Gallo (Algebris): “High yield sopravvalutato, spazio all’equity. Come giocarsi il reflation trade nel 2018”
8 gennaio 2018
di Eugenio Montesano
3,30 min
Diminuire l’esposizione al credito a vantaggio dell’azionario. Bene emergenti, Giappone e petrolio. Alberto Gallo, gestore del fondo obbligazionario long/short Macro Credit, svela la sua apertura di inizio anno sulla scacchiera dei mercati.
Alberto Gallo, gestore del fondo obbligazionario long/short Macro Credit
“Assistiamo ai prodromi di una rotazione verso asset che beneficiano di un rialzo dei tassi e dell’inflazione, con particolare riferimento ai prezzi delle materie prime. Sull’azionario questo significa prediligere i mercati emergenti a livello geografico, mentre in ambito settoriale le scelte ricadono su finanziari, energetici e materiali – investimenti finora relativamente trascurati, ma che da inizio anno stanno facendo molto bene”.
Le scommesse su segmenti del mercato che possono beneficiare della reflazione domineranno il 2018 degli investitori secondo Alberto Gallo, gestore di Algebris il cui fondo Macro Credit da 951 milioni di dollari ha chiuso il 2017 nel primo quartile della categoria Morningstar Alt – Long/Short Debt con un rendimento del 10,59% per la share class B USD e dell’8,47% per quella in euro (al netto delle commissioni, dati Morningstar).
Il 2018 promette di essere un punto di svolta della politica monetaria delle banche centrali dei paesi industrializzati. Cosa significano il cambiamento di regime monetario e l’innalzamento dei tassi per i gestori obbligazionari alternativi? Siamo di fronte – se non proprio a un’inversione – certamente a una correzione del ciclo obbligazionario dei tassi. Ciò significa che uno dei driver di rendimento per gli investitori obbligazionari quest’anno sarà il cambiamento della politica monetaria e l’impatto sulla duration. Mentre le strategie long-only sono molto esposte alla duration, per quanto possano diminuirla leggermente, noi siamo molto più neutrali e nei casi di un rischio di forte sell-off sul tasso abbiamo un hedge importante.
Detto questo, la sfida per tutti gli investitori sarà distinguere tra i molti asset sopravvalutati e i pochi che sono ancora convenienti. Questo potrebbe svelare delle bolle che si sono create negli ultimi dieci anni di mercati molto tranquilli perché “drogati” dalle politiche monetarie accomodanti delle banche centrali. Ma lo scenario per la crescita globale continua a essere positivo soprattutto in Europa, dove il rischio politico è diminuito. In generale, il nostro outlook è dunque positivo ma bisogna fare attenzione, perché nel mondo obbligazionario il basso livello dei tassi – da cui oggi non si può che risalire – rappresenta un pericolo per quanti hanno comprato duration. C’è poi un’ulteriore variabile: è il rischio politico, con più populismo sia in America che in UK e in Europa. Questo determina scelte fiscali estreme, ed è negativo per le obbligazioni.
Una delle principali incognite politiche europee quest’anno è rappresentata dalle elezioni italiane del 4 marzo. Che effetti possono avere sui mercati, e più in generale che anno sarà per l’Europa? C’è ancora benzina nel motore della ripresa? La vittoria della coalizione di centrodestra sembra lo scenario più accreditato, seguito dalla vittoria del PD. Una vittoria del M5S che porti il movimento al governo rappresenta uno scenario al quale attribuiamo solo un 10% di probabilità. Non vediamo scosse insomma, ma il vero problema è la potenziale lentezza sull’approvazione delle riforme di cui il paese ha bisogno. Sull’azionario europeo siamo dunque in standby, in attesa di opportunità di ingresso nel mercato italiano che si verificheranno intorno a febbraio, quando gli investitori potrebbero iniziare a preoccuparsi delle elezioni italiane. Sull’Europa siamo comunque molto positivi, vediamo Macron e Merkel che iniziano a lavorare insieme, fanno stimolo fiscale, spendono sulla difesa. In generale la Germania spenderà di più: Schauble non è più ministro delle finanze, e questo è uno snodo politico e finanziario rilevante.
