Da imprenditore a gestore, l’evoluzione dello Stato-Italia
Con rendimenti alettanti e premi fedeltà il Tesoro lancia un’opa sul risparmio privato degli italiani, un ritorno all’era “Bot people”. Ma a che prezzo?
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Per l’Italia è più conveniente finanziarsi attraverso l’emissione di nuovi titoli di Stato come i nuovi BTP Italia e Futura, o attraverso le risorse europee come Mes o Recovery fund?
Dopo la conclusione delle aste per il BTP Italia, lo scorso mese, Bloomberg confrontava i costi dell’emissione e quelli relativi a una linea di credito con il Mes. Così recita l’analisi della testata internazionale riportata dall’agenzia Ansa: “Il Btp Italia costerà all’Italia, con il suo tasso dell’1,4%, interessi per 1,561 miliardi di euro nei cinque anni della sua durata. Una linea di credito con il Mes di analogo importo, godendo di un tasso dello 0,1%, sarebbe costata ai contribuenti italiani 111,5 milioni in interessi nei primi cinque anni del prestito. La differenza di 1,45 miliardi è il prezzo scaricato sui cittadini delle tensioni politiche con l’Europa sul Mes, che i partiti populisti usano come una clava per dipingere le istituzioni di Bruxelles intente a tentare di minare la sovranità nazionale”.
In un recente report, Generali Investments analizza le diverse strade alternative che si prospettano di fronte all’Italia: “Tra la riluttanza a scegliere la linea di credito del Mes e la bassa probabilità che lo European Recovery fund inizi a funzionare prima dell’autunno, l’Italia deve guardare ad altre fonti di finanziamento. A maggio il Tesoro ha emesso con successo il BTP Italia, incassando 14 miliardi di euro da investitori retail. Questa rappresenta, tuttavia, solo una piccola parte del fabbisogno finanziario complessivo dell’Italia nel 2020, stimato in almeno 330 miliardi di euro”, spiega Florian Späte, senior bond strategist di Generali Investments.
In seguito, il Ministero del Tesoro italiano è divenuto più innovativo. All’inizio di luglio emetterà un nuovo titolo denominato BTP Futura: contrariamente al BTP Italia, questo sarà dedicato esclusivamente agli investitori retail italiani e non vi sarà alcun limite all’importo investito. Il rendimento sarà collegato al tasso di crescita nominale dell’Italia.
Come spiegato dal professor Mario Seminerio a FocusRisparmio in un’intervista della scorsa settimana, il BTP Futura è “un prodotto che ha l’ambizione di attrarre i risparmiatori e contenere gli oneri per le casse pubbliche”.
È del medesimo parere Späte di Generali Investments, ma è più cauto sul successo che questo strumento potrebbe riscontrare fra gli investitori al dettaglio: “Le condizioni allettanti mirano a rafforzare l’importanza di investitori domestici meno sensibili al rischio. Si potrebbe pertanto ottenere una base di investitori più stabile e un rischio inferiore di deflussi di capitale in periodi di crisi. Diversamente, se le famiglie italiane fornissero una timida risposta e fossero meno disponibili a utilizzare i risparmi domestici per acquistare titoli di stato, l’iniziativa potrebbe rivelarsi controproducente”.
Sul fronte opposto c’è l’Europa, con Mes, giudicata un’opzione più immediata, e Recovery fund, più in là da venire.
A fine maggio la Commissione Europea ha pubblicato la sua proposta sul Recovery fund, creato all’interno del 2021-2027 MFF, il budget settennale dell’Unione. L’elemento essenziale è un fondo di emergenza da 750 miliardi (5,6% del Pil dell’Eurozona), chiamato Next Generation EU. Lo scopo del fondo è quello di “sfruttare il pieno potenziale del bilancio dell’Unione Europea per mobilizzare gli investimenti e anticipare il supporto finanziario nei primi anni della fase di ripresa”.
La Commissione emetterà debito sul mercato pari a 750 miliardi ed erogherà 2/3 di quanto raccolto (500 miliardi) sotto forma di grants (trasferimenti) e 1/3 (250 miliardi) sotto forma di prestiti ai singoli paesi. Il volume delle emissioni per finanziare il Recovery fund è oltre dieci volte superiore a quanto emesso finora dalla Commissione (circa 70 miliardi). Il Recovery fund, però, non è una risorsa cui l’Italia potrà attingere in maniera immediata poiché erogherà i fondi in gran parte tra il 2021-2024. Il debito verrà emesso con varie scadenze e verrà rimborsato tra il 2027 e il 2058.
Per l’Italia, alcune simulazioni parlano di circa 87 miliardi di trasferimenti e 91 miliardi di prestiti, in totale 178 miliardi, quasi il 10% del Pil. Alcuni critici hanno sottolineato che è un numero che sembra grande, ma inadeguato alle esigenze italiane: i prestiti (91 miliardi) andranno comunque restituiti per intero; e, comunque, l’Italia dovrà contribuire con la sua quota (pari a 55 miliardi) per il rimborso del debito contratto dall’Unione Europea a fronte dei 500 miliardi di trasferimenti. Questo lascerebbe un beneficio netto di “soli” 32 miliardi (la differenza fra 87 e 55 miliardi), pari a poco meno del 2% del PIL, che, “spalmato” su 7 anni, equivale allo 0,3% per anno.
Ma per Alberto Foà, presidente di AcomeA Sgr, questo pessimismo appare fuori luogo per almeno tre ragioni:
“Prima ragione è che il debito verrà rimborsato dopo il 2027 ed entro il 2058, di certo non a breve e comunque ben oltre l’utilizzo dei fondi stessi. In secondo luigi La Commissione ha l’opzione di ri-emettere il debito in scadenza. In quel caso, l’Italia continuerebbe a contribuire per la sua quota degli interessi posticipando il momento in cui versare la sua quota per il rimborso del capitale. Visto che presumibilmente la Commissione si finanzierà a tassi vicini allo zero, stiamo parlando di cifre irrisorie. Terzo e ultimo punto, l’Italia potrebbe risparmiare qualora decidesse di finanziarsi presso la Commissione piuttosto che sul mercato. Il differenziale tra l’emissione oggi di un Btp a 20 anni e di un titolo della Commissione si potrebbe aggirare intorno a 150 punti base (1,5%), che su un di 91 miliardi equivalgono a un risparmio di circa 1,4 mld all’anno”.
Come usare i soldi del fondo. Oltre al risparmio finanziario, Foà ritiene che per l’Italia ci sia l’occasione di “fare tesoro degli insegnamenti di altri paesi europei che da anni hanno messo in piedi vere e proprie task force per assicurarsi che i fondi vengano utilizzati tempestivamente e in pieno”.
L’asset manager chiosa con una speranza: “[grazie al Recovery fund] riusciremo a darci una strategia e a mettere insieme un piano di medio periodo per realizzare quelle infrastrutture di cui si parla sempre, per impostare la scuola, la ricerca e la formazione per fare fronte alla competizione internazionale, un piano idro-geologico di tutela del nostro territorio, per migliorare la sanità, digitalizzare la giustizia e la pubblica amministrazione, e migliorare la viabilità e la rete ferroviaria al Sud. Sono queste le vere questioni che il Recovery Fund pone alla nostra classe dirigente. Risorse per investimenti pari al 10% del Pil costituiscono un’opportunità epocale, che non va sprecata”.