Etf sempre più evoluti. C’è spazio anche nelle reti
13 novembre 2018
di Eugenio Montesano
2 min
Articolo pubblicato su FR MAGAZINE | Ott – Nov 2018 |
Scolari (Ascofind): “Il bilanciamento tra penetrazione dei fondi attivi e passivi a favore di questi ultimi non può che passare da un riordino ormai inevitabile delle politiche commerciali e retributive”
David Abner, responsabile per l’Europa di WisdomTree
L’industria italiana della consulenza è a un punto di svolta, tra l’ingresso di colossi degli etf come Vanguard e nuove dinamiche di mercato che informano la scelta tra gestioni attive e strumenti passivi. Rispetto ai quali i numeri parlano di un mercato in crescita: i flussi verso il mercato globale degli etf da inizio anno sono infatti pari a 263 miliardi di euro, e dal 2004 a oggi il mercato dei tracker di indici sta crescendo a un ritmo medio del 30% l’anno (dati Borsa Italiana). Eppure le differenze tra il mercato USA e quello europeo rimangono importanti: negli Stati Uniti, le strategie azionarie passive rappresentano il 45% del patrimonio totale (dati Morningstar a fine 2017); in Europa circa un terzo. Arriveremo mai a simili livelli di penetrazione anche nel nostro paese? Secondo gli operatori non è una prospettiva da escludere.
Massimo Scolari, presidente di Ascofind
“La crescita non è ancora così sviluppata, ma gli smart beta sono la strada migliore verso la generazione sistematica di alfa” afferma David Abner, responsabile per l’Europa di WisdomTree, uno dei principali player del settore in America che il mese scorso ha rafforzato il business italiano finalizzando la fusione per acquisizione con Etf Securities. Secondo Abner, le due strategie di gestione “possono assolutamente coesistere” nei portafogli dei risparmiatori. “Con la crescita della tecnologia e della capacità di analizzare enormi quantità di dati per le decisioni di investimento vi è uno sconfinamento sempre più evidente tra passivi e attivi, la cui dicotomia è un mito del tutto superato”, spiega prendendo ad esempio gli etf azionari core dividend ponderati per i dividendi. “Molti li considerano fondi attivi in quanto, anche se gestiti tramite un indice proprietario, investono seguendo criteri diversi dalla mera ponderazione basata sulla capitalizzazione delle società. È un esempio della filosofia di gestione che abbiamo battezzato ‘Modern Alpha’”, indica Abner.
Maurizio Bufi, presidente di Anasf
“La contrapposizione si può dire ampiamente superata” afferma Massimo Scolari, presidente di Ascofind. La diffusione dei prodotti del risparmio gestito in Italia “ha conosciuto fasi alterne”, argomenta Scolari: “Le reti di consulenti sono state le vere protagoniste nella diffusione dei fondi prima e dell’architettura aperta in seguito. È evidente che anche il bilanciamento tra penetrazione dei fondi attivi e passivi a favore di questi ultimi non può che passare da un riordino – ormai inevitabile – delle politiche commerciali e retributive delle reti”. E che ci sia spazio per entrambi i prodotti è fuori discussione anche secondo Maurizio Bufi, presidente di Anasf. “Le due realtà possono e debbono convivere, perché sono complementari e rispondono anche a diversi target di clientela”, spiega. “Gli etf possono essere visti in un’ottica di complementarietà in quanto possono contribuire alla diversificazione di portafoglio e di allineamento al mercato e, in tal senso, possono trovare un certo spazio nei portafogli dei clienti dei consulenti finanziari”. E se nel mercato vi sono società “che stanno già adottando l’approccio misto su alcune tipologie di prodotti e servizi”, osserva Bufi, “si tratta comunque di un fenomeno in divenire. Se ci sarà una cannibalizzazione delle gestioni passive su quelle attive è presto per dirlo. Credo di più in un riequilibrio tra le due componenti”.
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