2020 nel segno del risparmio gestito. Tutti i numeri di un anno da ricordare
Dalla Mappa trimestrale di Assogestioni i dati definitivi: sottoscrizioni per oltre 30 miliardi per le gestioni collettive e record per il patrimonio dell’industria
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Per i sottoscrittori italiani di fondi comuni d’investimento è stato un 2020 all’insegna del rischio consapevole e controllato. Come emerge dalla Mappa trimestrale diffusa da Assogestioni, le preferenze degli investitori si sono orientate verso la categoria Azionari che ha messo a segno nell’anno una raccolta netta totale di 18,8 miliardi, il doppio rispetto ai 9,4 miliardi entrati nei fondi obbligazionari e gli 8,1 miliardi assorbiti dai fondi bilanciati.
Un atteggiamento verso l’asset class più rischiosa per antonomasia che non è proprio quello che ci si sarebbe aspettato nel corso di una pandemia e di una delle recessioni economiche più gravi delle ultime decadi. A favorire questa propensione, come più volte sottolineato, sono stati i consulenti finanziari di casa nostra che – dati Assoreti alla mano – hanno contribuito alla crescita dei fondi aperti per 21,1 miliardi di euro nell’intero anno.
Il lavoro dei consulenti ha fatto sì che la crescita della componente azionaria nei portafogli dei sottoscrittori italiani fosse però a rischio controllato, seguendo le regole base della diversificazione. Sempre secondo Assogestioni, le categorie più gettonate nel 2020 sono state quelle Azionari Internazionali (+7,6 miliardi) e Azionario Paese (+1,7 miliardi) con una preferenza netta verso i mercati emergenti (+1,3 miliardi) e Azionari Pacifico (+1,1 miliardi).
Al 31 dicembre l’esposizione dei portafogli azionari verso la categoria Internazionali era la più alta all’interno della classificazione Assogestioni (6,5%) seguita dall’Azionario Usa, Europa e mercati emergenti.
Hanno chiuso l’anno con una buona raccolta anche i fondi settoriali (più di 5 miliardi, all’interno dei quali spicca il comparto Azionari Salute con 1,9 miliardi), seguiti dai Bilanciati azionari (1,5 miliardi). L’interesse per la diversificazione geografica e settoriale ha penalizzato i comparti più concentrati sull’Italia, in misura minore, e sull’Europa o sull’Eurozona, di più.
Se l’euro non ha fatto breccia nei portafogli degli investitori azionari, altrettanto non può dirsi per quelli obbligazionari, sia a breve che a lungo termine. Nel tratto breve della curva, il monetario, i fondi in euro vedono flussi per 5,3 miliardi (a fronte di 193 milioni raccolti dai fondi in dollari) mentre sul tratto lungo i flussi di denaro sono stati intercettati in misura maggiore dagli Obbligazionari in euro a medio e lungo termine (2,5 miliardi) e dai corporate Investment Grade (+1,7 miliardi).
Gli Obbligazionari in dollari chiudono l’anno con un bilancio positivo, ma a causa della debolezza del biglietto verde nella seconda parte dell’anno, i flussi sono stati dirottati dagli investitori verso gli Obbligazionari governativi internazionali (+1,3 miliardi) che assicurano maggior diversificazione, e quelli dei Paesi emergenti (+1,5 miliardi).
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