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Per quasi due italiani su cinque i consulenti finanziari sono i principali punti di riferimento in materia finanziaria. È quanto emerge dall’indagine Risparmio informato, svolta all’interno del progetto di ricerca triennale Opinion Leader 4 Future e condotta dall’Università Cattolica in collaborazione con Credem.
Obiettivo dello studio era proprio comprendere quali fossero i punti di riferimento in ambito finanziario e individuare il loro ruolo all’interno della società, analizzando i modelli di riferimento nel campo dell’educazione finanziaria per un campione di 140 intervistati appartenenti a tre generazioni X, Y e Z (dai 20 ai 59 anni). Tre gli ambiti indagati: i riferimenti in materia finanziaria, le aspettative e le modalità su cui investire.
Prima evidenza è che il concetto di educazione finanziaria viene spesso associato a sentimenti contrastanti: alcune persone lo collegano a temi positivi come consapevolezza, responsabilità e sicurezza, mentre altre a giudizi negativi come difficoltà e noia, che mostrano un allontanamento da sé del concetto.
Ma dai dati emerge che tutte le fasce d’età fanno riferimento agli esperti di settore e consulenti di diversa natura (ad esempio consulenti finanziari degli istituti bancari, assicuratori, commercialisti di famiglia), citati appunto dal 37% degli intervistati. Segue la famiglia, e in particolare i genitori, per il 25% del campione, valore che sale al 41% per i più giovani Y e Z (20-39 anni). Al 21% vi sono poi le banche, intese come istituzioni e fonte di informazioni su nuovi prodotti e nuovi servizi finanziari. E ciò che colpisce è che anche su questo fronte si sottolinea l’importanza di rendere la comunicazione il più possibile facile, diretta e personalizzabile. Grande importanza è data infine anche alle competenze personali, a partire da esperienze scolastiche e professionali pregresse.
Tutte le generazioni concordano poi sull’importante ruolo ricoperto dalla scuola e dalle università, considerate dal 40% luoghi ideali per lo sviluppo di una prima fase di consapevolezza e conoscenza circa il tema dell’educazione finanziaria, la stessa sintonia riguarda il ruolo della famiglia (19,3%). Tra i canali ai quali è riconosciuto il maggiore potenziale, però, la medaglia d’argento va ai social media e agli influencer (30%), medaglia d’oro se si guarda solo ai più giovani. Oltre la metà dei Millennials e degli Zeta li ha infatti riconosciuti tra i canali più efficaci (51,4%). Dati molto diversi provengono invece dai più adulti: il mondo dei social è citato solo dall’8,6% di loro, mentre considerano di gran lunga più rilevante il web generalista (21,4%).
Il modello, attualmente in fase di studio che vede nella ricerca il suo punto di partenza, mira a tratteggiare concreti ambiti di sviluppo in termini strategici, metodologici e non da ultimo strumentali. La ricerca fornisce perciò anche alcuni spunti. Tra gli ambiti da esplorare in un approccio multi-step e multi-touchpoint lo sviluppo di una ‘rete’ di soggetti interconnessi, pensato per accrescere il livello di educazione finanziaria dei cittadini, specie i più giovani.
I risultati raccolti sul campo potrebbero permettere in una prima fase di attivare campagne di sensibilizzazione capaci di intercettare i bisogni e le aspettative anche del target più giovane. A seguire si ipotizza una stretta collaborazione con opinion leader online vicini alla materia. L’attività sui social potrebbe offrire originali stimoli per rivedere i programmi educational e per incrementare piattaforme e software finalizzati ad una più attenta gestione delle proprie finanze.
In particolare, la ricerca mette in evidenza le diverse funzioni che ciascun leader di opinione, a seconda delle sue competenze e abilità, potrebbe ricoprire nella missione di sensibilizzazione e informazione sui temi dell’educazione finanziaria. Tra le dimensioni riconosciute su cui opererebbero i leader di opinione ne sono state individuate cinque: dissemination, coaching, tutoring, networking ed empowerment.
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