Articolo pubblicato su FR MAGAZINE | Giu – Lug 2018 |
Traslare il rischio dal mercato al gestore per affrontare l’attuale contesto di mercato, fatto di tassi in aumento e ritorno della volatilità. Continua il successo dei fondi multi asset flessibili e bilanciati, best seller da inizio anno
Azioni o obbligazioni? È il dilemma di ogni investitore, che tipicamente ha in pancia due rischi: i tassi di interesse e l’equity. Ed è qui che entrano in gioco i fondi multi asset bilanciati e flessibili, strumenti versatili nella combinazione delle classi di attivo che offrono esposizione a un ampio portafoglio di titoli al fine di scongiurare lo spettro di un eccesso di volatilità̀.
L’investitore che sceglie i multi asset ricerca un limitato grado di sensibilità̀ ai mercati – sempre più̀ in fermento per la normalizzazione delle politiche monetarie globali, l’aumento (seppur graduale) dell’inflazione e le tensioni geopolitiche – richiedendo periodiche revisioni dell’asset allocation. Dunque non stupisce che nel 2018 i risparmiatori italiani abbiano finora premiato soprattutto questa categoria di fondi, con afflussi complessivi per 13,5 miliardi nel primo trimestre (9,2 miliardi per i flessibili e 4,3 per i bilanciati, dati Assogestioni).
Con i tassi in graduale ma inesorabile aumento la gestione obbligazionaria è sempre più̀ complicata. Se a questo si aggiungono i saliscendi della volatilità̀, ecco spiegato perché́ i prodotti multi asset si confermano i preferiti dai consulenti, che scelgono di rivolgersi a strategie dove, oltre ad azioni e obbligazioni, si può spaziare su commodity, valute, convertibili, Etf.
“I rendimenti obbligazionari, complici prezzi delle materie prime in risalita e l’allentamento delle tensioni geopolitiche, risalgono verso quota 3% sul decennale USA. Continua il comportamento positivo dell’azionario europeo, che sovraperforma l’indice S&P di quasi 7 punti percentuali da inizio marzo” osservano Andrea Delitala e Marco Piersimoni, rispettivamente head of investment advisory e senior portfolio manager di Pictet.
“Lo schema di risposta dei mercati finanziari sembra cambiato rispetto a 12 mesi fa. C’è maggiore nervosismo e seppure la stagione delle trimestrali USA è andata oltre le attese, ciò non è stato sufficiente a riportare la tranquillità sui mercati” spiegano Delitala e Piersimoni, che per il prossimo trimestre punteranno sull’azionario sulla spinta della crescita degli utili aziendali.
“Tensioni geopolitiche sopite e inflazione che per il momento non spaventa dovrebbero sostenere i mercati azionari, che presentano valutazioni tornate su livelli più ragionevoli, con prezzi pari a circa 16 volte gli utili a 12 mesi rispetto a gennaio, quando il mercato trattava su multipli superiori a 18. Manteniamo l’orientamento favorevole all’azionario europeo – l’indebolimento della valuta favorisce gli utili delle aziende che esportano – e selettivamente su alcuni settori che dovrebbero fare bene nelle fasi finali del ciclo economico, come energia e healthcare”.
E se il mercato rialzista dei paesi sviluppati fosse ormai maturo? Il livello di attenzione per non farsi cogliere impreparati dalla fine di un ciclo da record – il secondo più lungo della storia – è sempre più alto e secondo Johanna Kyrklund, capo del multi asset globale di Schroders, “è inevitabile che gli investitori stiano ripensando le proprie strategie”.
Tre i «comandamenti» della specialista della casa britannica. Primo: non essere avidi. “Le valutazioni sono molto tirate e a questo punto del ciclo bisogna essere pronti a lasciare un po’ di rendimento sul terreno. E a non inseguire i titoli growth”. Secondo: diversificare. “Per restare investiti in maniera prudente potrebbe essere opportuno distribuire il rischio tra diverse fonti di ritorni. Abbiamo diversificato i nostri portafogli con esposizioni alternative di tipo relative value e strategie valutarie. Nel comparto azionario, abbiamo una certa esposizione sui titoli value, che mostrano una minor sensibilità verso i tassi di interesse”. Terzo: avere una exit strategy. “Bisogna usare le giornate di bassa volatilità per pianificare la propria strategia difensiva. Nessuno vorrebbe dover modificare la propria strategia «al volo», nel bel mezzo di una fase di volatilità di mercato”, conclude Kyrklund.
I gestori continuano ad avere una visione positiva sull’equity, nonostante i numerosi campanelli d’allarme. Tuttavia, non mancano i rischi. Tra questi, l’inflazione, il protezionismo e una possibile frenata degli utili
Come ampiamente previsto, il Federal Open Market Committee (Fomc) – il braccio di politica monetaria della Federal Reserve – ha alzato i tassi di interesse per la seconda volta nell’anno in corso portandoli all’1,75-2%. Ecco le reazioni dei gestori.
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