La qualità della consulenza si basa sulla gestione dell’emotività e sull’educazione finanziaria dei clienti. Trasferire conoscenza fornisce strumenti che aiutano il risparmiatore a crescere e progredire. Parlano gli esperti di Efpa Italia
La prima dote di un buon CF? È la capacità di comunicare con il cliente. “Trasferire conoscenza è un compito sociale, perché si forniscono degli strumenti che possono aiutare un’altra persona a crescere e progredire” affermano Giuseppe Meli, business, executive, corporate & career coach e Duccio Martelli, docente di Economia degli intermediari finanziari presso l’università di Perugia. Entrambi sono membri del Comitato scientifico di Efpa Italia. FocusRisparmioli ha intervistati “in tandem”.
Come si fa educazione finanziaria verso i propri clienti in modo efficace?
Giuseppe Meli, business, executive, corporate &
Giuseppe Meli: Capita che un consulente finanziario indugi su competenze troppo tecniche, utilizzando termini specifici che risultano incomprensibili all’interlocutore. La chiave, a mio parere, risiede invece nella spiegazione di pochi concetti, in maniera semplice e mirata. In questo modo si riesce a trasferire il concetto non solo al cliente, ma anche al suo nucleo familiare, spesso coinvolto nelle scelte di investimento.
Duccio Martelli: Il concetto di “educare” presuppone la corretta gestione di una serie variabili, a partire dalla conoscenza dei meccanismi cognitivi legati ai processi di apprendimento. Ecco perché la maggior parte delle iniziative promosse sembrano non dare i ritorni sperati. Personalmente credo più nella realizzazione di “percorsi” di educazione finanziaria, che di semplici “corsi” o iniziative sporadiche.
Perché il tema delle rendicontazioni dei costi, della riduzione dei margini e del (possibile) ridimensionamento di incentivi e rebate non deve spaventare i consulenti finanziari?
Giuseppe Meli: Rendicontazioni e riduzioni dei margini non devono spaventare il consulente finanziario, ovvero colui che svolge la sua professione con vocazione e passione. Il professionista che è in grado di offrire un servizio di qualità (comprendendo le esigenze del proprio cliente e identificando, nella miriade di soluzioni disponibili sul mercato, quelle più adeguate) non deve infatti temere l’esposizione del proprio consenso, poiché viene riconosciuto per il suo valore.
Duccio Martelli, docente di Economia degli intermediari finanziari presso l’università di Perugia
Duccio Martelli: Credo che la qualità dei servizi di consulenza si basi su due elementi: la gestione dell’emotività e l’educazione finanziaria dei clienti. Sono solito dire che “un cliente educato è un cliente fidelizzato”: la maggior consapevolezza da parte del cliente, non tanto degli aspetti tecnici legati agli investimenti, quanto delle competenze necessarie per comprendere e soddisfare i suoi reali bisogni, rende quel cliente più disponibile a remunerare adeguatamente i servizi consulenziali ricevuti.
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L’affermazione dei prodotti a gestione passiva rende più difficile il ruolo del consulente?
Duccio Martelli: Non credo che i prodotti a gestione passiva rappresentino un vero problema per i consulenti. La bontà di un prodotto o di un servizio non si valuta solo in relazione alla variabile prezzo. I vari prodotti, siano essi a gestione passiva o attiva, possono infatti rappresentare validi strumenti di investimento, a seconda dei vincoli e delle aspettative che il consulente deve gestire. La vera leva per creare valore per il cliente resta sempre la corretta gestione della sua emotività.
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