QE, nuvole nere all’orizzonte dell’Italia
Sullo sfondo del Tapering si percepisce un crescente nervosismo, che è la naturale benzina sul fuoco di potenziali crisi finanziarie, con lo scoppio di “bolle”
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La Banca centrale europea non ha deluso le attese e nel meeting del consiglio direttivo di ottobre ha dato ai mercati il segnale di fiducia nella solidità della ripresa economica dell’eurozona che attendevano. Da gennaio il programma di quantitative easing (QE) proseguirà a passo ridotto, con acquisti netti per 30 miliardi di euro al mese contro gli attuali 60 e durerà almeno fino a settembre, ma il presidente Mario Draghi si è detto pronto ad aumentare il volume degli acquisti o a prolungare la durata del QE in caso di necessità.
L’aggiustamento, ha spiegato Draghi, è giustificato da una maggiore fiducia nel recupero della dinamica inflazionistica a fronte di un quadro macroeconomico in netto miglioramento. Nei fatti, la Bce ha compiuto un altro passo verso la normalizzazione della politica monetaria e i mercati hanno reagito positivamente.
Soprattutto per chi investe in reddito fisso, il momento in cui le banche centrali tirano il freno può essere difficile da gestire. Draghi ha ben chiaro quello che è successo negli Stati Uniti nel 2013, dove le prime avvisaglie di tapering sono state colte con movimenti scomposti dei mercati. È consapevole della dipendenza del sistema finanziario dalla politica monetaria accomodante, quindi secondo il consenso anche in Europa il mantra sarà: ‘Usciremo, ma molto lentamente’.
Ne segue che l’annuncio del mini-tapering di gennaio, largamente atteso, non ha provocato scosse e incertezza sui mercati. Ma quali possono essere i riflessi sull’asset allocation dei fondi a reddito fisso? Abbiamo chiesto a quattro fund manager obbligazionari di commentare l’evoluzione della politica monetaria in Europa, interpretandola con riferimento al posizionamento dei portafogli in gestione, tratteggiando allo stesso tempo l’outlook macroeconomico della regione per i primi mesi dell’anno.
Prudenza oggi, opportunità domani
In questo momento i mercati dei governativi europei e dei titoli di credito offrono poco, osserva Francesco Castelli, gestore di Banor Capital specializzato in credito europeo con sede a Londra. Meglio “sedersi sulla cassa”, in attesa di approfittare dei movimenti di mercato che faranno seguito al nuovo corso della politica monetaria in Europa.
Nel breve termine la Bce ha confermato che continuerà a supportare gli emittenti e la reazione è stata positiva anche perché la riduzione degli acquisti è inferiore alle attese. Detto questo, è innegabile che la politica monetaria europea si stia allontanando dal livello di massimo easing e questo ci fa raccomandare prudenza. Non c’è un pericolo immediato di inversione, ma i livelli di rendimenti bassi e gli spread relativamente bassi sono giustificati solo dal fatto che c’è un compratore che stampa moneta per acquistare portafogli giganteschi.
I mercati ragionano sul differenziale dei flussi di capitali che confluiscono in un asset, ossia sulla quantità di liquidità pompata nel tempo: quando il QE diventerà meno aggressivo, pur senza drammi, questo andrà a ridimensionare le quotazioni attuali e potenzialmente a creare qualche crepa sui mercati obbligazionari europei, che si tradurranno in spread e rendimenti più elevati.
A livello operativo, questa visione si traduce in una maggiore prudenza e in una riduzione delle scadenze medie del portafoglio. Rimaniamo quindi sulla parte breve della curva con duration/sensitività ai tassi contenuta, sotto i due anni. Abbiamo inoltre ridotto le società a rating più basso, perché in questo momento gli spread sul mercato non compensano per il rischio di credito e raggranellare qualche centesimo di rendimento assumendo rischi troppo elevati è un gioco che non vale la candela. Meglio sedersi sulla cassa, che rende poco quando non è proprio negativa, con la consapevolezza che ci rifaremo con gli interessi quando gli spread si allargheranno tra tre o sei mesi. Allora saremo capaci di investire a tassi ben più favorevoli.
Mini-tapering compensato dal reinvestimento degli interessi sui bond
Nonostante un leggero cambiamento del linguaggio del plenipotenziario della Bce nella direzione di una crescente fiducia per l’outlook dell’economia, per Andrew Mulliner, fixed income portfolio manager di Janus Henderson Investors, “siamo ancora di fronte a una banca centrale che non intende porsi davanti alla curva”.
