Riforma fiscale Usa, i gestori: “Nuova linfa alle Pmi, ma la copertura resta dubbia”
7 dicembre 2017
di Eugenio Montesano
4 min
La riforma fiscale americana arriva all’ultimo step, con l’amministrazione Trump che stringe i tempi e prova a chiudere entro Natale. Tre gestori inquadrano le principali novità e i risvolti di politica monetaria e asset allocation.
La scorsa settimana il Senato Usa ha approvato la monumentale riforma fiscale – una legge di 500 pagine che contiene i cambiamenti più importanti introdotti dal 1980 – voluta dall’amministrazione Trump che prevede un taglio delle tasse di circa 1.400 miliardi di dollari attraverso la riduzione della tassazione sulle imprese dal 35 al 20% circa (oppure al 22% qualora l’aliquota fosse rinegoziata per finanziare sgravi fiscali alle famiglie).
L’approvazione della riforma è il primo vero successo di una presidenza che, a poco più di un anno dalle elezioni, ha finora mostrato più ombre che luci. Se portata a termine, questa riforma solleverebbe l’amministrazione repubblicana da una serie di fallimenti legislativi tra cui la mancata abolizione dell’Obamacare – uno dei punti principali dell’agenda Trump.
Il prossimo passo sarà conciliare il testo passato al senato con la riforma approvata dalla camera a metà novembre – un passaggio che i leader repubblicani sperano di poter completare entro Natale. Il senatore repubblicano Ted Cruz ha allarmato sulle possibili conseguenze negative di un posticipo della riforma fiscale, ma al momento appare improbabile che le differenze che separano le due camere del Congresso si rivelino un ostacolo.
Intanto l’economia americana scoppia di salute, vicina come è alla piena occupazione e con un tasso di crescita annuale aggregato che sfiora il 3%. E da un punto di vista economico si stima che la riforma fiscale dovrebbe aumentare il Pil in media dello 0.8% nei prossimi 10 anni, portando di conseguenza un aumento del gettito fiscale che però difficilmente compenserà una riduzione così drastica dell’aliquota. Si prevede infatti che la riforma aumenti il deficit di almeno 1 trilione di dollari in un decennio.
Cosa aspettarsi nel breve e nel medio lungo-termine? La riforma ha la forza propulsiva per estendere la vita del ciclo economico a stelle e strisce? Lo abbiamo chiesto a tre esperti tra economisti, analisti e gestori di fondi italiani e internazionali.
A Wall Street festeggiano le Pmi “È la prima vera riforma di Trump che supporta buybacks e mercato azionario”, spiega Alfonso Maglio, responsabile ufficio studi di Marzotto Sim.
Alfonso Maglio, responsabile ufficio studi di Marzotto Sim.
L’effetto sugli investimenti è più incerto: come si può intuire dalle ultime reporting season le casse di molte aziende americane hanno già ampiamente beneficiato del ciclo economico. Pertanto, è difficile immaginare che aziende con molta liquidità a disposizione aumentino ulteriormente gli investimenti a fronte di un taglio delle tasse.
È più probabile, invece, che il management di queste aziende preferisca distribuire parte della cassa agli investitori, attraverso (ulteriori) buybacks o dividendi più consistenti, soprattutto se le opportunità d’investimento rimangono costanti. La riforma di conseguenza è molto positiva per il mercato azionario statunitense, ed in particolare per le aziende molto esposte all’economia interna, quindi medium e small cap.
Politica monetaria Inoltre, la manovra, fortemente espansiva, probabilmente guiderà la Fed ad aumentare i tassi con una velocità maggiore del previsto – seppur molto lentamente e gradualmente – spingendo al ribasso i prezzi del mercato obbligazionario e sostenendo il dollaro.
Una riforma non priva di insidie Secondo Eric Vinograd, senior US economist di AllianceBernstein, l’impatto della riforma sull’economia non sarà abbastanza né per un’accelerazione della crescita, né per non avere ricadute sui bilanci pubblici Usa.