Quali saranno i driver di performance del fondo nel 2018? A causa degli spread molto bassi, da inizio anno nella parte lunga abbiamo ridotto l’esposizione al credito da 90-95% a 70% a vantaggio dell’equity, che abbiamo portato al 15% concentrandoci su Giappone, emergenti e Usa. Se l’anno scorso il credito high yield ha fatto 5%, quest’anno stimiamo un rendimento compreso tra il 3-4%. Sull’equity ci sono invece ancora mercati a sconto come Giappone ed Europa, che però deve superare l’iceberg delle elezioni italiane prima di riprezzare. Sull’azionario spazio anche ai mercati emergenti. Sul forex continuiamo a puntare sulla ripresa dell’Europa e siamo lunghi di euro contro dollaro. Compriamo inoltre valute di paesi che esportano materie prime, soprattutto se verso i mercati emergenti. E proprio sulle commodity, mentre l’anno scorso la crescita era ancora tiepida, quest’anno prevediamo un po’ di surriscaldamento con il prezzo del petrolio Wti che può attestarsi in un range tra i 65-70 dollari dai 61 circa di oggi.
Il credito societario ha dunque perso appeal? Sì, soprattutto i segmenti vulnerabili come quello americano, che vive un ciclo molto avanzato in cui i default stanno aumentando. Ci sono poi asset che hanno basso spread e rischio di tasso elevato, come i bond investment grade europei comprate dalla Bce. Gli investimenti interessanti sul credito ad alto rendimento sono ormai pochi: i subordinati bancari, i bond greci, alcuni titoli obbligazionari legati all’energia, che scambiano intorno a 80 centesimi di dollaro – ancora molto al di sotto della pari. Questi bond possono migliorare in caso di risalita del petrolio. Il resto del credito scambia sopra alla pari, quindi in caso di default si rischiano grosse perdite. Da inizio anno i fondi inflation linked hanno registrato afflussi per 743 milioni di dollari (dati EPFR Global). Gli investitori si stanno dunque posizionando per uno scenario di maggiore crescita globale e inflazione più elevata.
Qual è la sua opinione su questi strumenti? Ci attendiamo un moderato rialzo dell’inflazione in Europa e in America. Ci sono diversi modi per implementare questa view rimanendo in strumenti fixed income, uno dei quali è comprare bond inflation-linked e inflation swaps. Tuttavia il premio al rischio di questi strumenti non si può certo definire allettante – di certo più adatto a un fondo che fa governativi con un target obiettivo del 2-3% che a un fondo come il nostro, il cui obiettivo di rendimento è high single-digit. Ci sono asset che in un’ottica di rischio-rendimento offrono decisamente maggiore convessità. Come l’equity, che ha un rischio molto più alto, ma con un minor peso in portafoglio può dare rendimenti migliori.
“Alla ricerca di ‘Alpha’” è la rubrica di FocusRisparmio.com dedicata a investimenti, mercati e all’attualità economico-finanziaria. Ogni lunedì, con l’aiuto degli esperti del settore, vengono messi sotto la lente i fatti recenti più significativi e gli appuntamenti che avranno effetti sul medio e lungo termine.
I fondi Growth hanno sovraperformato quelli Value nell’ultimo decennio. Ma con la prospettiva di una crescita globale stabile e di un aumento dei tassi di interesse nel 2018 il mercato potrebbe tornare a premiarli.
Secondo Nomoto di Columbia Threadneedle, ci sono tre driver principali a favore dell’equity: “riforma della corporate governance, miglioramento della produttività e maggiore competitività”
Il 2017 è stato “un anno più facile e benevolo del previsto” per gli investitori globali, spiega il gestore multi asset di Investec Asset Management. Il 2018 sarà invece un anno di transizione che marcherà la fine del ciclo, “ma è ancora presto per aumentare (troppo) le difese”.
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