento di avversione al rischio”.
“La banca centrale cinese per prima ha annunciato misure di sostegno all’economia cui iniziano ora a fare seguito anche le altre. Per quanto riguarda le misure di stimolo sono pochi gli annunci concreti in questa fase benché si debba sottolineare che la Germania, poco abituata a questo tipo di interventi, sta considerando ‘misure aggiuntive’ in caso di un forte shock economico. Le politiche molto accomodanti consentono infatti agli Stati di disporre delle risorse necessarie per attuare dei piani di stimolo”.
“Tre gli scenari possibili. Quello più cupo, ma anche il meno probabile, consisterebbe in un’accelerazione tale dei contagi dal dovere attuare misure drastiche quali la chiusura massiccia di aziende, il blocco dei trasporti o la chiusura addirittura totale o parziale delle frontiere. Questo scenario provocherebbe sicuramente un forte shock sui mercati e gli asset a rischio finirebbero per essere violentemente impattati in un primo momento anche se, alla fine, le banche centrali e i governi interverrebbero.
Possiamo anche immaginare uno scenario diametralmente opposto, ottimistico quindi, in cui la diffusione del virus rallenterebbe bruscamente nelle prossime settimane grazie alle misure di controllo attuate e all’innalzamento delle temperature con l’approssimarsi della primavera. Il rischio di una pandemia sarebbe così escluso e l’unica cosa importante da fare consisterebbe in un corretto dosaggio delle misure di sostegno all’economia per compensare la frenata del primo trimestre.
Il nostro scenario sta nel mezzo. Non ci sembra ragionevole scommettere su un rapido rallentamento dell’epidemia dato che parecchie incognite rimangono, riferite sia al virus che alla sua possibile evoluzione. Riteniamo tuttavia che, superata l’ondata di panico, il pragmatismo dovrebbe tornare a prevalere. Il Covid-19 sarà una spina nel fianco cui l’economia dovrà abituarsi, senza però fermarsi. Saranno messe in atto misure puntuali e progressive per limitarne la diffusione, soprattutto tra le persone più fragili. Le banche centrali e gli Stati, che stanno già iniziando ad annunciare alcune misure, interverranno a sostegno delle attività economiche. Tra l’altro, le terapie sono in fase di studio, non bisogna dimenticarlo. Nell’immediato, dobbiamo rimanere pazienti di fronte al perdurare della volatilità. Siamo tuttavia convinti che la via d’uscita da questo momento di stress ci sarà suggerita dalle autorità, con acquisti progressivi che potrebbero essere pertinenti. Di certo, le banche centrali e i governi non permetteranno che le condizioni finanziarie si deteriorino a dismisura”.