Banche, tre rischi e un’opportunità dello stop ai dividendi
Secondo i gestori se il congelamento si protraesse le implicazioni negative non si farebbero attendere. Ma per gli istituti si profila l’occasione di rifarsi una reputazione
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Si apre con un nuovo botta e risposta la prima giornata dell’Ops su Ubi Banca targata Intesa Sanpaolo. L’offerta propone un concambio di 1,7 azioni di Ca’ de Sass per una bergamasca, con il periodo di adesione che si concluderà il 28 luglio. Ma dopo quasi cinque mesi di polemiche e un weekend ricco di piccoli colpi di scena, in questa giornata non poteva mancare l’ennesimo scambio al vetriolo. Il tutto mentre a Piazza Affari, a pochi minuti dal giro di boa, Intesa guadagna il 2,5% a 1,79 euro e Ubi l’1,6% a 3,12 euro. E mentre dalle principali case di gestione arrivano analisi che consigliano ai piccoli azionisti di dire sì a Carlo Messina.
Partiamo dal duello. Dopo l’attesa bocciatura dell’operazione da parte del cda di Ubi e l’aggiornamento del piano industriale con l’inserimento di maggiori dividendi proprio per contrastare l’Ops (840 milioni di euro, circa 330 in più rispetto a quanto previsto a febbraio), stamani la squadra di Carlo Messina ha messo i puntini sulle i. Tre le precisazioni chiave: che le stime sulle sinergie sono superiori a quelle previste da Ubi, che il dividendo offerto è congruo e che acquisendo almeno il 50% del capitale più un’azione di Ubi Banca (soglia di partecipazione di controllo autorizzata dalla Bce), potrà esercitare la maggioranza dei diritti di voto in assemblea e potrà legittimamente nominare un nuovo cda, con la partecipazione di consiglieri indipendenti come previsto dalla legge e dallo statuto bergamasco.
In particolare, secondo Ca’ de Sass “dal Cda di Ubi Banca sulla non congruità del rapporto di cambio dell’offerta, non è stato adottato un approccio omogeneo per Intesa Sanpaolo e per Ubi Banca. Infatti per Ubi Banca – si spiega nella nota – si è fatto riferimento al piano industriale aggiornato, mentre per Intesa Sanpaolo si è fatto riferimento alle stime degli analisti di ricerca pubblicate a seguito della comunicazione dei risultati al 31 marzo 2020. Con questo approccio disomogeneo, da un lato si è valorizzato appieno quanto stimato dal Cda di Ubi senza nessun apprezzamento da parte del mercato e degli analisti di ricerca sulla realizzabilità di tali stime (che tipicamente tiene in considerazione sia le condizioni di mercato sia i risultati passati del management nel raggiungere gli obiettivi prefissati), mentre dall’altro si sono utilizzate le stime riguardanti Intesa elaborate dagli analisti di ricerca”.
Passando ai giudizi tecnici, e terzi, da Equita Sim arriva una delle numerose analisi sulla convenienza dell’Ops per gli azionisti. “Il Cda di Ubi, come prevedibile, rifiuta un’offerta che non si può rifiutare”, sottolineano gli analisti. Il board “ha basato la decisione su opinioni rispettabili che, secondo noi, si scontrano con dati fattuali che avrebbero dovuto portare a conclusioni opposte”. Quanto al prezzo, che per il cda bergamasco non è congruo, “il premio del 28% rispetto al giorno pre-annuncio secondo noi è interessante perché negli ultimi 20 anni il premio medio in operazioni carta contro carta tra banche italiane è stato del 4%. Il Cda ritiene erroneamente che gli azionisti Ubi beneficeranno solo del 10% del valore delle sinergie (vale a dire 320 mln), omettendo di incorporare l’entità del premio garantito dal concambio (1,05 mld), includendo il quale agli azionisti Ubi farà capo il 43% del valore attuale delle sinergie”, spiega Equita.