La Bce conserva la traiettoria da colomba – atteggiamento che parte del mercato riteneva potesse essere abbandonato – mantenendo la porta aperta a un ritorno del QE a ritmi più sostenuti e facendo riferimento alla capacità di intervenire ulteriormente se le prospettive di crescita e ripresa dovessero deludere.
La nota interessante riguarda la promessa di una maggiore trasparenza intorno al processo di reinvestimento dei proventi che derivano dallo stock di titoli detenuti attraverso il QE. Questa è diventata un’area di particolare interesse vista la portata potenzialmente considerevole che hanno assunto questi impieghi e l’impatto che potrebbero avere su un ulteriore sostegno ai mercati obbligazionari dei titoli di stato, che potrebbe compensare il dimezzamento degli acquisti nel 2018.
Tenuto conto di tutto questo, la risposta dei mercati di un calo dei rendimenti seguito da un lieve indebolimento dell’euro ha senso. Siamo del parere che i rendimenti dei titoli di stato dei paesi periferici continueranno a essere ben sostenuti, e che la volatilità dei tassi di interesse rimarrà bassa nel medio termine nonostante questo primo cambio di rotta.
Volatilità (e occasioni di acquisto) in aumento nel 2018
Hervé Hanoune, capo del reddito fisso di Vontobel, indica nei bond bancari subordinati l’ultima sacca di valore dei mercati obbligazionari europei, e spiega di stare preparando il portafoglio per i sell-off che, a suo avviso, imprimeranno uno slancio al mercato già dall’anno prossimo.
C’è bisogno di essere molto flessibili e tattici nella gestione dei portafogli a reddito fisso oggi. Per quanti si aspettano che le performance possano provenire da un ulteriore compressione degli spread, o da una maggiore esposizione alla duration, il rischio di performance deludenti o negative è elevato. Tuttavia, si può ancora estrarre valore in termini relativi pescando tra paesi e settori, ma non sarà facile.
In Europa siamo ancora positivi sul credito nel settore dei financials, gli emittenti bancari in cui continuiamo a investire selettivamente sulla base di bilanci solidi, incremento delle attività di rimborso (deleveraging) e anche alla luce del miglioramento delle condizioni finanziarie e degli indicatori macroeconomici della regione. In termini di carry ha ancora senso investire nei bond bancari subordinati: anche se hanno ben performato è ancora possibile estrarre valore.
Ciò detto, va precisato che ci aspettiamo un aumento della volatilità nel 2018 perché il mercato è reduce da oltre un anno e mezzo di performance sostenute. Inoltre bisogna prestare attenzione al rischio asimmetrico creato dai forti flussi di capitali confluiti in Etf e gestioni passive, perché ogni movimento di mercato sarà amplificato e dovremo essere prudenti nel caso di forti sell-off.
Allo stesso tempo, questi movimenti offriranno opportunità di entrata per i gestori attivi capaci di approfittare di queste inefficienze acquistando a prezzi interessanti titoli di valore nel settore dei credito e dei CoCo bond. Per questo motivo oggi sto prendendo profitto sui bond più costosi, facendo cassa per poter approfittare dei grandi movimenti di mercato che prevediamo per l’anno prossimo.
Allocazione: sì agli inflation-linked, no ai corporate
Come Castelli di Banor, anche Jeremy Gatto, investment manager del team Cross Asset Solutions di Unigestion, ha posizionato il portafoglio per rispondere al potenziale ritorno dello stress sui mercati europei nel 2018. Tenendo le porte aperte anche all’azionario, in un’ottica multi asset.
È da un po’ che sosteniamo il tema della convergenza della politica monetaria tra gli Stati Uniti e il resto dei paesi sviluppati, e il percorso della Bce è in linea con le direzioni intraprese di recente dalla Banca del Canada e da quella d’Inghilterra. L’annuncio di Draghi oggi ha probabilmente aperto la porta per altre banche centrali dei paesi del G10 nel seguire il processo di normalizzazione della politica monetaria. Ma ci vorrà del tempo, più di quanto non sia attualmente scontato dai mercati.
In termini di asset allocation, manteniamo un sottopeso sulla duration, mentre siamo leggermente sovrappeso sui bond indicizzati all’inflazione e abbiamo recentemente assunto una posizione short di tipo tattico sugli spread di credito, in quanto ci sembrano troppo compressi e rimangono esposti al rischio di una riduzione del bilancio complessivo della banca centrale.
Continuiamo a rimanere positivi sugli asset orientati alla crescita, soprattutto stando lunghi sull’azionario dei paesi sviluppati; ma siamo più selettivi in questo approccio, in quanto ci attendiamo comunque un potenziale ritorno dello stress sui mercati dovuto, in parte, al restringimento delle misure espansive della Bce.