Blue chip, il Covid manda in fumo 83 miliardi di capitalizzazione
Secondo Mediobanca, addio anche a 14 miliardi di ricavi e 900 milioni dividendi. E per la manifattura italiana è il peggior crollo da 30 anni
3,30 min
Mentre molti paesi cominciano gradualmente ad allentare il lockdown e le persone iniziano a tornare al lavoro, gli effetti di secondo ordine della pandemia di coronavirus stanno cominciando a manifestarsi, portando con sé ulteriori sfide per i settori più colpiti dal blocco forzato delle attività economiche.
Così gli asset manager cominciano ad adattare la propria asset allocation strategica al nuovo contesto di graduale ripresa.
“Al di là dell’ampia portata della disoccupazione, che continua a crescere, riteniamo che alcune delle principali cause del rallentamento della crescita globale per il 2020 vadano ricercate nella riduzione degli investimenti di capitale e nell’indebolimento dell’attività manifatturiera, nonché nel drastico calo della spesa per viaggi e tempo libero”, sostiene Andrew Harmstone, lead global portfolio manager del Global Balanced Risk Control Team di Morgan Stanley IM.
Nell’aggiornamento della scorsa settimana la divisione di asset management della banca d’affari ha tracciato gli scenari di crescita economica per il 2020/2021, dalle cui stime si evince che il rischio per i mercati azionari sia inclinato al ribasso. Il perché lo spiega Harmstone: “Per ciascuno dei tre principali mercati azionari sviluppati un duro colpo sul Pil e sugli utili è inevitabile ed è riflesso in tutti e tre i nostri scenari bull, bear e base”.
Le stime di Morgan Stanley IM indicano che – anche nello scenario più ottimistico – i principali indici azionari oggi sono ancora scambiati al di sopra di quello che dovrebbe essere il fair value.
Secondo gli esperti lo scorso aprile la tipica relazione positiva che in genere si verifica fra fiducia dei consumatori e mercati azionari non si è verificata: questi ultimi si sono mossi al rialzo nonostante i primi siano precipitati sui livelli più bassi dalle precedenti cirsi.
“La spiegazione potrebbe derivare dall’attesa di un imminente rimbalzo negli indici di fiducia. L’aumento delle richieste di disoccupazione rende però difficile ipotizzare la possibilità di un simile cambiamento del sentiment. Alla luce di quello che consideriamo essere un eccessivo ottimismo, il nostro posizionamento rimane difensivo in previsione di ulteriori ribassi”, analizza il lead global portfolio manager.
Per il manager “è chiaro che è ancora presente un notevole potenziale di ribasso”.
Un’altra considerazione importante che trae il team di Morgan Stanley IM è che, sebbene tutti e tre i principali mercati sviluppati subiranno con ogni probabilità una contrazione del Pil, l’Europa e il Giappone potrebbero risentirne più degli Stati Uniti.
I settori più colpiti saranno quello del commercio, dei viaggi e alimentare che del resto rappresentano “la principale fonte di lavoro in Europa, con il 24,9% dell’occupazione della regione, e allo stesso tempo si tratta di quelli più vulnerabili all’impatto della pandemia”, spiegano gli esperti di MS IM.
Considerando la composizione dell’indice dell’Eurozona, ha anche intuitivamente senso che le azioni di tale area presentino il maggior rischio di ribassi. L’indice MSCI Eurozone presenta un’esposizione del 39% ai settori maggiormente ciclici, quelli con il beta più alto rispetto all’economia reale. “Dato lo shock della domanda che il mondo continua ad affrontare, è improbabile che settori quali industria, materiali, finanza ed energia cominceranno presto una ripresa. Di conseguenza preferiamo in termini relativi gli Stati Uniti rispetto all’Europa, il che si riflette nel nostro posizionamento neutrale sugli Stati Uniti e in sottopeso sull’Europa”, spiega l’asset manager.
“Stiamo continuando a monitorare la nostra lista dei quattro fattori che fungono da indicatori per decidere il momento in cui tornare a investire in titoli rischiosi. Ci sono poche variazioni positive nello status dei primi tre poiché solo il quarto, la politica monetaria e fiscale efficace, è effettivamente in atto”. Ecco quali sono i quattro fattori monitorati da Morgan Stanley IM: