Nessun taglio: la Fed chiede pazienza. Ecco perché
2 maggio 2019
di La redazione
5 min
Per gli esperti di Aberdeen Standard Investment e State Street, Powell è alle prese con il ‘tiro alla fune’ tra una solida crescita e un’inflazione debole, che non esclude una riduzione dei tassi nel medio termine
Come previsto, nella riunione del primo maggio la Fed ha lasciato invariati i tassi di interesse, nell’intervallo compreso tra il 2,25 e il 2,5% e ha confermato che l’attuale atteggiamento attendista.
Il presidente Jerome Powell ha puntualizzato come il fatto che l’inflazione resti al di sotto del target della Banca centrale del 2% non indichi una debolezza a livello generale dell’economia. Le cause dietro al recente indebolimento delle pressioni al rialzo sui prezzi potrebbero infatti a suo dire dimostrarsi transitorie.
Il numero uno dell’Istituto ha quindi gettato acqua sul fuoco delle speculazioni degli investitori che hanno ipotizzato un possibile taglio dei tassi di interesse da parte del Fomc entro la fine dell’anno. “Nel complesso, l’economia continua su un trend solido e il Fomc ritiene che l’attuale atteggiamento di politica monetaria sia appropriato”, ha affermato Powell, precisando di non vedere motivi validi, al momento, per muovere il costo del denaro verso il basso o verso l’alto.
Luke Bartholomew, investment strategist di Aberdeen Standard Investment
Il messaggio è chiaro, secondo Luke Bartholomew, investment strategist di Aberdeen Standard Investment. “La Fed si mantiene saldamente sulla corsia lenta. La questione principale di questo incontro riguardava la probabilità che la Fed tagliasse presto i tassi e per ora sembrerebbe intenzionata a rimanere con le mani in mano – spiega -. Per ora va bene. Possono giustificare il non fare nulla con dati economici forti e condizioni finanziarie più semplici, controbilanciati da un’inflazione più debole”.
Inflazione, variabile da “attenzionare”
“Ma se l’inflazione rimarrà invariata o peggiorerà – avverte l’esperto -, allora ci sarà un momento in cui la Fed dovrà giustificare il motivo per cui non sta tagliando i tassi. Alcuni policy maker hanno segnalato l’inflazione di fondo dell’1,5% come un livello cruciale che potrebbe giustificare un allentamento della politica monetaria, e siamo già piuttosto vicini a questi livelli. L’ultima cosa che la Fed vuole è essere vista esitare sul suo dichiarato impegno verso la simmetria della politica monetaria, in particolare nel contesto della revisione che la Fed sta intraprendendo”.
Lee Ferridge, responsabile multi asset strategy per le Americhe di State Street Global Markets
Dello stesso parere gli esperti di State Street. Per Lee Ferridge, responsabile multi asset strategy per le Americhe di State Street Global Markets, “il principale messaggio politico che la Fed continua a promuovere è di pazientare, in quanto le condizioni finanziarie estremamente generose (l’indice National Financial Conditions della Fed di Chicago è ai minimi storici) sono in contrasto con i dati relativi alle attività miste e con il calo dell’inflazione, fattori che lasciano la Fed in una situazione di stallo”.
Se, prosegue il gestore, “da un lato il mercato è sempre più concentrato su una potenziale virata verso l’inflazione target – che potrebbe portare un taglio dei tassi, dall’altro, la Banca Centrale non mostra alcun segnale di un cambiamento del quadro di riferimento nel breve termine. Con una certa sorpresa, la Fed ha deciso di abbassare il tasso Interest on Excess Reserves (IOER) di cinque punti base. Il consenso aveva previsto che questa decisione sarebbe stata presa durante il meeting di giugno, e tuttavia, questo taglio non deve essere interpretato erroneamente come una riduzione dei tassi di interesse. Questa è stata una decisione di natura tecnica, un tentativo di abbassare il Fed Funds Effective Rate e di allontanarlo dal range più alto al quale si è avvicinato recentemente. Tutto questo non ha praticamente avuto alcuna influenza sui mercati. Le azioni hanno goduto di un forte slancio a inizio anno e il messaggio della Fed non dovrebbe sconvolgere tale trend. Tuttavia, i mercati Forex del G10 stanno cercando in tutti modi di ottenere delle indicazioni e il mantra attendista della Fed avrà nuovamente poche possibilità di cambiare questa situazione”.
Il tiro alla fune tra crescita e inflazione
Sophia Ferguson, senior portfolio manager di State Street Global Advisors
“Il Comitato si trova di nuovo ad affrontare una situazione di ‘tiro alla fune’ tra una solida crescita e un’inflazione debole – aggiunge Sophia Ferguson, senior portfolio manager di State Street Global Advisors -. Dopo il meeting di marzo, i dati sono rimbalzati, suggerendo che nel 2019 la crescita rimarrà al di sopra del potenziale. Tuttavia, le recenti comunicazioni hanno chiarito il fatto che non ci troviamo più in un ciclo di inasprimento monetario a causa del calo delle pressioni sui prezzi e della volontà di tollerare un contesto di inflazione lontana dal target che regna sovrano. Pertanto, non prevediamo che la Fed si troverà a ridurre i tassi di interesse per via dei timori legati a un rallentamento della crescita che spinge verso la recessione e, quindi, la linea d’azione più probabile sembra il mantenimento dei tassi di interesse invariati. Rimane il rischio che una riduzione dei tassi nel medio termine possa essere necessaria per sostenere l’economia, data una dissipazione degli stimoli fiscali più rapida del previsto, ma è anche necessaria una significativa revisione al ribasso delle previsioni economiche per giustificare questo percorso. Tuttavia, se l’inflazione dovesse rimanere moderata, il mercato è pronto a scontare 25 punti base nel 2019 e una duration tatticamente rialzista dovrebbe portare a maggiori performance nei mesi estivi”.
Antoine Lesné, responsabile strategia e ricerca Emea di SPDR ETFs
“Nonostante la sorpresa al rialzo dei dati del Pil del primo trimestre divulgati la scorsa settimana – conclude Antoine Lesné, responsabile strategia e ricerca Emea di SPDR ETFs -, la debolezza dell’inflazione core continua a legittimare la scelta della Fed di mantenere i tassi invariati, monitorando l’andamento delle attività economiche d’ora in avanti. Gli effetti dello stimolo stanno svanendo e le condizioni monetarie meno accomodanti, come la riduzione del bilancio, potrebbero continuare a pesare sulla crescita economica. La fine della normalizzazione e la ripresa dell’espansione del bilancio saranno accompagnate da un rapido incremento dell’attenzione. Nel frattempo, la forza relativa dei dati dell’Eurozona potrebbe aver esercitato pressioni sul dollaro. Questo contesto generale potrebbe essere positivo per i mercati del debito in valuta locale dei mercati emergenti, fattore che dovrebbe anche indurre gli investitori a privilegiare le parti della curva statunitense da 1 a 3 anni e quella da 7 a 10 anni”.
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