Petrolio in rialzo nel breve termine su tensioni Usa-Iran
L'uccisione del generale Soleimani ha fatto balzare il greggio e i beni rifugio. Ma per gli esperti a meno di escalation i prezzi non dovrebbero salire ancora a lungo
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Presto dovremo abituarci a fare i conti, è il caso di dirlo, con il petrolio a 80 dollari al barile. Colpa di guerre più o meno fredde? Non necessariamente. Il caro-barile diventerà la normalità nel giro di un paio di anni, al netto di eventuali shock geopolitici. Lo sostiene Michel Salden, portfolio manager commodities di Vontobel Asset Management, secondo cui anche se la probabilità di uno scontro diretto tra Stati Uniti e Iran si è ridotta nel breve periodo, e questo spiega perché il petrolio è tornato ai livelli di fine anno, i rischi sono aumentati e, soprattutto, non è detto che la produzione di scisto statunitense riuscirà a compensare il calo mediorientale nei prossimi anni.
“Le diverse milizie in Yemen, Iraq, Libano, Siria possono ancora rispondere attaccando le infrastrutture energetiche globali e le spedizioni, ecc – spiega Salden -. Israele e gli Stati Uniti li hanno attaccati direttamente all’inizio del nuovo anno e la questione è se l’Iran (senza Soleimani) può tenerli sotto controllo. Se un importante impianto di produzione venisse colpito da droni o da attacchi diretti, ciò porterebbe a un ulteriore aumento del prezzo del petrolio di 5-15 dollari. Senza queste escalation, quest’anno il prezzo del petrolio si aggira intorno ai 65-75 dollari”.
Ma anche senza un’escalation i prezzi potrebbero salire: a lungo termine i rischi geopolitici sono tutt’altro che scomparsi. Se l’Iran accelerasse davvero il suo programma sull’uranio, questo indurrebbe Israele a colpire. Inoltre, gli Stati Uniti si stanno ritirando passo dopo passo dal Medio Oriente, e poiché la Nato non è in grado di farsi coinvolgere, o si creerà un nuovo vuoto o la Russia (e la Cina) otterrà un maggiore controllo della regione. In questo periodo di transizione, gli attriti sunniti e sciiti potrebbero riapparire e l’Isis potrebbe facilmente riattivare e attaccare direttamente le strutture in Paesi chiave per la produzione come l’Iraq e la Libia. Quindi, a detta dell’esperto, il rischio di un’ulteriore escalation nel lungo periodo è sostanzialmente aumentato rispetto a 3 mesi fa.
Cos’altro dovrebbe succedere per portare i prezzi al di sopra dei 100 dollari al barile? Secondo Salden, sebbene la crescita della domanda globale di greggio sia destinata a rimbalzare (oltre 1,2 mbpd nel 2020) nei prossimi anni, un livello di prezzo strutturalmente pari a 100 dollari al barile nel 2020 ucciderebbe la ripresa economica globale e frenerebbe la crescita del consumo energetico globale.
Tuttavia, per il lungo termine, cioè i prossimi 5 anni, rimane incerto se la produzione di scisto statunitense continuerà ad espandersi e fornirà una capacità produttiva di riserva sufficiente a compensare il calo strutturale della produzione in Medio Oriente. “La nostra opinione è che i mercati petroliferi diventeranno strutturalmente insufficienti per il periodo tra il 2022 e il 2027 e che il livello dei prezzi di 80 dollari diventerà la nuova norma per allora. Qualsiasi shock geopolitico porterà i prezzi sostanzialmente al di sopra di questo nuovo livello di base”, conclude Salden.