Eric Vinograd, senior US economist di AllianceBernstein
I cambiamenti fiscali della riforma non saranno né rivoluzionari, né di particolare effetto per l’economia reale. Nel breve termine, le nostre stime vedono un incremento marginale del tasso di crescita nell’ordine di uno 0,2-0,3% annuo per il biennio 2018/2019. Nel lungo termine, però, l’impatto sarà minimo, in quanto alcuni dei punti della manovra non saranno più applicabili, in ottemperanza al tetto massimo di 1,5 trilioni di dollari posto sul debito affinché il testo passasse il vaglio del Senato. Se la scadenza di tali termini fosse prorogata, le conseguenze sulla crescita potrebbero essere riviste, ma dovremo attendere ancora qualche anno per saperlo.
Politica monetaria Una crescita più veloce porta con sé una maggiore inflazione. Se la crescita economica è già oltre, poi, alle stime a pieno regime della Fed, uno stimolo fiscale non va che ad accrescere le probabilità di una politica monetaria più stringente. Considerando gli effetti limitati della riforma – conseguenze che verranno ancor più limate dall’irrigidimento della politica monetaria – a oggi non possiamo che confermare la nostra previsione di quattro rialzi dei tassi nel corso del 2018.
I costi della riforma Alcune voci del Congresso sostengono che i tagli alle aliquote verranno compensati dalla crescita economica che andranno ad innescare, ovvero che la riforma si pagherà da sola. Secondo i nostri calcoli, tuttavia, ci vorrà una spinta al Pil molto più forte di quella data da questa legge perché non ci siano ricadute sulle entrate. I segnali indicano infatti che il deficit Usa si espanderà tra i 600 milioni e i 1,5 trilioni di dollari in più di quanto non avrebbe fatto a carte ferme.
Notizia prezzata, ma le Pmi offrono valore. Rischio bolla sul ciclo Lorenzo Di Mattia, gestore per Hedge Invest del fondo HI Sibilla Macro, è convinto della bontà della riforma e della possibilità di estrarre ancora rendimento dai listini Usa. Ma una correzione – e la fine del ciclo – sono ormai prossime.
Lorenzo Di Mattia, gestore per Hedge Invest del fondo HI Sibilla Macro
Il mercato ha già largamente prezzato la notizia, basti pensare che dal giorno delle elezioni l’S&P 500 è salito del 30% e il Russell 3000 del 40% – movimenti avvenuti anche per le scommesse sull’approvazione della riforma.
Gli economisti tradizionali lamentano che una riduzione del gettito fiscale porterà a un aumento del debito pubblico, mentre gli economisti di scuola reaganiana ritengono che l’economia possa crescere di più e che la riforma “si paghi da sola” con il rientro di capitali e gli afflussi fiscali di nuove società che decidono di stabilirsi nel paese. Di certo il taglio di quasi il 50% della tassazione alle imprese restituisce competitività agli Usa come potenziale quartier generale per le multinazionali. Lo svantaggio fiscale dell’America era forte se paragonato a paesi sviluppati che a confronto sembravano quasi dei paradisi fiscali, come il Regno Unito (aliquota al 19%) o l’Irlanda (12%).
I critici della riforma si concentrano anche sul fatto che l’effective tax rate (l’aliquota effettiva, che varia da settore a settore e tiene conto anche di sgravi e agevolazioni) era già più basso del 35% attuale attestandosi in un intorno del 27-25%. A questa osservazione si può obiettare che l’effective tax rate della nuova aliquota non sarà al 20% ma sarà ancora più basso sempre alla luce delle agevolazioni, che saranno mantenute.
Proprio uno degli aspetti che il mercato non ha ancora prezzato al 100% è è l’impatto sulle aziende medio piccole con alti effettive tax, rate che beneficeranno maggiormente del calo sostanziale dell’aliquota effettiva.
La riforma in sé può anche avere effetti positivi sul ciclo economico americano, ma non saranno i fondamentali a decretarne la fine, bensì una grossa correzione. Il ciclo è già molto tirato e lo scoppio di una bolla sugli asset più rischiosi – bitcoin in primis, ma anche credito high yield sia americano che europeo, che oggi hanno tassi davvero troppo bassi rispetto ai default rate – può infatti inaugurare una lunga fase di bear market.
In attesa della nomina del nuovo chairman della Fed, l’economia americana è più che mai sotto la lente degli investitori. Ne parliamo con Ugo Montrucchio, gestore multi asset di Schroders
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