L’inflazione non fermerà l’azionario
Villeroy de Galhau (Bce) rassicura sulla politica monetaria. Ubs non vede rischi nel breve per l’equity, più interessante ora che il rapporto prezzo/utili è tornato ragionevole
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Niente paura, l’azionario resta un buon affare nonostante sui mercati l’allarme inflazione stia suonando da un po’ di tempo. E il merito è della sorprendente stagione di trimestrali appena archiviata e della prossima che si annuncia ancora più rosea. Ne è convinto Michele Morganti, senior equity strategist di Generali Investments, secondo cui i profitti aziendali, insieme al persistente supporto dei bassi rendimenti reali, aiuterà a compensare le minacce ai multipli di mercato derivanti dai maggiori costi di approvvigionamento e le azioni potranno continuare indisturbate a sovraperformare le obbligazioni.
“Con oltre il 90% delle aziende che hanno pubblicato i risultati relativi al primo trimestre, la reporting season in corso ha mostrato una crescita annuale molto elevata e sorprese relative ai margini aziendali superiori alle aspettative. La leva operativa sta funzionando, nonostante i prezzi di approvvigionamento più elevati”, spiega Morganti, secondo cui la crescita trimestrale degli utili dovrebbe accelerare ulteriormente, con il picco nel secondo trimestre 2021 (le aspettative su base annua sono del 62% per gli Stati Uniti e del 117% per l’Europa).
A guidare le sorprese rispetto alle attese del mercato sono stati i titoli finanziari e i ciclici. “I settori che hanno battuto il consensus appartengono in particolare al segmento value – fa notare -: finanziari ed energia, in cui manteniamo ancora una posizione overweight. Indirettamente ciò potrebbe anche fornire una sovraperformance dell’area euro, la cui economia sta ora accelerando. L’indice Emu è più orientato verso lo stile value, mentre gli Usa più verso il growth. Anche le valutazioni europee, inferiori a quelle statunitensi, e il posizionamento degli investitori dovrebbero aiutare”.
L’apprezzabile impulso degli utili, a detta dello strategist, aiuta insomma a compensare le minacce ai multipli di mercato derivanti dalle crescenti aspettative d’inflazione. “Con le aspettative di crescita dei prezzi al consumo e la salita ‘ordinata’ dei tassi a 10 anni (come da nostra previsione), le azioni possono continuare a sovraperformare le obbligazioni, a condizione che i tassi a 10 anni non superino significativamente la soglia del 2,2-2,5%”.
Di qui, le modifiche apportate ai portafogli. “Abbiamo aumentato l’esposizione ai beni di prima necessità in cui vediamo revisioni degli utili in salita. Ciò servirebbe da copertura (in termini di performance relativa) mentre ci avviciniamo al picco degli indicatori di fiducia”, afferma Morgante, per il quale il continuo supporto politico, le buone sorprese macro e la leva operativa stanno guidando le forti revisioni degli utili che sostengono il rally azionario dall’inizio dell’anno.
“Attualmente il consenso risulta ampiamente corretto nel prevedere una crescita degli utili molto elevata per quest’anno e per il 2022 – analizza -. Ciò manterrebbe i rendimenti totali dell’azionario in territorio positivo nonostante un probabile calo dei Pe: saranno infatti gli utili a fare il lavoro determinante”, aggiunge precisando di prevedere per il comparto azionario rendimenti totali di circa il 5% in 12 mesi.
Per Morgante l’Unione europea, più ciclica e con un beta più elevato rispetto ai tassi di interesse, dovrebbe sovraperformare rispetto agli Stati Uniti grazie a un posizionamento degli investitori ancora contenuto, valutazioni più economiche, tassi in rialzo e solide sorprese macroeconomiche. “In Europa, la crescita annuale del secondo trimestre dovrebbe mantenersi a livelli molto elevati, anche se non in accelerazione. Detto questo, con la riapertura dell’economia è probabile che persistano revisioni positive. La ripresa dei margini è sostenuta dall’aumento nell’utilizzo nella capacità produttiva, dall’indebolimento dei costi unitari del lavoro e dall’aumento della spesa in deficit. Ovviamente, l’euro più forte non è di buon auspicio per lo slancio degli utili dell’Area rispetto agli Stati Uniti, ma l’attuale accelerazione delle esportazioni globali e la maggiore natura ciclica dei titoli europei dovrebbero per ora compensare quest’aspetto”, conclude.
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