D’Acunti (Invesco): “Trasparente e attento al cliente: così è il gestore del futuro”
Il manager valuta le caratteristiche che da sempre rappresentano un vantaggio competitivo per Invesco nei confronti di competitor e clienti
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Nonostante l’ipotesi di un nuovo lockdown all’orizzonte per le economie di Europa e Stati Uniti difficilmente potrà andare peggio di quanto visto nel primo trimestre dell’anno. Motivo per cui chi investe secondo un’ottica di medio e lungo periodo già può fare i conti con uno scenario post-pandemico di “quiete prima della tempesta”.
È questo il pensiero sintetizzato per sommi capi espresso oggi da John Greenwood, capo economista della società di investimenti Invesco, durante la conferenza annuale dedicata all’Economic & Investment Outlook per il prossimo anno.
L’esperto sostiene che nel 2021- una volta superata la pandemia grazie all’arrivo di un vaccino o di terapie di successo e eliminare le auto-restrizioni sulla spesa dovute ai lockdown – i cittadini delle economie sviluppate torneranno a spendere gli alti saldi monetari derivanti dalle azioni di stimolo monetario e fiscale messi in campo da banche centrali e governi.
“Oggi le economie sviluppate si trovano in una posizione favorevole, godendo di forti aumenti dei prezzi degli asset a seguito della rapida crescita della massa monetaria”, dice l’economista di Invesco che considera nei suoi calcoli l’aggregato monetario M3.
Così, se i consumatori e le imprese che oggi detengono saldi di cassa superiori al normale – spiega Greenwood – torneranno a far circolare questi soldi, “ci aspettiamo un aumento dei consumi, oggi fortemente repressi, degli investimenti delle aziende e di conseguenza una ripresa del Pil e dell’occupazione”.
Come si tradurrebbe uno scenario di questo tipo sui mercati finanziari? Nel caso in cui queste risorse monetario fossero liberate, Greenwood si aspetta “flussi pronti a indirizzarsi verso gli investimenti in azioni, immobili e successivamente materie prime”.
L’incognita inflazione. “Se la ripresa dovesse arrivare rapidamente – chiosa l’economista –, allora i rischi di un’inflazione che sale al 3-4-5% sono significativi; ma se il recupero continua a essere ritardato da nuove ondate del virus, anche l’inflazione sarebbe ritardata e attenuata”, con gli effetti descritti più dilatati nel tempo.
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