Valle (Generali Investments): “Mercati wait-and-see su Italia. Bond sovrani europei mai così sicuri dalla crisi”
12 marzo 2018
di Eugenio Montesano
4 min
Gestire con prudenza il rischio legato all’evoluzione del quadro politico italiano. Riduzione del sottopeso sui paesi core legata all’incremento dei tassi. Tattiche e strategie per investire nell’obbligazionario europeo secondo Mauro Valle, gestore della Sgr del gruppo Generali.
Mauro Valle, gestore tra gli altri del fondo obbligazionario governativo europeo Generali IS Euro Bond di Generali Investments
“L’uscita della Bce dal Quantitative Easing (QE) è e continuerà ad essere piuttosto morbida, proprio per non vanificare la ripresa economica in atto e il consolidamento dell’inflazione rispetto ai target che la Bce si è prefissata. Al momento, il rischio di ampi rialzi dei tassi sembra limitato sia per le obbligazioni europee che per quelle italiane, anche se per l’Italia resta il rischio paese, legato al debito pubblico e alle riforme”. Così Mauro Valle, gestore – tra gli altri – del fondo obbligazionario governativo europeo Generali IS Euro Bond di Generali Investments, l’Sgr del gruppo del Leone Alato, commenta il contesto di investimento per l’asset class Governativi Euro.
È trascorsa una settimana dalle elezioni politiche italiane, con i mercati internazionali che hanno più che retto l’esito incerto delle urne. Complice anche la Bce, che ha eliminato dal comunicato di politica monetaria il riferimento al possibile incremento del QE in caso di peggioramento dell’outlook, lanciando un segnale da falco.
Il presidente Mario Draghi ha comunque confermato che l’accomodamento resta necessario per il riavvicinamento dell’inflazione core al target del 2%, ancora lontano, avvertendo che apprezzamento dell’euro e il protezionismo Usa rappresentano rischi al ribasso per la crescita tanto quanto l’instabilità politica in Europa che, se prolungata, “potrebbe mettere a rischio la fiducia”. A buon intenditor, poche parole.
La settimana finanziaria si apre con aste di titoli di Stato per oltre 15 miliardi tra Bot (oggi) e Btp (domani) e con la riunione dell’Eurogruppo. Tra gli indici macro dei prossimi giorni, l’inflazione USA (martedì), tedesca (mercoledì) ed europea (venerdì). Giovedì esce l’aggiornamento del debito pubblico italiano.
Quali sono le prospettive dei titoli di stato dell’eurozona?
Mi sembrano essere più sicuri oggi di quanto non fossero negli anni scorsi. Questo per tre ragioni principali: innanzitutto, il ciclo economico positivo; in secondo luogo, i bilanci fiscali dei vari paesi mediamente più solidi rispetto al passato; infine, la forte determinazione dei governi recentemente eletti in Francia e Germania a consolidare il progetto europeo, cosa che naturalmente contribuisce a ridurre i rischi di una rottura dell’euro.
Secondo Standard&Poor’s i risultati delle elezioni politiche italiane non dovrebbero avere impatti immediati sui rating dell’Italia: l’agenzia ha confermato l’outlook “stabile”. La vittoria dei partiti considerati anti-establishment preoccupa tuttavia nel medio e lungo periodo?
Il risultato delle elezioni italiane è tutto sommato in linea con quelle che erano le aspettative della vigilia, dato che ci troviamo in una situazione di parlamento sospeso. Fatta questa premessa, al di là del fatto che nessun partito o coalizione abbia i numeri sufficienti per governare in autonomia, è chiaro che la portata dell’affermazione di Movimento 5 Stelle e Lega crea qualche elemento di incertezza e di novità in più, soprattutto per via delle loro posizioni nei confronti dell’euro e, più in generale, dell’Unione Europea.
Eventuali frizioni del prossimo esecutivo con l’Europa sulla futura politica di bilancio possono portare a una escalation del rischio con possibili conseguenze anche sulla moneta unica?
