Energia alle stelle: le ripercussioni sui portafogli
Per Iggo (Axa Im), la corsa di petrolio, gas e carbone non è temporanea. E per gli investitori è ora di ridurre gli investimenti nei carburanti fossili. L’azionario? Serve prudenza
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Il recente aumento dei prezzi del gas ha portato con sé un’ondata di preoccupazione sui mercati: quando l’energia rincara, storicamente produce un aumento dell’inflazione. Tuttavia, fanno notare da Ethenea, le banche centrali di tutto il mondo non sembrano essere preoccupate della situazione, che ritengono che gli attuali picchi siano solo temporanei. “Per la politica monetaria, in questo momento la priorità è superare il crollo dell’occupazione e dell’attività economica causato dalla pandemia da coronavirus”, afferma Volker Schmidt, senior portfolio manager di Ethenea. “Pertanto, al momento gli alti costi dell’energia dovrebbero incidere limitatamente nelle decisioni delle banche centrali relative ai tassi d’interesse”. Inflazione e tassi d’interesse sono inoltre soltanto due fattori tra i tanti di cui tenere conto nel determinare l’andamento dei rendimenti delle obbligazioni a lungo termine. Il possibile aumento dei tassi d’interesse a lungo termine, ad esempio per i Treasury americani a 10 anni o i Bund tedeschi, è tuttora limitato grazie ai programmi di acquisto di asset delle banche centrali.
La crisi energetica resta un fattore di rischio da monitorare, secondo Vincent Chaigneau, Head of Research di Generali Investments. “Sono in gioco questioni strutturali: gli investimenti nelle energie rinnovabili risultano essere troppo lenti, mentre negli ultimi anni si sono ridotti i capitali per gli investimenti nei combustibili fossili, soprattutto per quanto riguarda l’estrazione del petrolio. Questo può creare squilibri tra domanda e offerta nel breve (cosa succederebbe se il tempo diventasse improvvisamente molto freddo?) e medio termine”, spiega Chaigneau. Poiché la transizione energetica si dimostra complessa, la domanda di energia fossile, specialmente di gas naturale – meno “sporco” del carbone e del petrolio – può crescere, specialmente in Asia. In generale, “l’aumento dei prezzi delle materie prime è tossico per l’economia e i mercati, per almeno tre motivi: assottiglia sia i margini delle aziende che il potere d’acquisto dei consumatori, e può richiedere una stretta più veloce e audace per quanto concerne la politica monetaria. Tutto ciò richiede un’allocazione di portafoglio più prudente o un hedging significativo”.
Quel che è certo, che questa crisi impone investimenti più poderosi nella transizione energetica, riflette Mark Lacey, head of global resource equities di Schroders. “Il rialzo dei prezzi di gas ed elettricità ha monopolizzato le cronache nelle ultime settimane. L’Europa appare al centro della tempesta, sebbene non sia l’unica area ad aver visto un brusco rialzo dei prezzi. Anche la Cina sta patendo una carenza energetica, al punto da aver dovuto razionare le forniture energetiche in alcune province”, spiega Lacey. Sottolineando che molti dei fattori che hanno guidato questa dinamica sono strutturali e, soprattutto in Europa, non è facile intervenire sui prezzi rapidamente. Gran parte del rialzo è dovuto alle carenze nella fornitura di gas naturale.
Il problema, spiega, è che il gas naturale è stato visto a lungo come fonte da usare nella fase intermedia della transizione, perché produce la metà delle emissioni prodotte dal carbone. Ma dati i dubbio sul suo impiego nel lungo termine – dove si punterà di più su fonti ancora più pulite – non sono stati compiuti investimenti adeguati. E i bassi prezzi degli anni passati hanno fermato o sospeso molti progetti di LGN (gas naturale liquefatto). Infine, anche le scorte a livello globale sono basse, spiega Lacey.
“La carenza nella disponibilità di gas sta coincidendo adesso con un incremento della domanda. Le recenti chiusure delle centrali elettriche a carbone e il meteo sfavorevole stanno producendo un impatto sulle altre fonti di produzione energetica”. Ci vorrà un po’ di tempo per risolvere la situazione. “Il giacimento di gas di Groningen in Olanda, una delle maggiori fonti di gasi in Europa, ha ridotto fortemente la produzione nell’ultimo decennio, a causa dei rischi sismici determinati dalle perforazioni. L’Europa si è trovata così a essere molto dipendente dalla Russia per la fornitura di gas, ma le scorte russe sono state svuotate, assieme a quelle di altre parti del mondo”. Non solo, aggiunge Lacey: il gasdotto Nordstream 2 sta ancora aspettando l’approvazione europea, pertanto “è difficile che i volumi di gas del gasdotto arrivino in Europa per la fine di quest’anno”. Il peggio è che sembra improbabile che l’eolico possa fare molto per risolvere il quadro, sospira l’esperto di Schroders.
Ma cosa sta accadendo in risposta al caro-energia? E quali sono le conseguenze nei vari Paesi? Da Ethenea argomentano che, in generale, “sia i consumatori sia le aziende la cui produzione dipende fortemente dall’uso di energia hanno una protezione almeno temporanea contro l’aumento dei prezzi, grazie a contratti a lungo termine o di copertura”, spiega Schmidt. “Il fattore decisivo per loro sarà la durata dei sovracosti dell’energia, perché a un certo punto anche il contratto più duraturo scadrà”.
Tuttavia, ci sono evidenti differenze a livello di Paese. “In Italia, Grecia e Francia, i consumatori ricevono già il sostegno del governo, mentre la Spagna ha fissato i prezzi dell’energia per l’energia idroelettrica e nucleare prodotta a livello nazionale, ha sospeso le tasse sull’energia e quindi ha frenato l’aumento dei prezzi attraverso la regolamentazione del Governo”. Ma altrove, come in Regno Unito, la situazione attuale è particolarmente drammatica. Il produttore di fertilizzanti CF Industries ha dovuto addirittura chiudere i suoi impianti nel Regno Unito a causa della crisi energetica, salvo poi essere convinto dal governo a riaprire.
Al momento è difficile capire quali aziende stiano beneficiando degli sviluppi e quali stiano soffrendo, riflette Schmidt. Per i fornitori di energia in particolare, la situazione è complicata. Da un lato, le società di servizi vogliono offrire ai loro clienti i prezzi più bassi possibili e competitivi, il che depone a favore dei contratti a breve termine tra le società di servizi e i produttori di elettricità quando i prezzi sono bassi. D’altra parte, i contratti a lungo termine con i produttori sono importanti per le utility per fare calcoli affidabili. Ma se una utility è rimasta legata a un livello di prezzo troppo alto per troppo tempo, sarà superata dai concorrenti che hanno effettuato coperture a breve termine in caso di un calo dei prezzi.
“In sintesi, allo stato attuale, le obbligazioni emesse dalle società del settore energetico difficilmente rappresentano un investimento interessante”, dice Schmidt. “I proprietari di reti elettriche o di gas, per esempio, oggi non pagano premi di rischio interessanti. Gli investitori li considerano giustamente a basso rischio” ma ci sono ovviamente le condizioni di debolezza indotte dalla crisi, che possono avere effetti diversi sulle varie società. Il rischio principale, sostiene Schmidt, è la perdita potenziale di uno o più clienti. Mentre “i chiari vincitori dell’attuale crisi energetica sono le società di estrazione del gas e del petrolio così come i produttori di elettricità pura, compresi i produttori di elettricità a carbone, che sono legittimamente criticati per motivi di sostenibilità se hanno dei depositi di carbone di proprietà”. In Germania, questo vale solo per i produttori di elettricità a base di lignite, perché il carbone fossile non viene più estratto, ma importato. In ogni caso, l’elettricità da carbone in Germania ha sostituito le energie rinnovabili come fonte energetica più importante durante la prima metà del 2021.
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