Il rischio principale è un’interruzione delle forniture all’Ue. Ma difficilmente Fed e Bce cambieranno i loro piani. Intanto le occasioni di acquisto non mancano. E in molti puntano sull’Asia
Lo shock c’è stato, ma la reazione dei mercati all’invasione russa dell’Ucraina non è apparsa di panico totale. Tanto che il commento più ascoltato nelle sale operative al termine del primo giorno di scontri era che dopo i numeri visti nel marzo 2020 (Piazza Affari lasciò sul terreno il 16,92%,Nasdaq e Dow Jones qualche giorno dopo persero oltre il 12%), i cali delle piazze Ue e Wall Street che addirittura chiude in verde sembrano quasi poca roba. Al di là dei confronti, però, la crisi ucraina tiene sul chi va là i gestori soprattutto per le tante domande senza risposta sul futuro. E l’incertezza, si sa, è la peggiore nemica degli investitori.
“Storicamente, le crisi geopolitiche rappresentano una buona opportunità di acquisto. Dopo tutto, si dice ‘compra quando inizia la guerra’ – osserva Benjamin Melman, global cio di Edmond de Rothschild Asset Management -. Ma perché si presenti un’opportunità di acquisto, i mercati devono reagire in modo molto marcato, cosa che non è ancora accaduta”. Con l’inflazione ancora in aumento sullo sfondo di una crisi energetica ed ora questo shock che zavorra la fiducia degli investitori, secondo l’esperto è necessario valutare fino in fondo questa crisi prima di considerarne l’impatto sulle prospettive di crescita.
“Non siamo ancora sicuri se l’Europa sarà in grado di assicurare l’approvvigionamento energetico alla fine del 2022. È interessante vedere le prime indicazioni della Bce che sta monitorando la situazione, ma le possibilità che le Banche centrali tornino ad iniettare liquidità per sostenere le economie e i mercati sono ancora remote”, aggiunge Melman, che per questo ha scelto di non sovrappesare i mercati europei in attesa di una migliore visibilità sulla situazione ucraina, preferendo invece il Giappone. “I recenti eventi non hanno fornito alcun chiarimento sulle intenzioni della Russia o sulla capacità dell’Europa di garantire un ragionevole approvvigionamento energetico. E le reazioni degli investitori non sono state eccessive. Di conseguenza, abbiamo lasciato invariata la nostra asset allocation, ma continueremo a tenere d’occhio gli sviluppi”, chiarisce.
Di reazione dei mercati sorprendentemente modesta parlano anche gli esperti del macro strategies group di Loomis Sayles (Natixis Im), le cui prospettive a lungo termine dipendono dalla lunghezza e dalla gravità del conflitto. “Crediamo che il conflitto peggiorerà il contesto inflazionistico rappresentando una sorta di tassa sulla crescita globale. E ci aspettiamo un aumento dei prezzi del petrolio e del gas anche in assenza di sanzioni energetiche”, affermano, chiarendo però che un taglio delle forniture all’Europa da parte di Putin non è il loro scenario di base, ma è una strategia cui Mosca potrebbe ricorrere come ritorsione o se gli eventi non dovessero risolversi a suo favore.
“Prevediamo anche un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari: l’Ucraina è un esportatore netto di grano e l’interruzione della fornitura proveniente dall’Ucraina potrebbe avere un impatto significativo sui prezzi”, aggiungono, precisando che però al momento la situazione non è tale da mettere in discussione il restringimento in corso da parte delle Banche centrali.
Quello che è certo per ora è che l’escalation delle tensioni al confine tra Russia e Ucraina ha alimentato i timori di un pesante impatto sull’economia europea. Come sottolinea anche Robert Lind, economista di Capital Group, la principale preoccupazione è dovuta a un’eventuale interruzione della fornitura di gas che, insieme all’aumento del petrolio, rappresenterebbe uno shock negativo per le economie dell’Area. E che vede tra i più esposti, i principali Paesi importatori, Germania e Italia, nonché alcune delle economie più piccole dell’Europa centrale e orientale.
“A mio avviso, ci sarà un maggiore sostegno fiscale poiché i governi cercheranno di proteggere i consumatori e le imprese dal rincaro dei prezzi – osserva Lind -. La Bce, tuttavia, si trova di fronte a un dilemma politico ben più profondo, costretta a bilanciare l’elevata inflazione e i rischi di ribasso per la crescita. Nel medio termine, l’Europa rimarrà vulnerabile alle interruzioni delle forniture di gas finché non potrà differenziare le sue fonti di energia”.
Insomma, che il problema più grande siano le forniture è opinione comune. Ne è convinta anche Donatella Principe, director market and distribution strategy di Fidelity International, secondo cui alla luce di questo rischio, con le relative ricadute sull’inflazione, per la Bce sarebbe controproducente pensare di andare a tagliare il costo del denaro. “Nel lungo periodo comprare sul picco della paura ha sempre pagato. Ciò non toglie che nel breve periodo assisteremo a un aumento del premio per il rischio geopolitico e a un incremento della volatilità. Ma questo non cambia l’approccio che dobbiamo avere sul mercato, anzi rafforza il messaggio di focus sulla qualità e sui fondamentali, perché titoli di bassa qualità e titoli cari sono i più esposti in situazioni d’incertezza e di volatilità”, assicura, sottolineando come, in un contesto di volatilità e incertezza, solidità del business e corrette valutazioni rappresentano un ammortizzatore per l’andamento dei titoli.
Per la Principe, però, qualità della gestione vuol dire anche diversificazione di portafoglio. “Mai come in questo momento per esempio paga una diversificazione geografica crescente verso l’area asiatica. L’Asia è, infatti, molto più isolata rispetto al rischio geopolitico rappresentato dall’Ucraina e presenta oggi un netto trend di crescita economica a premio rispetto all’Occidente, dal quale la distanzia anche la possibilità di politiche monetarie di supporto. Inoltre, a livello di mercato l’Asia lo scorso anno ha pagato lo scotto della triplice stretta della Cina (monetaria, fiscale e regolamentare): questo vuol però dire che parte da un livello di valutazioni compresso sia rispetto alla media storica che ai mercati occidentali, fattore che rappresenta un valido cuscinetto in questo contesto di volatilità indotta da un rischio geopolitico esogeno”, conclude.
Per i gestori lo scenario richiede prudenza. State Street punta su T-Bond long duration e materie prime. BlueBay vede un rischio stagflazione. Gam Sgr scommette su una Bce più dovish. Per Schroders l'Europa pagherà il prezzo più alto
L’attacco di Putin agita i mercati. L'Europa brucia 331 miliardi, ma Wall Street chiude in verde. Vola il petrolio, schizza il gas. Gli investitori comprano oro, yen e T-bond. In arrivo pesanti sanzioni per Mosca
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