Fed pronta ad alzare i tassi
Il numero uno della banca centrale Usa, Yellen, ha fatto capire che i rialzi quest’anno potrebbero essere più di due. Un evento sottostimato dal mercato e che potrebbe favorire un rally di breve del dollaro
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La Federal Reserve non delude le aspettative. E come preannunciato dal numero uno della banca centrale americana, Janet Yellen, alza i tassi di interesse di 0,25 punti, portandoli nella nuova forchetta di prezzo 0,75%-1%. È la prima stretta monetaria del 2017 (la terza dal 2006); la prima delle tre attese dal mercato.
Le parole della Fed
“Le informazioni ricevute dall’ultima riunione di febbraio indicano che il mercato del lavoro ha continuato a rafforzarsi e l’attività economica a espandersi a una velocità moderata”, ha comunicato la Fed al termine del meeting del Fomc (si è tenuto il 15 marzo), aggiungendo che “l’inflazione è aumentata negli ultimi trimestri, muovendosi verso l’obiettivo del 2 per cento. Ci attendiamo che, con graduali aggiustamenti nella politica monetaria, l’attività economica continuerà a espandersi a una velocità moderata, le condizioni del mercato del lavoro continueranno a rafforzarsi ulteriormente e l’inflazione si stabilizzerà al 2% nel medio termine. I rischi nel breve termine sembrano bilanciati. Continuiamo a monitorare da vicino l’inflazione e gli sviluppi economici e finanziari globali – ha sottolineato – Alla luce delle condizioni del mercato del lavoro e dell’inflazione, abbiamo deciso di alzare i tassi fra lo 0,75% e l’1%”. Una decisione, tuttavia, che non è stata unanime, con il presidente della Fed di Minneapolis, Neel Kashkari, che ha votato contro la stretta monetaria. “Nel determinare la tempistica e l’ammontare dei futuri aggiustamenti, valuteremo le condizioni economiche relative ai nostri obiettivi della massima occupazione e di un’inflazione al 2% – ha puntualizzato la Fed, precisando di attendersi che le condizioni dell’economia evolveranno in modo da garantire aumenti graduali dei tassi.
L’effetto su dollaro e bond
Contrariamente a quanto ci si potesse attendere, sulle parole post meeting di Yellen il dollaro ha cominciato a perdere terreno contro euro, favorendo al tempo stesso un rialzo dell’oro. Gli investitori hanno cominciato a smontare le loro posizioni di lungo periodo sul biglietto verde, spingendo il cambio euro/dollaro verso quota 1,076. Una risalita sostenuta anche dalla sconfitta elettorale in Olanda del populista Geert Wilders. “Il mercato ha calcolato male il percorso di futuro rialzi dei tassi che seguiranno quello appena visto e, non appena Yellen ha rispolverato i suoi toni da colomba, gli investitori hanno immediatamente realizzato che tre rialzi per l’anno in corso non sono altro che una chimera – fa notare Arnaud Masset, analista di Swissquote – Infatti, nonostante la ripresa in atto della economia americana, cominciano a intravedersi nuvoloni all’orizzonte. Una delle cose più sconcertanti è la tendenza ancora negativa nella crescita reale dei salari, in contrazione a febbraio di mezzo punto percentuale rispetto ad un anno fa. Si tratta di un punto fondamentale in quanto l’economia americana si basa per il 70% sui consumi interni”. Meno soldi nelle tasche dei consumatori equivale a una minore pressione sui prezzi, che si traduce in una discesa dell’inflazione e, di conseguenza, in un monito per la Fed, “che sarà chiamata a un rialzo dei tassi graduale o addirittura a fermarsi nel processo di normalizzazione della politica monetaria – aggiunge ancora Masset – Il dollaro si trova con una pistola puntata contro avendo davanti a sé un periodo assai complicato con gli investitori che stanno spostandosi progressivamente verso acquisti che incorporano un rischio maggiore e su asset che garantiscono un rendimento più elevato”. Come il dollaro, anche i rendimenti dei titoli governativi hanno accusato l’effetto Fed, perdendo 9 punti sia sulle scadenze a due anni sia sul decennale. Anche in questo caso c’è stato un riposizionamento degli investitori che, in un’ottica più da “colomba” della Banca centrale americana, sono stati costretti a coprire le loro posizioni short, deprimendo, quindi, il rendimento.