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Nell’ambito del settore bancario e finanziario, il tema della diversità di genere ha ricevuto l’attenzione non solo da parte di alcuni legislatori nazionali, ma anche del legislatore europeo
No agli stereotipi, sì a modelli più ecosostenibili. Questo è il messaggio che è risuonato forte nella conferenza di chiusura della seconda giornata del Salone del Risparmio: “Diversità e inclusione: una sfida per il settore del risparmio gestito”. Un momento di incontro e di riflessione sulla differenza di genere come risorsa preziosa per lo sviluppo delle imprese.
“Inclusione e diversità sono competenze utili al futuro del sistema; fattori abilitanti di una trasformazione verso un ecosistema di valore, più sostenibile”, ha commentato Valentina Mosca, partner di Hermes Consulting. La prima sfida per far emergere le potenzialità di un’organizzazione è “uscire dal normotipo per entrare nell’universalità – ha aggiunto ancora Mosca – Nelle aziende si tende sempre a selezionare chi è simile. Ma in questo modo non ci si arricchisce di nessuna diversità. Inoltre, bisogna imparare a essere bio-complementari, lavorare per abilitare ogni cellula, imparando a essere interconnessi e cooperativi”.
Una sfida nella sfide, dunque, che vede inclusione e diversità come due fattori abilitanti. “L’effetto degli stereotipi, in particolare di genere, che agiscono sia dal lato dell’offerta sia dal lato della domanda di lavoro porta a uno spreco di talento che danneggia le donne, le imprese e la società”, ha puntualizzato Luisa Rosti docente di economia all’Università di Pavia. Insomma, agire secondo stereotipi è un costo per la società. Bisogna, quindi, cominciare a lavorare per favorire un adeguato livello di “diversity”.
E in questo senso, “le normative sulle politiche di genere possono rappresentare un’opportunità di spinta verso la sperimentazione di nuovi modelli”, ha argomentato Roberta D’Apice, direttore del settore legale di Assogestioni. Nell’ambito del settore bancario e finanziario, il tema della diversità di genere ha ricevuto l’attenzione non solo da parte di alcuni legislatori nazionali, ma anche del legislatore europeo. “Un punto importante su cui dobbiamo avere consapevolezza”, ha sottolineato D’Apice.
In particolare, i regolatori europei hanno introdotto una serie di misure a sostegno della diversità, volte da un lato a implementare la presenza femminile negli organi sociali e nelle posizioni manageriali degli intermediari e dall’altro lato a eliminare le disparità retributive di genere. In Uk, per fare qualche esempio, la “Women in Finance Charter (è un accordo tra il Ministero del Tesoro Britannico e le imprese aderenti) esorta le imprese di servizi finanziari a sostenere l’avanzamento delle donne a posizioni senior. In Italia, invece, il Comitato per la Corporate Governance a luglio dello scorso anno ha inserito nel Codice di autodisciplina delle società quotate la raccomandazione ad adottare i criteri di diversità di genere e misure per promuovere la parità di trattamento e di opportunità tra generi. E ancora, la Francia ha approvato quest’anno una nuova legge sulla retribuzione di genere che imporrà multe fino all’1% del fatturato a tutte le aziende con più di 50 dipendenti che non cancelleranno il divario salariale di genere entro il 2022.
“Tutte queste iniziative e misure normative sono una testimonianza di come i concetti di diversità e inclusione non siano formule vuote, ma temi rilevanti sul piano giuridico in quanto idonei a fondare veri e propri obblighi per le società e i loro organi di amministrazione e di controllo”, ha concluso D’Apice.