2 min
Articolo pubblicato su FR MAGAZINE | Ago – Set 2018 |
Il welfare integrativo di secondo pilastro registra un aumento degli iscritti del 6,1% su base annua, ma per migliorare ulteriormente l’inclusione è necessario diffondere la cultura della previdenza complementare. Le evidenze della Relazione Covip per il 2017
7,6 milioni di aderenti alle varie forme pensionistiche complementari, in crescita del 6,1% rispetto all’anno precedente per un totale di circa 8,3 milioni di posizioni in essere; risorse accumulate per 162,3 miliardi di euro, in aumento del 7,3% su base annua, che rappresentano il 9,5% del Pil e il 3,7% delle attività finanziarie delle famiglie italiane; un rendimento medio annuale superiore al 3% negli ultimi anni, con i costi più bassi in assoluto. Sono alcuni dei numeri più significativi contenuti nella relazione annuale sull’attività svolta nel 2017 dalla Covip – Commissione di vigilanza sui fondi pensione e casse di previdenza.
A oltre dieci anni dalla riforma della previdenza complementare l’Autorità attesta dunque il buon livello di crescita del settore. Alla fine del 2017, i fondi pensione in Italia sono 415: si tratta di 35 fondi negoziali, 43 fondi aperti, 77 piani individuali pensionistici (PIP), 259 fondi preesistenti e Fondinps. Dal dettaglio dei dati emergono numeri importanti soprattutto per i fondi negoziali, con 2,6 milioni di aderenti – cresciuti del 12% negli ultimi tre anni grazie all’adesione automatica per via contrattuale in alcuni settori delle relazioni industriali – e oltre 49 miliardi destinati alle future prestazioni.

Pertinenti al settore del risparmio gestito sono i dati sull’allocazione degli investimenti effettuati dai fondi pensione, che rispetto agli scorsi anni mostra una tendenza alla maggiore diversificazione tra tipologie di titoli. A fine 2017, la quota degli investimenti in titoli di Stato è pari al 41,5% e diminuisce di cinque punti percentuali rispetto all’anno precedente; per circa due terzi la diminuzione è imputabile ai titoli di stato italiani, la cui quota a fine 2017 è pari al 22,7%. Sono invece aumentate le quote degli investimenti in altri titoli di debito (pari al 16,6%), dei titoli di capitale (pari al 17,7%) e degli OICR (pari al 14,4%).
Sulla strada di un pieno sviluppo dell’inclusione previdenziale di secondo pilastro non mancano tuttavia gli ostacoli. Pesano il grado di inclusione nel mercato del lavoro e le diseguaglianze economiche e sociali, con la previdenza complementare che non coinvolge ancora la maggioranza della popolazione e riguarda meno di un terzo dei lavoratori (il 28,9%). In particolare, i giovani rimangono ai margini della previdenza integrativa (gli under-34 rappresentano appena il 19% degli iscritti). Resta inoltre il problema dei capitali da investire: gli importi versati sono insufficienti per ottenere una pensione integrativa adeguata e aumenta il numero di coloro che ha interrotto la contribuzione: si tratta di 1,8 milioni di iscritti (il 23,5% del totale).
Situazione paradossale, se si considera che i rendimenti dei fondi pensione sono migliori rispetto all’opzione di mantenere in azienda il TFR: il rendimento medio al netto dei costi di gestione e della fiscalità è stato del 2,6% per i fondi negoziali e del 3,3% per i fondi aperti, a fronte di una rivalutazione del TFR al netto delle tasse dell’1,7%.
In un periodo di osservazione più ampio (2008-2017), il rendimento netto medio annuo composto dei fondi pensione negoziali è stato del 3,3% e quello dei fondi aperti del 3%, sempre superiore rispetto alla rivalutazione del TFR, che è stata pari al 2,1%. Per questo risulta fondamentale diffondere alla collettività dei potenziali aderenti tramite apposite iniziative di EduFin l’importanza di costruirsi in tempo utile un secondo pilastro pensionistico, ancora non del tutto conosciuto.