Per il Cda, proseguono gli esperti, “Ubi ha elevate potenzialità di crescita, anche sulla base dell’aggiornamento del piano industriale”, ma i “dati fattuali” sono che “negli ultimi 10 anni il Rote di Ubi non ha mai superato il 5%, Ubi non ha mai avvicinato i target degli ultimi 2 piani industriali raggiungendo solo il 42%, 11% e 27% dell’obiettivo di utile del 2013, 2015 e 2019 (32% e 40% del target di dividendo del 2015 e 2019). Il mercato difficilmente incorporerà un outlook migliore per Ubi in termini di redditività rispetto a un track-record deludente quindi non sembra emergere spazio per rerating in base ai fondamentali. Le principali alternative strategiche (B.Mps o Banco Bpm) potrebbero portare a rischio diluizione, vista secondo noi la necessità di ricapitalizzazione per almeno 1 mld e/o di garantire un premio alla target (Banco Bpm)”.
La terza tesi del Cda, continuano gli esperti Equita, è che “gli azionisti Ubi che non aderiscono all’offerta sono tutelati dalla legge. Dati fattuali: fermo restando che secondo noi Intesa Sanpaolo non ha interesse a danneggiare gli azionisti di Ubi che non aderiscono all’offerta, le consuete forze di mercato ci portano a pensare che al venir meno dell’Ops il prezzo di Ubi sarà esposto a un rischio di calo a alta doppia cifra causa venir meno del termini dell’offerta, probabile uscita dagli indici del titolo, minor liquidità del titolo e assenza per 12 mesi di un compratore naturale (Intesa Sanpaolo). Gli azionisti di minoranza sono tutelati dalla legge, che però non può proteggerli dalle forze di mercato”. Infine, i target al 2022 aggiornati di Ubi per Equita hanno “un alto rischio di esecuzione perché metà degli utili cumulati deriva da capital gain da vendita di asset, il 74% degli utili è realizzato nell’ultimo anno di piano, la politica del dividendo incorpora un payout medio vicino al 100% (da 40% precedente)”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Kepler Cheuvreux, che ha cambiato la raccomandazione su Ubi (+1,79% a 3,129 euro) da hold ad accettare l’offerta, con prezzo obiettivo che sale da 2,4 a 2,6 euro. Gli esperti vedono un rischio di ribasso del 15% per Ubi standalone, mentre calcolano un 16% di upside a 3,6 euro di valore implicito basato sul target price di Intesa Sanpaolo a 2,11 euro post merger (2 euro il prezzo obiettivo standalone). “Intesa Sanpaolo potrebbe addolcire l’offerta con fino a un 10% di premio cash”, concludono gli analisti.
Gli occhi del mercato restano comunque puntati sui soci, soprattutto dopo che il Patto Car, indicato da molti come il fortino della “resistenza” brasciana, ha perso Mario Cera che venerdì ha presentato le dimissioni dal Comitato direttivo. Una mossa che è stata letta come lo sfaldamento del fronte del no all’Ops, dopo che anche il presidente della Fondazione Banca del Monte di Lombardia, Aldo Poli, ha rilasciato alcune dichiarazioni in cui apre alla valutazione dell’offerta di Intesa. Non va dimenticato che le fondazioni azioniste della banca guidata da Victor Massiah nei giorni scorsi hanno nominato l’advisor Societè Generale Cib per la valutazione degli elementi economico-finanziari dell’Ops proprio in previsione del prospetto di offerta. E hanno affidato al presidente il mandato per gli ulteriori contatti e approfondimenti necessari per le definitive valutazioni, riservandosi la decisione al momento in cui saranno disponibili tutti i necessari elementi.
Polemiche a parte, i possibili scenari dell’Ops sono tre. Se il 28 luglio Messina si ritroverà con il 66,67% di Ubi, il suo piano sarà riuscito e potrà ottenere il controllo dell’assemblea straordinaria procedendo all’incorporazione. Se invece dovesse fermarsi sotto il 50%, dovrà ritirarsi e Bergamo resterà dov’è pagando probabilmente un consistente prezzo in Borsa come previsto dagli analisti, visto che le sue azioni sono da tempo allineate ai termini dell’Ops. Terzo, e più complicato scenario, è quello che vede Intesa fermarsi tra il 50% e il 66,67%, quota che non garantirebbe a Messina il via libera dell’assemblea straordinaria aprendo la strada a lunghe battaglie interne tra i consiglieri di Ca’ de Sass e quelli della vecchia guardia bergamasca.