Su questi e molti altri temi potremo avere maggiore chiarezza soltanto nei prossimi mesi, quando si capirà innanzitutto quanto il prossimo governo sarà in linea con quelli precedenti, moderati e allineati rispetto alle raccomandazioni di Bruxelles, e quanta forza avrà per implementare quelle riforme che possano stimolare la crescita del paese. Dato che il debito pubblico italiano resta sempre piuttosto elevato, è indubbio che eventuali sforamenti di deficit e mancate riforme porterebbero i mercati ad interrogarsi sulla sostenibilità dello stesso, soprattutto nel momento in cui la crescita economica incominciasse a rallentare. Un ulteriore fattore politico da monitorare sarà la politica europeista che verrà seguita dall’asse Merkel-Macron.
Questi fattori possono mettere sotto pressione i premi di rischio richiesti dal mercato per gli asset italiani? Quali sono le sue ipotesi sui movimenti dello spread tra i decennali di Btp-Bund?
Da inizio 2018 i titoli italiani si sono mossi molto bene, arrivando a 120 punti base nei confronti dei Bund, per poi ritracciare sino a 130-140 nella settimana prima delle elezioni. Dopo il risultato elettorale, eccezion fatta per una breve puntata a quota 140, si sono consolidati nuovamente in area 130, a testimonianza di un sentimento del mercato di tipo ‘wait and see’, in attesa di capire gli sviluppi futuri. Se lo scenario centrale di un governo moderato dovesse essere confermato, allora lo spread potrebbe performare positivamente grazie al buon momento economico, riducendo il gap con la Spagna. Tuttavia, nel medio periodo restano valide le considerazioni esposte in precedenza.
Negli ultimi cinque mesi l’esposizione del comparto Generali Investments SICAV Euro Bond verso le obbligazioni periferiche è stata sovraponderata in Spagna (dal 15 al 22%) mentre l’esposizione verso l’Italia è stata gestita prudenzialmente (con una riduzione dal 52 al 46%). Ha ridotto l’esposizione all’Irlanda aumentando di qualche punto quella verso Francia e Germania. Quali sono le ragioni di questi movimenti?
Con la mitigazione del rischio politico legato alle spinte indipendentiste in Catalogna, il cui impatto economico generale è stato ad oggi tutto sommato contenuto, la Spagna ha cominciato a sovraperformare, supportata da una buona crescita economica e dalle aspettative di upgrade del suo rating. Per contro, la scelta di ridurre l’esposizione verso l’Italia nasce dalla volontà di gestire in modo più conservativo il rischio legato alle elezioni politiche; nonostante questo, i Btp decennali si sono comportati piuttosto bene, restando sempre attorno al 2%, mentre lo spread ha stretto di 30 punti base da inizio anno.
La riduzione del sottopeso sui paesi core è invece legata all’incremento dei tassi core da inizio anno, oltre i massimi del 2017. Ho scelto di aumentare soprattutto il peso della Germania, poiché credo che i tassi core non potranno risalire più di tanto, dati l’inflazione ancora bassa e l’atteggiamento della Banca centrale europea (Bce) sempre piuttosto soft.
Quali saranno gli effetti sui mercati dei bond sovrani europei, e in particolare sui rendimenti delle obbligazioni italiane, della progressiva normalizzazione della politica economica della Bce, soprattutto in vista della probabile terminazione del QE a fine anno?
In questo periodo, oltre al tema delle prospettive dei paesi periferici e dell’andamento al rialzo dei tassi core, incomincia a farsi interessante anche il trend futuro della curva dei rendimenti. Con la fine del QE, l’attenzione si sposterà su Mario Draghi e sulle tempistiche scelte per il rialzo dei tassi; nel momento in cui il mercato si focalizzerà su questo aspetto, la curva dei rendimenti probabilmente comincerà ad appiattirsi, segnalando un cambio di trend rispetto al passato, quando invece le aspettative del mercato erano per un suo steepening.
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