Ecco come si stanno muovendo i gestori azionari emergenti
Ridurre l’esposizione a Mosca ma non solo. Un’indagine Morningstar svela come i fund manager dei mercati in via di sviluppo hanno reagito all’attacco di Putin
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Mentre dalle trattative per il cessate il fuoco continuano ad arrivare dei nulla di fatto, per l’Eurozona sembra diventare sempre più concreto il rischio stagflazione. A paventarlo è stavolta Goldman Sachs, che stima una contrazione per l’economia dell’area dell’euro e un aumento dell’inflazione a un soffio dall’8%.
Secondo gli analisti Usa, l’assalto della Russia all’Ucraina ha causato un inasprimento della condizioni finanziarie, sta avendo pesanti ricadute sul commercio e sta facendo salire il rischio di nuovi tagli alla produzione a causa di interruzioni dell’approvvigionamento energetico. Tutto questo mentre le famiglie, colpite dai rincari di petrolio e gas, saranno costrette a tagliare i consumi. Dunque, la stagflazione è un rischio più concreto che mai: per gli esperti di Goldman Sachs l’indice dei prezzi dell’Eurozona potrebbe toccare a luglio quota 7,7%, con una media del 6,8% nel 2022. Il Pil è invece atteso in aumento del 2,5%, meno delle stima pre-guerra del +3,9%.
Inevitabile dunque che tra le sanzioni imposte alla Russia e il rischio crescente di stagflazione, gli investitori abbiano poco di cui rallegrarsi e guardino speranzosi verso la Bce. Intanto, la parola d’ordine è diventata selettività e, nonostante i tracolli, sono in molti a credere che l’azionario in questo momento possa essere ancora una buona scelta.
“Questa guerra tra Russia e Ucraina è estremamente seria. Oltre alle vite e ai mezzi di sussistenza a rischio, ci sono reali conseguenze economiche globali, che si esprimeranno principalmente attraverso il canale dei prezzi elevati di materie prime e dell’offerta delle stesse. La situazione è ancora abbastanza fluida. Tuttavia, tendiamo a vedere questo come un’opportunità per assumerci maggiori rischi di investimento, piuttosto che ridurli”, osserva Eric Lascelles, chief economist di RBC Global Am.
“Sebbene il conflitto non sia di certo una buona notizia per le economie – chiarisce Lascelles -, i mercati finanziari si sono già sostanzialmente adeguati. Storicamente, il mercato azionario tende a prezzare i conflitti con notevole rapidità, toccando il fondo entro pochi giorni o settimane dall’inizio degli scontri, per poi tornare sui livelli precedenti entro poche settimane o mesi”.
Niente panico e sì alla selettività anche secondo Franz Weis, managing director e co-responsabile delle strategie azionarie europee di Comgest. “I mercati hanno continuato a scivolare sulla notizia dell’invasione russa dell’Ucraina. Il prezzo del petrolio è salito alle stelle, l’euro è sceso e i timori di inflazione sono peggiorati. In questo contesto – osserva -, i prodotti o servizi di natura difensiva sono meno sensibili agli shock esterni. Che si tratti dei prodotti anti-obesità di Novo Nordisk o degli occhiali di EssilorLuxottica, per fare due esempi, crediamo che la domanda rimarrà robusta, come in passato nei periodi di stress”.
Per Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di Gam (Italia) Sgr, se si dovesse arrivare un accordo che portasse la fine delle ostilità e la sospensione delle sanzioni, assisteremmo ad un forte rimbalzo di tutti i listini, con maggior enfasi ovviamente su quelli europei. “I tassi governativi riprenderebbero a salire, anche in questo caso con maggior forza sulla curva euro. Credito e debito emergente tornerebbero di grande interesse, visto il forte allargamento degli spread avuto finora”, assicura.
Se, al contrario, il conflitto dovesse perdurare a lungo o dovesse risolversi senza una tregua, con la capitolazione dell’Ucraina e la permanenza delle sanzioni, l’estromissione totale della Russia dal commercio con l’Occidente porterebbe conseguenze per l’economia molto pesanti. Per l’Europa in primis. “Con la prospettiva di una possibile recessione, assisteremmo ad un ulteriore correzione dei listini azionari e a una forte discesa dei rendimenti obbligazionari. In entrambi i casi, avere un po’ più di liquidità in portafoglio in questa fase è consigliabile. In caso di evoluzione positiva del quadro geopolitico, permetterebbe di cogliere le occasioni d’investimento che si sono create nelle ultime settimane, diversamente come recita il famoso detto: cash is king”, avverte Mauri Brusa.
Anche il team investimenti di Fineco Am raccomanda selettività, soprattutto sui mercati Ue. “Gli Stati Uniti sono più lontani dalla crisi in Ucraina e, sebbene non siano immuni alle difficoltà crediamo che mostreranno maggior forza economica, anche se sembra probabile un rallentamento della crescita – spiegano -. Continuiamo a essere convinti che nel mercato statunitense un’esposizione a una combinazione di titoli value e quality sia l’opzione migliore per gli investitori, dato che l’aumento graduale dei tassi d’interesse costituisce un ostacolo per le performance dei titoli growth”.
Al di qua dell’Oceano, invece, la situazione è più complicata. “A nostro avviso, le probabilità che l’Europa soffra maggiormente degli Stati Uniti in termini di crescita economica sono cresciute. Nonostante le valutazioni in Europa sembrino attraenti, i bilanci siano solidi e le società a maggiore capitalizzazione abbiano un’esposizione diretta limitata alla Russia, il contesto è chiaramente peggiorato. La combinazione di una crescita più lenta e di un’inflazione più elevata richiede, a nostro avviso, un approccio altamente selettivo, con un focus su società e settori con bilanci solidi, generazione di cassa e potere di determinazione dei prezzi”, mettono in guardia gli esperti di Fineco Am.
In questa categoria rientrano quelle società che possono più facilmente ribaltare sulla clientela l’aumento dei propri costi di produzione, rialzando il prezzo di vendita dei propri beni senza correre il rischio che il consumatore faccia un’altra scelta. “È il caso, per esempio, delle aziende forti di un brand consolidato o percepito come di alta qualità sul mercato”, concludono.
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