Usa-Cina, torna il panico. “In realtà è una tech war”
6 maggio 2019
di La redazione
4,30 min
Trump annuncia dazi contro la Cina e affonda le Borse. Ma per Murray di Hermes Im, le attuali tensioni nascondono in realtà una tech war, in cui Pechino è nettamente in vantaggio
Eoin Murray, head of investment di Hermes Investment Management
Sono bastati due tweet domenicali del presidente Usa, Donald Trump, per mandare a picco le Borse di tutto il mondo. Proprio mentre gli analisti davano ormai a un passo l’accordo con Pechino, che nella migliore delle aspettative avrebbe dovuto chiudersi già venerdì prossimo, l’inquilino della Casa Bianca ha annunciato dazi al 25% sull’import di 200 miliardi di dollari di beni “made in China” che dovrebbero scattare proprio venerdì.
Immediata la reazione degli investitori. L’Europa ha aperto la settimana in profondo rosso con Milano giù del 2,05%, Francoforte in calo dell’1,63% e Parigi che cede l’1,95% (Londra è chiusa per festività). Ancora peggio in Asia, dove le perdite sono state pesantissime: il Composite di Shanghai ha terminato lasciando sul terreno il 5,58%, mentre Shenzhen è sprofondato del 7,38%. E un lunedì nero si prospetta anche a Wall Street, dove i future sul Dow Jones perdono oltre 400 punti, mentre quelli dello S&P 500 crollano dell’1,6%. In calo dell’1,5 quelli sul Nasdaq. A New York infine affonda anche il petrolio, giù di oltre 2 punti percentuali.
Ma davvero il nodo sono realmente acciaio, Jack Daniels e semi di soia? A chiederselo è Eoin Murray, head of investment di Hermes Investment Management, secondo cui le attuali tensioni nascondono invece una tech war, dove uno dei due contendenti è chiaramente in vantaggio. “Credo che la risoluzione a questa guerra tecnologica (camuffata) sarà un modo per guadagnare tempo – spiega -, in attesa di modeste concessioni cinesi che permetteranno al presidente Trump di affermare che la seconda economia più grande del mondo si è arresa alla prima. In realtà, non sarà altro che una soluzione temporanea, che tratterà di sfuggita una serie di questioni ancora da risolvere”.
“In primo luogo – sostiene l’esperto -, anche se gli Stati Uniti d’America rimangono molto divisi, sembra invece esservi concordanza sulla minaccia rappresentata dalla tecnologia cinese. Nessuno ha ancora spiegato come ciò sia una questione di sicurezza, ma la legge nazionale cinese sull’intelligence afferma che le organizzazioni ‘sostengono, cooperano e collaborano nel lavoro di intelligence nazionale’. Ai più alti livelli dei governi occidentali si teme che se le reti 5G saranno interamente realizzate o dipendenti dalla tecnologia cinese, le informazioni di natura sensibile potrebbero essere potenzialmente accessibili ai cinesi. Pechino, inoltre, sarebbe semplicemente in grado di spegnere l’interruttore, qualora decidesse di farlo. In breve, gli Stati Uniti hanno paura del terrorismo tecnologico”.
“Il secondo problema – aggiunge – è relativo all’arretratezza rispetto ai cinesi, promotori del cambiamento e del progresso in ambito tecnologico. La Cina è decisamente avanti rispetto al resto del mondo con lo sviluppo della tecnologia 5G. Trump, infine, è ancora dubbioso sulla posizione da tenere con il cfo di Huawei (e figlia del fondatore), Meng Wanzhou, arrestata in Canada e in attesa di estradizione negli Stati Uniti. Le conseguenze politiche e giuridiche a lungo termine di qualsiasi azione, o inazione, si faranno sentire sia negli Stati Uniti sia in Cina”.
“In patria, Trump è consapevole di dover dimostrare ai propri elettori di essere ancora un uomo d’affari e in grado di definire un accordo con la Cina nell’ambito dei negoziati commerciali per assicurarsi la rielezione e, perlomeno, salvare la faccia – prosegue l’analisi -. Non vi è dubbio che dovrà fare delle concessioni, ma non sappiamo ancora quali saranno. Da parte sua, la Cina è un caso unico nel suo genere e continuerà la sua avanzata. Si tratta di un mercato isolato, sotto molti punti di vista, e controllato a livello centrale. Vi sono prove che le autorità di regolamentazione stiano cercando di spingere sulla creazione di credito per dare slancio all’economia, come fatto nel 2016”.
Insomma, per Murray grazie al dominio nello sviluppo della tecnologia 5G, la Cina ha preso in mano il futuro e sta correndo. “E anche se la guerra tecnologica può essere nascosta in bella vista con le sembianze di una guerra commerciale, le linee d’azione sono già profondamente definite e una parte sembra aver già superato l’altra”.
La guerra commerciale ha interrotto i flussi di scambio, ma una migliore crescita e segnali di ottimismo per un accordo potrebbero far cambiare alla Fed la linea accomodante nel breve periodo. La view di Legal & General Im
"Il miglioramento delle rilevazioni Pmi globali e dei dati cinesi hanno creato migliori prospettive per la domanda complessiva di materie prime". La view di NN Investment Partners
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