Risparmio gestito, i fondi aperti trainano la raccolta di aprile. Exploit di Eurizon
L’industria mette a segno una raccolta netta positiva per 2 miliardi. Eurizon, Poste e Amundi sul podio. Ecco i dettagli della mappa mensile di Assogestioni
5 min
Quando il gioco si fa duro, meglio avere un aiuto competente. E così, tra i tanti cambiamenti che il coronavirus ha provocato negli italiani, c’è anche quello che riguarda la pianificazione finanziaria. Dopo la bufera sui mercati scatenata dalla pandemia, infatti, più di due risparmiatori su cinque, il 42%, ha riflettuto sulle proprie scelte e ha deciso ad affidarsi a un consulente finanziario. A rivelarlo, un sondaggio condotto da Columbia Threadneedle Investments su un campione rappresentativo di italiani.
Insomma, il virus ha fatto aumentare la consapevolezza che nella gestione dei risparmi è meglio affidarsi a un professionista. Lo dimostra anche il fatto che, nonostante le fasi di forti ribassi non siano mai il momento migliore per disinvestire (perché l’investimento dovrebbe essere visto come un obiettivo di lungo termine), molti investitori senza una guida non la pensano così.
E nonostante le crisi precedenti abbiano dimostrato che gli shock a breve portano ad un rimbalzo successivo, a oggi un investitore italiano su sei dichiara di sentirsi più propenso a vendere le proprie quote di investimento alla luce della volatilità attuale, dato suffragato dal fatto che il 16% degli investitori italiani ha utilizzato o si aspetta di utilizzare il ritorno della vendita degli investimenti per sostenersi finanziariamente nei prossimi mesi. Inutile dire che se ciò diventasse realtà, queste azioni sarebbero realmente dannose per il risparmiatore portandolo a cristallizzare perdite certe e a perdere importanti occasioni di guadagno future.
Il dato si spiega probabilmente anche con il fatto che quasi due terzi (il 65%) degli italiani si sono pentiti delle decisioni di pianificazione finanziaria fatte prima che la crisi colpisse. I più giovani sono più propensi a rivedere le precedenti decisioni, ben il 78% tra i 25-34 anni. Ma neppure gli over 65 sono immuni al pentimento, con un 48% che ritiene che avrebbe potuto agire diversamente. La speranza è che i più giovani abbiano tutto il tempo per correggere le proprie azioni nei prossimi anni. È logico, quindi, pensare che questa crisi possa essere colta anche come un’ottima occasione per ripensare a un approccio più efficace dei propri investimenti.
Ma quali sono i rammarichi più condivisi? Un italiano su tre (il 31%) ritiene di non avere un piano finanziario adeguato, mentre circa uno su nove (11%) di avere un orizzonte temporale troppo di breve termine. Un aspetto positivo è che molti sembrano aver imparato dai propri errori: il 40% degli investitori italiani vuole investire con maggiore diversificazione in futuro, il 42% darà maggior valore e spazio alla consulenza finanziaria, il 51% sta identificando nuove opportunità di investimento.
Il 44% è, però, diventato più avverso al rischio. Questo 44% è la parte di popolazione che la crisi ha reso più incline a privilegiare maggiormente la liquidità. Un segnale di allarme che, da una parte, deve far pensare, in un Paese come il nostro in cui oltre 1.600 miliardi di euro sono già fermi nei conti correnti (fonte ABI) e, dall’altra, può stimolare il risparmiatore ad affidarsi a dei professionisti per ottimizzare l’allocazione di portafoglio. Ad oggi, però, solo il 13% degli investitori italiani si è già approcciato o intende confrontarsi a breve con un consulente professionale e il 17% è ancora restio a pagare per una consulenza professionale.
“Le crisi offrono sempre delle opportunità. Come dimostra la nostra indagine, ad esempio, molti risparmiatori stanno oggi, sulla scia della crisi da coronavirus, rivedendo il proprio approccio alle scelte di investimento insieme a quei comportamenti potenzialmente controproducenti – osserva Alessandro Aspesi, country head Italia di Columbia Threadneedle Investments, commenta: . Stanno infatti ripensando alla pianificazione finanziaria, riconoscendo nuove opportunità e rendendo i propri portafogli ancora più diversificati e, quindi, più solidi nel lungo periodo”.
D’altro canto, per Aspesi è comprensibile che la recente forte volatilità sui mercati abbia portato ad una maggiore focalizzazione sui rischi. “Ottima occasione per i consulenti finanziari per stare ancor più vicino ai propri clienti e accreditarsi come partner indispensabili, anche per chi non si è ancora avvicinato al mondo degli investimenti – sottolinea -. I consulenti sono infatti indispensabili per supportare l’investitore retail nel correggere possibili bias comportamentali errati, nell’individuare specifici obiettivi finanziari e nello scegliere il miglior approccio per raggiungerli. A nostro avviso, proprio in questo contesto di elevata volatilità, inoltre, si evidenza maggiormente il valore aggiunto della gestione attiva di portafoglio, che diventa realmente fondamentale poiché consente di agire tempestivamente e con approccio selettivo per limitare le perdite e sfruttare al meglio le opportunità di mercato”.
Intanto, restano preoccupazione e incertezza per il presente e per il futuro, anche se i giovani confermano la loro propensione al pensiero positivo. Due terzi degli italiani (66%) ritengono che non sarebbero stati in grado di far fronte alle conseguenze del lockdown e del relativo blocco delle attività produttive oltre i sei mesi.
Per quanto riguarda la capacità di adattamento alla crisi, sono i giovani (18-24 anni) a considerarsi più resilienti, con ben il 40% che ritiene di poter resistere per sei mesi o oltre. Invece, nella generazione X, la fascia di età compresa fra i 45-54 anni, solo un 30% vede la situazione con un po’ più di ottimismo. Alla luce di queste incertezze, una minoranza, certo, ma rumorosa, ritiene che dovrà richiedere nuovi prestiti (8%) o che sarà costretta a fare affidamento sulla generosità di amici e parenti per sostenersi finanziariamente in futuro (12%).
Come spesso accade nel mondo degli investimenti, infine, l’incertezza e l’imprevedibilità possono causare danni importanti. Sette italiani su dieci (70%) ritengono che questa crisi avrà un impatto duraturo sulla propria situazione patrimoniale. Stessa percezione anche per coloro che detengono investimenti finanziari (65%). È la fascia d’età compresa tra i 25 e i 64 anni che sente di trovarsi più a rischio, forse un riflesso delle scarse aspettative sulle opportunità economiche nel prossimo decennio.
Infatti, indipendentemente dalle misure di sostegno dei governi che sono state messe in atto, una percentuale significativa di persone si aspetta che la crisi da Covid-19 abbia un impatto negativo a lungo termine sui propri livelli di reddito (43%), sulla performance degli investimenti (31%), sulle prospettive di carriera (30%) e sugli obiettivi finanziari (33%), come ad esempio, i piani pensionistici. Per la fascia d’età over 55, quella più vicina al pensionamento, la paura degli impatti negativi a lungo termine è minore. Con la relativa stabilità maturata negli anni e la natura costante del loro reddito (ad es. la pensione statale o entrate frutto di eventuali rendite) questo gruppo si trova ad affrontare meno incertezze.