Italia: l’incertezza politica crea volatilità, ma anche opportunità
Intanto Moody’s delibererà su un possibile downgrade dell'Italia a fine ottobre
2 min
Dati contrastanti sullo stato di salute dell’economia italiana. La produzione industriale, secondo l’Istat, affronta una “brusca discesa” nel mese di luglio, registrando la prima flessione tendenziale da giugno 2016. Dall’altro lato, il mercato del lavoro si è ripreso tornando a livelli pre-crisi a seguito dell’ulteriore aumento dei dipendenti a termine. Insomma, un quadro in chiaro scuro quello relativo al presente. Ma il futuro, secondo l’analisi di Gero Jung, chief economist di Mirabaud Am, non promette nulla di buono e il raffronto con l’Europa appare impietoso: “Mentre per la zona Euro nel complesso le letture del Pmi di agosto mostrano una crescita del 2,2% del Pil reale, in netto miglioramento rispetto ai dati del primo semestre 2018, il Pmi italiano è sceso di 1,3 punti per un totale di soli 51,7 punti, al di sotto della media registrata tra il 2014 e il 2016, periodo in cui il Pil reale italiano è cresciuto di uno scarso 0,8%”.
Non è un mistero poi che l’Europa guardi all’Italia con estrema preoccupazione, tanto che, in vista della legge di bilancio, il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, ha lanciato un messaggio forte: “L’Italia è un problema in seno all’Europa e deve presentare un budget credibile”. Alle parole di Moscovici sono seguite quella di Mario Draghi, presidente della Bce: “Purtroppo abbiamo visto che le parole hanno fatto alcuni danni, con i tassi che sono saliti per le famiglie e le imprese”.
Intanto il titolare di via XX Settembre, Giovanni Tria, è al lavoro per far quadrare i conti in vista dell’approvazione della manovra finanziaria, i cui costi si dovrebbero aggirare intorno ai 40 miliardi. Il ministro dell’Economia ha recentemente annunciato che lavorerà per la riduzione graduale delle aliquote Irpef nel rispetto dei vincoli di bilancio. Più freddo, invece, sul reddito di cittadinanza visto che “bisogna continuare con la riduzione del rapporto debito/Pil”.
Sul fronte degli investimenti, la ricerca degli esperti di Dws Investments, suona come un campanello d’allarme visto che “gli investitori esteri, nel complesso, hanno aumentato le proprie posizioni sui titoli di Stato italiani di 373 miliardi di euro. Altri investitori italiani, quali famiglie e imprese, hanno invece ridotto le loro posizioni di 289 miliardi di euro. Sembra quindi che siano i risparmiatori italiani, e non gli investitori esteri, a non fidarsi del Belpaese”.
Anche i correntisti italiani sono a rischio. La Federcontribuenti, attraverso l’economista Fabrizio Zampieri, spiega che “il mercato dei titoli di Stato in Italia sta diventando praticamente un affare domestico. Questo vuole dire che i titoli venduti dagli investitori stranieri sono in gran parte ricomprati dalle istituzioni finanziarie italiane ma, a loro volta, le banche italiane hanno come garanzia il denaro di risparmiatori e obbligazionisti che risponderebbero con i propri capitali e risparmi in caso di dissesti finanziari, grazie alla procedura del bail in. Molti titoli di Stato dipendono dalle banche. ”Se dovesse succedere qualche evento negativo – rileva il prof. Zampieri – potrebbero essere ancora i conti correnti dei risparmiatori italiani a pagarne le conseguenze”.