Monitor Reddito fisso – Torna la propensione al rischio
Merito della ripresa economica e delle banche centrali. Per l’high yield meglio Usa ed Europa. Occasioni anche nel debito corporate emergente. La view dei gestori
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La ripartenza delle economie dopo il lockdown ha dato gas alle Borse, ma per molti addetti ai lavori l’euforia è eccessiva o almeno non tiene troppo conto dei rischi, reali e minacciosi, che restano all’orizzonte. E così il consiglio più comune tra i gestori è sì quello di approfittare del rally, finché si può, ma tenendo ben presente le prospettive di medio periodo e adottando le dovute protezioni.
“Il crollo dei consumi indotto dal lockdown ha innescato una crisi velocissima – osserva Matteo Ramenghi, chief investment oficer di Ubs Gwm in Italia -. Ora finalmente comincia la ripresa e i mercati stanno scommettendo sul fatto che sarà molto rapida. Probabilmente sarà così se si eviteranno circoli viziosi derivanti da seconde ondate di contagi o da default a catena in alcuni settori tra quelli più colpiti. Proprio per questo, facendo tesoro degli errori del 2008 i governi hanno varato stimoli fiscali che a livello globale superano di oltre tre volte il livello del 2009. Parallelamente l’80% delle banche centrali di tutto il mondo ha varato misure espansive, spesso senza precedenti”.
Basterà? Non è dato saperlo, ma quello che è certo, secondo l’esperto, è che la crisi lascerà i governi molto più indebitati, rendendo necessari tassi d’interesse molto bassi a lungo, e accelererà alcuni trend già in corso, come la rilocalizzazione di attività produttive dai mercati emergenti alle economie più avanzate, sfruttando le nuove tecnologie e la robotica.
“Il rischio di una reazione emotiva è dietro l’angolo e per questo occorre mantenere una prospettiva e guardare oltre il breve termine – mette in guardia Ramenghi -. Il mercato del credito ha recuperato meno dell’azionario e offre un buon potenziale in considerazione dello scenario dei tassi d’interesse. Abbiamo un sovrappeso sulle obbligazioni corporate investment grade e high yield e sui titoli di Stato emergenti in valuta forte e siamo inoltre positivi su alcuni titoli di Stato come il Btp decennale. Infine, in base alle principali misure fondamentali il dollaro è sopravvalutato. Si tratta ovviamente di una valuta speciale, in quanto l’unica veramente globale con la quale vengono trattate le materie prime. Questa sua caratteristica spesso giustifica un ‘premio’ ma, in considerazione dell’ampio deficit del bilancio pubblico di quest’anno e della liquidità immessa dalla Fed, è possibile che questo premio venga messo sotto pressione nei prossimi mesi”.
Troppo ottimismo vedono anche Bert Flossbach e Tobias Schafföner, rispettivamente co-fondatore e investment analyst di Flossbach von Storch, secondo cui i mercati dei capitali restano nella morsa del Covid-19. “Per questa ragione oggi continuiamo a concentrarci su aziende caratterizzate da un’elevata qualità, intesa come connubio di potenziale di crescita della stessa azienda e del suo ‘sistema immunitario’- spiegano -. Quest’ultimo è composto essenzialmente da due aspetti: la resilienza, ossia la capacità degli utili di resistere alle crisi, e la solidità del bilancio”.
Per i due esperti, grazie ai giganteschi pacchetti di salvataggio di molti Stati e alla disponibilità quasi illimitata delle banche centrali, una battuta d’arresto dei mercati azionari è piuttosto improbabile. Ma il recente rally delle azioni ha già scontato un rapido ritorno alla normalità. Ecco perché, a fronte di una carenza di investimenti redditizi dovuta al livello storicamente basso dei tassi d’interesse e all’aumento spropositato delle valutazioni azionarie, Flossbach e Schafföner continuano a privilegiare beni materiali, come le azioni e l’oro (non fisico). “Poiché è improbabile che la ripresa dell’economia reale e il ritorno allo status quo precedente avvengano così rapidamente come attualmente sperato, abbiamo confermato la copertura su parte dell’esposizione azionaria. Ci concentriamo su società con un’elevata continuità degli utili, bilanci solidi e un potenziale di crescita a lungo termine. Con questa attenzione alla qualità delle società in cui investiamo, i portafogli sono ‘a prova di crisi’, indipendentemente dalla loro esposizione azionaria”, aggiungono.
Punta l’attenzione sull’Europa Altaf Kassam, responsabile investment strategy and research per l’area Emea di State Street Global Advisors, secondo cui la sovraperformance registrata potrebbe essere solo una magra consolazione. “Anche se, in generale, l’Europa è riuscita a contenere meglio la diffusione del Covid-19 e sembra che le economie del Vecchio continente riapriranno prima e con maggior successo (si vedano gli ultimi dati dell’indice Pmi francese), persistono ancora molte fonti di incertezza”, evidenzia.
A questo proposito l’esperto cita la Brexit, le tensioni tra Germania e la Bce, la nuova alleanza franco-tedesca, i cosiddetti paesi frugali e gli attriti tra Usa e Unione Europea sulla tassa sui servizi digitali, oltre al danno collaterale che l’Europa, e soprattutto la Germania, subirà quando gli Stati Uniti e la Cina continueranno a sfidarsi in ambito politico ed economico. “La sovraperformance dell’Europa si basa su una ripresa del settore finanziario, che è difficile da prevedere nell’attuale contesto con curve di rendimento basse e piatte e senza una qualche forma di arbitraggio regolamentare, ambito in cui gli Stati Uniti sembrano essere molto più abili. Insomma, godetevi questo rally finché dura”, avverte Kassam.
Secondo Patrice Gautry, chief economist di Ubp, a guidare la ripresa nel terzo trimestre sarà la Cina, seguita dalla Germania, con Usa e Regno Unito, tradizionalmente molto flessibili, pronti a recuperare terreno in breve tempo. “È probabile che nell’economia post-lockdown gli Stati e i settori non si muovano in sincronia – chiarisce -. Tale situazione potrebbe essere amplificata dalle diverse politiche in atto volte a sostenere la ripresa dell’economia interna e in particolare la spesa al consumo. Le rinnovate tensioni commerciali a livello globale e l’emergere di una nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina potrebbero far sì che l’economia mondiale si orienti maggiormente verso il regionalismo”.
“Sebbene il ritmo della crescita potrebbe accelerare rapidamente, per una piena ripresa occorrerà più tempo – conclude Gautry -. Dati i piani di stimolo in essere, un rimbalzo rapido dopo una crisi grave come quella attuale appare relativamente automatico, ma la vera sfida consisterà nel colmare il gap in termini di perdita di ricchezza. In base alle simulazioni, nella migliore delle ipotesi occorrerà un anno perché il Pil nominale torni ai livelli precrisi”.