Allarme di Ref: Pil italiano giù dell’8%. Pressing per sbloccare il Mes
Rimbalzo possibile a partire dal terzo trimestre. Dopo Roma, anche Parigi insiste sul ricorso al fondo salva-Stati. Occhi puntati sull’Eurogruppo
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Mario Draghi, alla fine del suo mandato a capo della Bce aveva chiuso la stagione delle banche centrali per inaugurare quella delle politiche fiscali espansive. Che non è arrivata. Ma forse potrebbe essere guidata, oggi, dall’emergenza Covid-19.
“Penso proprio di sì. Un motivo è la palese inefficacia della politica monetaria nel contrastare uno shock da domanda così intenso e di proporzioni universali”, dice a Focus Risparmio Alessandro Tentori, Chief Investment Officer AXA IM. “Diciamolo pure apertamente, con i tassi a -0,5% e un programma di QE tanto avviato quanto inutile per via dell’eterogeneità della economia europea, l’arsenale monetario di Francoforte è pressoché esaurito. Inoltre c’è ampio margine in Europa per l’utilizzo di misure fiscali discrezionali, visto che per anni la politica fiscale dell’Unione è stata imbrigliata nel Patto di Stabilità”.
Secondo Gianluca Scelzo, Consigliere Delegato di Copernico SIM, “la Bce e la Fed sono entrate in campo con misure straordinarie e mai viste prima per scongiurare una crisi sistemica e iniettare sul sistema finanziario un’enorme massa di liquidità, altre banche centrali si stanno muovendo sulla stessa lunghezza d’onda ma il vero tema è che nessuno sa quanto il Coronavirus influirà sull’economia reale. L’economia finanziaria dopo giorni di panico sembra aver trovato un buon rimbalzo che però non è detto sia duraturo, alcuni settori, ad esempio quello dei trasporti, hanno subito una discesa per alcune società vicina al 70% salvo poi recuperare una parte di tale discesa, anche grazie a questi interventi di politica monetaria. Sicuramente i Paesi più industrializzati hanno la possibilità di inserirsi con mosse di politica monetaria molto più ampie, utili soprattutto a calmare la finanza, la trasformazione sull’economia reale, però, è ancora incerta”. Ma quello che è certo p che i Paesi “sono obbligati a cercare di calmare in primis il mercato obbligazionario e dei titoli di stato e, successivamente, quello azionario”, afferma Scelzo. “I movimenti che si sono visti nelle ultime due settimane non avevano altri precedenti se non la crisi del ’29 e di Lehman Brothers. I governanti dovranno essere particolarmente bravi a gestire non solo l’emergenza sanitaria, ma anche e soprattutto le ripercussioni economiche. Certamente, questa situazione potrebbe diventare di vantaggio per quei Paesi che sapranno essere virtuosi. Sospendere il patto di stabilità potrebbe portare a clamorosi aumenti del debito pubblico nel medio-lungo termine ma, allo stesso tempo, per quei paesi la cui popolazione ha un alto tasso di risparmio potrebbe generare una ripresa più rapida. Ci sono motivi per pensare che ovviamente tutto il mondo subirà le ripercussioni di questo periodo storico ma probabilmente alcuni Stati da tutto ciò potranno perfino avvantaggiarsi. In maniera forse un po’ patriottica credo che l’Italia, visto l’alto risparmio medio della sua popolazione, potrebbe essere uno di questi”.
Tentori è più pessimista sul nostro Paese: “Per quanto riguarda l’Italia, i problemi sono legati a un punto di partenza molto modesto, con il debito già al 137% del PIL e un PIL che negli ultimi 20 anni ha dato appena dei segni di vita. Inoltre, l’Italia potrebbe anche soffrire più di altri paesi per via della sua esposizione all’export e della organizzazione industriale che predilige le pmi”.
Tutti i Paesi in ogni caso stanno già annunciando pacchetti fiscali a sostegno delle loro economie, ma non è sufficiente. “A volte nelle scienze sociali siamo di fronte a esternalità positive, dove in parole povere il totale è maggiore della somma dei singoli. Però, per godere appieno degli effetti di queste esternalità, è necessaria la coordinazione”, dice Tentori. Insomma, la sospensione del Patto di Stabilità non basta. “Ci vuole un mix raro di coordinazione tra stati e coordinazione all’interno di ogni singolo paese. Se da un lato è sicuramente una questione di numeri, dall’altro le risorse che vengono liberate in assenza del Patto di Stabilità vanno indirizzate in base alla produttività dei singoli investimenti. Quello che conta dal punto di vista economico è l’ottimizzazione del risultato finale, non è certo stringere l’ennesimo contratto con i gruppi di interesse, sul modello della simmachìa che vincolava al mutuo aiuto le città greche in caso di guerra”.