Brexit, molto rumore per nulla
A oggi, i rapporti futuri tra Regno Unito e Unione europea non sono ancora chiari, come non sono chiare le prospettive economiche per il Paese né il suo futuro politico
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Piazza Affari e le altre Borse hanno archiviato una settimana abbastanza piatta, con i mercati europei che comunque si sono mossi leggermente meglio. Una tendenza, quella della sovraperformance delle Borse del Vecchio Continente, che ormai è in atto da almeno un anno.
Eppure la settimana poteva aprirsi sotto i peggiori auspici, soprattutto considerando le continue tensioni geopolitiche nella Corea del Nord. “In un periodo di mercato normale ci sarebbe stata tanta volatilità – spiega Enrico Vaccari, fund manager di Consultinvest – Ma oggi tutto questo non sta avvenendo. A testimonianza di come da parte dei mercati ci sia un vero e proprio ritorno ai fondamentali. Non solo si ignorano le tensioni geopolitiche, ma ci si scorda anche delle banche centrali”.
Inoltre, il discorso di Theresa May, giunto a fine settimana, è stato di supporto all’Europa. Le parole del premier britannico non lasciano dubbi. Non ci sarà nessuna hard Brexit. Anzi, “nei prossimi anni il Regno Unito potrebbe addirittura riaprire le porte all’Europa – fa notare Vaccari – Un’ipotesi che non è così lontana. La May ha addirittura detto che il successo dell’Unione europea è per loro una condizione necessaria. Parole in netto contrasto con il voto del Referendum. È un chiaro passo indietro”.
E con i mercati che ricominciano a guardare ai fondamentali stanno venendo fuori tutti i temi caldi. Come quello del settore automobilistico, con la Hyundai che sembrerebbe interessata a Fca, o ancora quello delle banche, con il grande risiko alle porte. “C’è la consapevolezza che l’Europa da cenerentola si stia trasformando in una regina – aggiunge ancora l’esperto di Consultinvest – Ed è per questo che in una settimana neutra come quella appena trascorsa il Vecchio Continente ha fatto meglio degli altri mercati”. Tanti guardano alla forza dell’euro come a un possibile limite per la crescita europea, “ma un livello di 1,20 contro dollaro è ampiamente sostenibile per le aziende”.
In questo cotesto anche l’Italia potrebbe uscirne bene. Da un punto di vista del risiko bancario, per esempio, il Belpaese si collocherebbe più come preda che predatore, “favorendo un rialzo dei titoli e quindi di tutto il listino – conclude Vaccari – E poi c’è sempre l’onda dei Pir, che continuerà ad avere effetti benefici per il mercato tricolore”.