Colantonio (Anthilia): “Pir alternativi? Un’innovazione necessaria”
La società, forte degli ottimi risultati del suo Pir sulle small cap italiane, valuta il lancio di un Eltif nella seconda parte dell'anno, metà debito e metà equity
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Mattinata all’insegna della debolezza per le Borse europee, con l’indice d’area Stoxx 600 che in tarda mattinata cede oltre mezzo punto percentuale. E per una volta dall’inizio del caos coronavirus non è l’Italia a pagare il prezzo più alto, ma la Germania, con Francoforte che cede lo 0,63% dopo il crollo record della produzione industriale tedesca ad aprile, prima dell’allentamento delle misure di lockdown. E mentre Parigi segna -0,47% e Londra è piatta, in controtendenza spicca Milano con il Ftse Mib che allunga a +0,50%, sopra quota 20mila, (20.291 punti) ed ampiamente su i livelli pre-lockdown mentre l’Istat indica una ripresa del Pil di Roma nel secondo semestre.
Ma andiamo con ordine. Per Berlino stamattina la doccia è stata gelata, nonostante fosse prevista. La produzione industriale ad aprile, prima dell’allentamento delle misure di lockdown, ha infatti registrato un crollo record del 17,9% rispetto al mese precedente. Si tratta del più marcato calo di sempre secondo le serie storiche iniziate nel 1991, peggiore anche delle attese degli economisti che si aspettavano -15,5%. A trascinare l’indice il collasso della produzione auto che ha messo a segno un terrificante -74%.
Lucie e ombre invece in Italia dove l’Istat ha annunciato di prevedere “una marcata contrazione del Pil nel 2020”, con una caduta dell’8,3%, e “una ripresa parziale nel 2021”, stimando un rialzo del 4,6%. Ma i tecnici segnalano anche che gli indicatori disponibili per il mese di maggio mostrano “alcuni primi segnali di ripresa in linea con il processo di riapertura delle attività”. “La ripresa delle attività di produzione e consumo è attesa sostenere – si legge – un miglioramento del clima economico con un effetto positivo sul Pil che, dopo una flessione ulteriore nel secondo trimestre, è previsto in aumento nel secondo semestre dell’anno”.
Raggio di sole cui si aggrappa il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. “I dati Istat confermano le previsioni del governo” e indicano “una possibile ripresa nel terzo trimestre”, con qualche segnale visibile già ora. Per questo “è giusto lavorare intensamente per cogliere la sfida”, ha sottolineato il titolate di via XX Settembre.
L’Istituto, nelle ‘Prospettive per l’economia italiana’, ha però rimarcato anche come “il dilagare dell’epidemia di Covid-19 e i conseguenti provvedimenti di contenimento decisi dal Governo” abbiano “determinato un impatto profondo”. Uno “shock senza precedenti”, la cui quantificazione è connotata “da ampi livelli di incertezza”. Rispetto alle precedenti stime sul 2020 “nel complesso la revisione al ribasso del Pil è stata pari a circa 9 punti percentuali”.
Insomma “il Covid-19 si è manifestato in una fase del ciclo economico italiano caratterizzata da segnali di debolezza”, scrivono i tecnici, ricordando che alla fine del 2019, l’economia italiana “presentava evidenti segnali di stagnazione”. E “nonostante la ripresa” stimata “alla fine del 2021 i livelli dei principali aggregati del quadro macroeconomico risulterebbero inferiori a quelli del 2019”. Le previsioni dell’Istat “sono basate su ipotesi che riguardano prevalentemente l’ampiezza della caduta della produzione nel secondo trimestre del 2020, più marcata di quella del primo, e la velocità della ripresa dei ritmi produttivi nel terzo e quarto trimestre. Ulteriori assunzioni riguardano – si legge nel report – l’assenza di una significativa ripresa dei contagi nella seconda parte dell’anno, l’efficacia delle misure di sostegno ai redditi e gli impegni di spesa previsti nei recenti decreti e, infine, il proseguimento di una politica monetaria accomodante”.
Per l’Istat quest’anno la caduta del Pil “sarà determinata prevalentemente dalla domanda interna al netto delle scorte (-7,2%i) ma “anche la domanda estera netta e la variazione delle scorte sono attese fornire un contributo negativo alla crescita”. Quanto al lavoro, “l’occupazione, misurata in termini di Ula (unità di lavoro a tempo pieno, ndr) è prevista evolversi in linea con il Pil, con una brusca riduzione nel 2020 (-9,3%) e una ripresa nel 2021 (+4,1%)”.
Passando alle imprese, l’Istituto riconosce che “il recente allentamento delle misure di contenimento ha permesso la ripresa di alcune produzioni ma le condizioni sfavorevoli legate all’incertezza sul recupero della domanda costituiranno un ambiente sfavorevole per il riavvio del processo di accumulazione del capitale”. Dopo di che “la normalizzazione delle attività produttive prevista a partire dal secondo semestre dell’anno è attesa sostenere la ripresa dell’attività di investimento anche nel 2021 (+6,3%) con effetti limitati però sulla quota rispetto al Pil che dovrebbe rimanere inferiore al 18%”. Venendo i prezzi, qui “nei prossimi mesi dovrebbero continuare a prevalere segnali deflativi”.
Anche sul fronte export la situazione non è rosea. “Il drastico ridimensionamento del commercio mondiale influenzerà il commercio estero italiano durante tutto l’anno. Le esportazioni sono previste diminuire del 13,9% nel 2020 e poi aumentare del 7,9% nel 2021”, scrive l’Ista, secondo cui il rallentamento dell’attività economica e il calo degli acquisti osservato nella prima parte dell’anno dovrebbero determinare, inoltre, una flessione delle importazioni pari al 14,4% nel 2020 e un aumento del 7,8% nel 2021.
E nera è la previsione sul mercato del lavoro. “La lettura della crisi attraverso i dati del mercato del lavoro assume forme e intensità diverse rispetto al consueto andamento degli indicatori – ricordano gli analisti -. Nel biennio di previsione, gli effetti di transizione verso l’inattività sono attesi influenzare la disoccupazione che dovrebbe ridursi nell’anno corrente (9,6%) per poi aumentare quello successivo (10,2%). Nel 2019 il tasso si è attestato al 10%”. Non solo: nei primi 4 mesi dell’anno circa 500 mila persone hanno smesso di cercare lavoro “transitando tra gli inattivi”.
Infine, nel 2020 l’Istat prevede una “caduta” per i consumi delle famiglie (-8,7%) a cui si accompagna anche “il crollo” degli investimenti (-12,5%), a fronte di “una crescita dell’1,6% della spesa delle amministrazioni pubbliche”.