Zitiello: “Action Plan Ue ben impostato, ma vediamo come sarà l’implementazione”. Il processo prosegue, ma in Consiglio ci sono divisioni su alcuni criteri per la classificazione
Luca Zitiello, managing partner dello studio Zitiello Associati
L’Unione europea punta a diventare la prima giurisdizione a definire un quadro legislativo per gli investimenti green e sostenibili.
Lo scorso anno la Commissione europea ha pubblicato un Action Plan volto a finanziare la crescita sostenibile con dieci azioni chiave, a partire dalla definizione di una tassonomia delle attività che possono ricevere il bollino di sostenibilità. Sono state pubblicate le prime proposte legislative, assieme a una roadmap sulle azioni da intraprendere, che oltre alla definizione del processo di classificazione delle attività sostenibili e alla creazione del bollino di sostenibilità per i prodotti green riguardano anche il miglioramento dei requisiti di trasparenza nel corporate reporting e l’inclusione dei criteri di sostenibilità nei requisiti prudenziali di banche e assicurazioni.
L’obiettivo è quello di indirizzare sempre maggiori investimenti verso attività sostenibili, per agevolare la trasformazione dell’economia europea in un sistema più “verde”, più resiliente e circolare, e di raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi.
“Anche se il finanziamento pubblico resterà vitale per la transizione green, non può pagare da sola il massiccio conto che questo impegno comporta. Dobbiamo anche promuovere i capitali privati e spingere sugli investimenti ecosostenibili”, ha dichiarato il vice presidente della Commissione Valdis Dombrovskis.
A grandi passi verso il futuro
Il processo sta andando avanti. A inizio 2019 sono state emanate nuove bozze di integrazione dei regolamenti delegati di MiFID 2 e Idd, con la proposta di integrare i fattori Esg nei servizi di consulenza e gestione patrimoniale individuale; successivamente è stato approvato un testo di compromesso tra Parlamento Ue e Consiglio sulla definizione dei benchmark per indirizzare gli investimenti verso attività.
L’Esma è stata invitata, assieme ad altre authority, a esprimere un parere tecnico e alla fine di un round di consultazioni ha pubblicato (lo scorso febbraio) il suo technical advice, in cui esprime l’idea che gli intermediari siano tenuti a chiedere ai clienti delle loro preferenza in materia ambientale, sociale e di governance e tenerne conto nella valutazione dei prodotti da raccomandare.
Poi il gruppo di esperti tecnici nominato dalla Commissione (High-Level Expert Group on Sustainable Finance – HLEG, ndr) ha presentato il suo report sulla tassonomia, con i criteri metodologici per la definizione dei criteri di sostenibilità ambientale, che dovrebbero aiutare gli investitori che vogliono investire in attività ecosostenibili ad assumere decisioni informate e a evitare il pericolo di “greenwashing”, cioè il fenomeno di etichettare come verdi prodotti che in realtà non lo sono. Il report raccomanda anche una serie di requisiti di disclosure sui criteri Esg per i gestori dei benchmark, incluso l’allineamento agli obiettivi degli Accordi di Parigi.
Zitiello: “Piano OK, ma attenzione al rischio di «infiltrazioni»”
“La mia opinione personale è che il piano sia bene impostato, perché il processo è abbastanza trasversale e prende in seria considerazione le ricadute sulle normative più importanti del settore, a partire da MiFID 2, anche se ovviamente occorrerà vedere come procederà con l’implementazione”, commenta Luca Zitiello, managing partner dello studio Zitiello Associati.
È particolarmente importante, secondo l’avvocato, che funzionino bene i meccanismi per evitare il greenwashing, perché il pericolo di una cattiva applicazione della normativa è molto alto. “Intanto c’è il tema della complessità di stabilire cosa sia davvero Esg, che viene affrontato per la tassonomia, e di chi decida che un prodotto abbia davvero le caratteristiche per rientrare nella categoria degli investimenti sostenibili. Il rischio che ci siano degli «infiltrati» c’è, anche perché ci sono pressioni molto forti: per un prodotto fa una differenza enorme riuscire a rientrare nella categoria, perché ci sono in ballo investimenti molto consistenti”, commenta Zitiello.
Un aspetto importante da sottolineare per Zitiello riguarda come verranno trattate le singole voci di sostenibilità cioè ambiente, sociale e governance. “Non è detto che le tre cose debbano essere collegate. Il tema ambientale ha una sua autonoma dignità e non è detto che un investimento ecosostenibile abbia un impatto a livello sociale in senso stretto. E il tema governance è trasversale, anzi dovrebbe essere a presidio per il raggiungimento degli obiettivi nel sociale e sull’ambiente, quindi avrebbe senso tenerlo distinto”, argomenta l’avvocato. Che spiega: “Nel documento dell’Esma si legge come il discorso sulla governance si estenda anche ai possibili conflitti, quindi tocchi anche i temi della product governance, delle modalità di profilazione del cliente, del target market, dell’adeguatezza”.
Per questo, aggiunge, “hanno fatto bene le autorità a dettare dei final report sulle varie regolamentazioni, non solo MiFID 2 ma anche sui settori paralleli del risparmio gestito in foma collettiva (UCITS e AIFMD), nonché sulle polizze assicurative (Solvency II)”.
Tempi ancora lunghi. Il rebus tassonomia
Zitiello sottolinea che il processo per l’implementazione dell’Action Plan sta proseguendo abbastanza velocemente, anche se i tempi sono ancora lunghi.
Dopo due round di negoziazioni a porte chiuse lo scorso mese, si segnalano ancora differenze di vedute all’interno del Parlamento e del Consiglio sulle modalità per definire i criteri della tassonomia degli investimenti sostenibili, inclusi i tipi di player finanziari cui dovrebbe applicarsi e in quali settori dell’energia possano essere emessi strumenti che possano potenzialmente fregiarsi dell’etichetta di investimento sostenibile.
Il Consiglio per esempio ha votato per reinserire il nucleare come forma di energia pulita, scatenando le reazioni contrarie di alcuni Paesi tra cui la Germania, l’Austria e il Lussemburgo. Ma Dombrovskis non è parso impensierito: “Riguardo alle differenzi posizioni in Consiglio, credo che la tassonomia dovrebbe essere basata su criteri scientifici, technology-neutral e coerenti e che debba essere sviluppata da un processo trasparente. Siamo felici di vedere che gli Stati membri condividono questo senso di urgenza sullo sviluppo della tassonomia e mi auguro che europarlamentari e Stati membri giungano a un accordo entro fine anno”.
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