Sono i microchip il nuovo petrolio
Per Capital Group le vendite globali potrebbero raddoppiare a 1.000 miliardi entro il 2030. E Pimco parla di superciclo nel lungo periodo. Carmignac: “Forte domanda strutturale”
5 min
Introvabili e sempre più cari. I semiconduttori continuano a tenere banco sui mercati internazionali dopo che la loro scarsità da mesi sta creando seri problemi alle filiere di moltissime aziende, in primis quelle tecnologiche e dell’auto, per le quali i microchip sono componenti fondamentale. A complicare la situazione è arrivata l’indiscrezione del Wall Street Journal secondo cui la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co, il più grande produttore al mondo di chip, avrebbe in programma un deciso aumento dei prezzi: circa il 10% per i semiconduttori più avanzati e intorno al 20% per quelli meno sofisticati, impiegati nel settore auto, con efficacia fra la fine del 2021 e l’inizio del 2022.
Una notizia che ha immediatamente avuto pesanti ripercussioni in Borsa sui titoli degli altri produttori, dal momento che il colosso taiwanese può vantare il 31% del mercato a livello globale, e che si tradurrà in una pesante stangata per i clienti, compresi quelli più grandi, dando il via verosimilmente ad altri rincari dei prezzi.
“A nostro avviso la notizia, se confermata, avrà l’effetto di un aumento dei prezzi a cascata da parte dei clienti di Tsmc che includono la maggioranza delle aziende di semiconduttori a livello globale oltre ad alcuni importanti produttori come ad esempio Apple”, scrivono gli analisti di Equita.
Per gli esperti della Sim, inoltre, la maggioranza delle aziende americane avranno un limitata crescita del fatturato nel 2022 visto che la produzione è esternalizzata. “Per tale motivo pensiamo che tali società riusciranno ad aumentare i prezzi ma non i margini – affermano – mentre riteniamo che Infineon e St, che hanno un modello integrato con la produzione interna che supera il 70% dei volumi, in cui hanno continuamente investito anche durante la fase Covid, dovrebbero beneficiare di un maggiore aumento della top line con aumento di prezzi accompagnato da leva operativa e miglioramento dei margini”.
Insomma, il settore dei semiconduttori continua ad alimentare un acceso dibattito tra analisti e investitori. Secondo un recente rapporto del Capital International Group, i chip sarebbero il ‘nuovo petrolio’ senza il quale non sarebbe possibile mettere in moto cambiamenti rivoluzionari. Ma non tuti sono d’accordo.
Per Mark Hawtin, investment director e gestore del Gam Star Disruptive Growth di Gam, certamente i semiconduttori sono una tessera importante del puzzle, ma sono i dati a essere il nuovo petrolio, come il carburante per un motore, mentre i semiconduttori sono il motore che fa funzionare la nuova economia. “La pubblicità che ha acceso i riflettori su questo settore ha fatto salire le valutazioni verso livelli estremi rispetto alle medie storiche – spiega -. I semiconduttori sono diventati costantemente più costosi negli ultimi 10 anni, se consideriamo che il rapporto tra prezzo e vendite è aumentato da meno di 2 durante la crisi finanziaria globale a più di 7 oggi. E questo in una fase in cui i margini lordi sono saliti, in qualche caso, del 20%. Abbiamo dunque assistito a un’ampia espansione dei Pe, spesso difficile da giustificare”.
Per questo, stando al gestore, è necessario fare attenzione a non generalizzare: la realtà è cambiata così tanto che i semiconduttori non sono più un segmento del mercato verticale e omogeneo, bensì orizzontale, in cui la verticale rappresentata dall’uso finale è molto più importante per il risultato del singolo titolo. “Secondo noi, le decisioni di investimento nel mercato dei semiconduttori non dovrebbero più basarsi sul settore in generale, ma più specificatamente sulla singola industria”, avverte.
“Nell’industria automobilistica, per esempio, si prevede certamente una crescita nel lungo periodo dato che il contenuto in dollari nei veicoli aumenta con lo sviluppo della guida autonoma e semiautonoma – argomenta Hawtin -. Da una recente ricerca di Arete è emerso che il contenuto di semiconduttori per veicolo leggero è aumentato da 310 dollari per auto nel 2015 a 397 dollari per auto nel 2019, con un tasso di crescita composito annuo modesto del 6,4% (Cagr). Nei prossimi cinque anni la crescita dovrebbe accelerare a 630 dollari per auto, con un Cagr di quasi il 10%. Comunque, né il tasso di crescita storico né quello previsto eguagliano il ritmo di crescita del software, dove il 10-15% oggi è ritenuto modesto, considerato che può superare facilmente il 30%. L’aspetto da tenere presente nei semiconduttori per l’industria automobilistica riguarda invece la scarsità”.
La capacità è scarsa, infatti, soprattutto relativamente ai wafer a 8 pollici, e ciò ha determinato uno squilibrio tra domanda e offerta che ha prodotto la carenza di componenti nonché la convinzione che la situazione nel settore può soltanto migliorare. “La storia ci insegna che non è così – mette in guardia il gestore -, e che quando gli squilibri tra domanda e offerta vengono risolti, subentrano altri fattori con un ritorno verso le medie. Per questo ci risulta difficile rilevare valore nel settore nel suo complesso in considerazione delle valutazioni intrinseche a lungo termine”.
Tuttavia, questo non significa escludere completamente le aziende di semiconduttori. “Al contrario, rileviamo opportunità interessanti nelle società in grado di beneficiare del Digital 4.0. In particolare, le società esposte agli sviluppi nel 5G, nell’Internet of Things (IoT), nel campo dei dati e dell’intelligenza artificiale (AI) potrebbero offrire un potenziale di investimento interessante, ma vengono scelte per la loro esposizione tematica, non per la loro classificazione settoriale”, conclude Hawtin.
.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.